newsletter finesettimana #36
Buon sabato,
questa settimana parliamo di come il cervello percepisce lo stato dei nostri organi interni,
dell'intelligenza artificiale di sciame per automatizzare le diagnosi, del ruolo degli zoo
nel costruire consapevolezza sulle questioni ambientali, dell'approvazione del primo trattamento
contro Alzheimer negli Stati Uniti e di un approccio preventivo al trattamento della pedofilia.
L'approfondimento di questa settimana riguarda l'impatto che l'aumento delle temperature
medie causato dal cambiamento climatico ha avuto negli ultimi trent'anni.
In uno studio pubblicato su Nature Climate Change gli scienziati hanno stimato
che circa il 40% delle morti causate dal caldo durante l'estate sono attribuibili alle attività umane.
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SEI PEZZI BELLI |
1 Interocezione: come percepiamo lo stato interno del nostro corpo
Il neurochirurgo Wilder Penfield negli anni '30 del Novecento studiò come
le funzioni motorie associate a diverse parti del corpo, come braccia e gambe, erano mappate nel cervello.
Il risultato fu l'ormai famoso omuncolo, una rappresentazione della superficie del nostro
corpo disegnata sulla superficie rugosa del cervello. Ma quando Penfield provò a studiare
la percezione degli organi interni, il quadro che emerse era molto meno chiaro.
Dopo quasi un secolo, gli scienziati cominciano a illuminare questo intricato problema,
anche grazie a nuove tecniche sperimentali. Le loro scoperte potrebbero mettere in discussione
la distinzione che viene tradizionalmente fatta tra disturbi fisici e mentali
[Science]
2 Diagnosi automatizzate: l'intelligenza artificiale di sciame può risolvere i problemi legati alla privacy
Gli algoritmi di machine learning utilizzati per automatizzare la diagnosi
di una patologia hanno bisogno di campioni di dati estremamente grandi.
Spesso si tratta di dati sensibili, archiviati nei sistemi di più ospedali o
centri di cura. Normalmente i dati vengono raccolti in unico server
per essere analizzati centralmente ma questo li rendere estremamente vulnerabili
agli attacchi esterni. Un gruppo di ricercatori del German Center for Neurodegenerative Diseases
ha mostrato, in uno studio pubblicato sulla rivista Nature, che
un particolare tipo di machine learning, chiamato "di sciame", è in grado
di analizzare i dati in maniera decentrata e quindi più sicura
[Die Spiegel]
3 Gli zoo sono davvero così impegnati nella conservazione delle specie a rischio?
Alla fine del Novecento,
gli zoo hanno iniziato a proporsi attivamente come promotori
della conservazione animale. Gli animali dello zoo, secondo questa nuova narrativa,
sarebbero popolazioni di riserva per gli animali selvatici minacciati,
nonché "ambasciatori" per le loro specie, insegnando agli umani
a prendersi cura della fauna selvatica.
Ma come, esattamente, gli zoo contribuiscono alla conservazione degli animali selvatici?
Nel 2018, un'analisi degli articoli scientifici prodotti tra il 1993 e il 2013 dai membri
di una delle associazioni più grandi al mondo (e che richiede agli iscritti
di avere un ruolo attivo nella conservazione) tra il 1993 e il 2013 ha mostrato che solo il 7%
ogni anno
riguarda la "conservazione della biodiversità".
La reintroduzione in natura, poi, è il destino di pochissimi animali
tenuti negli zoo, che più di frequente muoiono di vecchiaia o vengono sottoposti a eutanasia.
Diverse ricerche condotte sui visitatori degli zoo, hanno rivelato che il loro obiettivo non è conoscere la crisi della biodiversità,
ma piuttosto divertirsi. Esattamente le stesse ragioni
che motivavano i visitatori dell'Ottocento.
Un estratto dal libro di prossima uscita “Wild Souls:
Freedom and Flourishing in the Non-Human World.” di Emma Marris
[The New York Times]
4 L'approvazione negli Stati Uniti della prima cura per l'Alzheimer genera molti dubbi
Lunedì la Food and Drug Administration, l'agenzia dei farmaci statunitense, ha
concesso autorizzazione condizionale al farmaco contro la malattia di Alzheimer
Aduhelm (aducanumab). Si tratta del primo trattamento diretto a un meccanismo
che viene ritenuto una delle cause della malattia, ovvero l'accumulazione di una
proteina tossica che distruggerebbe i neuroni provocando la demenza.
La decisione dell'agenzia arriva nonostante il parere contrario di un comitato
di esperti indipendenti convocato lo scorso anno. A essere in dubbio è l'efficacia
del farmaco a livello cognitivo. L'FDA ha concesso autorizzazione condizionale per
capire, dall'uso su larga scala nella popolazione malata (circa 6 milioni negli Stati Uniti),
se l'eliminazione di questa proteina tossica si traduca in un beneficio a livello cognitivo.
Si tratta di un approccio regolatorio molto inusuale che l'agenzia non seguiva da decenni.
Ora bisognerà capire se i medici prescriveranno il farmaco, che se avesse
ampia distribuzione farebbe guadagnare miliari di dollari alla società Biogen che lo commercializza
[STAT News]
5 Trattare la pedofilia preventivamente (ma senza riportare gli abusi già commessi)
È questo l'approccio del Prevention Project Dunkenfeld, avviato nel 2005 dal sessuologo tedesco
Klaus Beier in Germania. In questi 15 anni migliaia di persone, quasi tutti uomini, si sono rivolti
al programma, i cui esiti sono difficili da valutare per ora. Alcuni di loro hanno confessato di aver già commesso abusi su bambini, ma
non sono stati denunciati. Questo è possibile perché in Germania non esiste una legge che obbliga
i meidici a riportare incidenti del genere di cui siano venuti a conoscenza durante
la propria attività professionale. Ma questo modello è esportabile fuori dal paese?
[Undark]
6 Aggiornamenti COVID-19
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"Durante una pandemia, la salute di nessuno è completamente nelle sue mani.
Nessun campo di ricerca dovrebbe saperlo più della sanità pubblica. [...]
Forse è per questo che così tanti esperti di salute pubblica sono stati colti di sorpresa
quando, il 13 maggio, i Centers for Disease Control and Prevention hanno annunciato
che gli americani completamente vaccinati non avevano più bisogno di indossare la mascherina
nella maggior parte dei luoghi chiusi". Il giornalista Ed Yong, vincitore di uno dei due premi Pulitzer
assegnati quest'anno nella categoria "explanatory reporting", riflette sulle origini e le
conseguenze dell'approccio individualistico degli Stati Uniti alla gestione della pandemia
[The Atlantic]
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Solo dieci paesi africani, tutti piccoli, saranno probabilmente in grado
di raggiungere l'obiettivo fissato dall'OMS sulle vaccinazioni (10% della popolazione vaccinata entro settembre 2021)
[The New York Times]
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Oltre il 90% dei nuovi casi registrati nel Regno Unito sono dovuti alla variante Delta,
emersa in India, che è ritenuta la principale responsabile dell'aumento dei casi nel paese che
ha messo in dubbio le riaperture previste per il 21 giugno prossimo
[The Guardian]
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Avremo bisogno di una terza dose di vaccino? Se sì, quando e perché?
[The New York Times]
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Le quattro domande più urgenti sulla sindrome post Covid
[Nature]
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Fare il richiamo con il vaccino Pfizer/BioNTech dopo aver ricevuto il vaccino la prima dose
del vaccino AstraZeneca potrebbe conferire una protezione paragonabile a quella di chi ha
ricevuto Pfizer/BioNTech in entrambe le somministrazioni
[Science]
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CALDO: PIÙ DI UN TERZO DEI DECESSI SONO CAUSATI DALLE ATTIVITÀ UMANE |
Quasi diecimila morti avvenute durante le stagioni calde tra il 1991 e il 2018 in circa 700 località distribuite in 43 paesi del mondo sarebbero attribuibili all’aumento delle temperature medie causato dall’attività umana, circa lo 0,6% del 1 670 000 decessi registrati in totale e quasi il 40% dei circa 26 000 associati al caldo.
C’è tuttavia una grande variabilità geografica, con le zone settentrionali di solito meno colpite da questo fenomeno rispetto a quelle meridionali. Nelle zone settentrionali di America, Europa e Asia, le morti attribuibili all’aumento delle temperature di origine antropica sono inferiori all’1% del totale registrato nelle stagioni calde, nelle regioni meridionali di Europa e Asia e in alcuni paesi del sudest asiatico e dell’Asia occidentale questa percentuale è ben al di sopra dell’1%, raggiungendo picchi del 2,7% in Paraguay e del 2,3% in Italia. È importante osservare che queste stime sono caratterizzate da un ampio margine di incertezza (l’intervallo di confidenza al 95% associato ai diecimila morti attribuibili al riscaldamento di origine antropica è 4 000 - 20 000).
Sono questi alcuni dei risultati di uno studio pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Nature Climate Change che rende conto di una sofisticata analisi statistica sui database giornalieri di mortalità e temperatura raccolti dal Multi-Country Multi-City (MCC) Collaborative Research Network, il più grande consorzio sul rapporto tra clima e salute. Si tratta del primo studio nel suo genere. Finora, infatti, gli scienziati si erano concentrati soprattutto sull’impatto potenziale che l’aumento delle temperature causato dal cambiamento climatico avrebbe avuto nel futuro in termini di mortalità, considerando diversi scenari. Molti studi avevano poi riguardato le morti causate dagli eventi di calore estremo, le cosiddette ondate di calore, periodi brevi in cui le temperature salgono in maniera anomala rispetto alla media stagionale. Continua a leggere su Scienza in rete
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