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5 febbraio 2021
a cura di Chiara Sabelli
Buon venerdì,
questa settimana parliamo dello Stato francese condannato per non aver agito contro il cambiamento climatico, delle discriminazioni ai danni dei ricercatori disabili, delle distorsioni nei sistemi di machine learning che analizzano le immagini, dei vent'anni dal primo sequenziamento del genoma umano, dei fattori che determinano l'aspettativa di vita negli Stati Uniti e diamo gli ultimi aggiornamenti su COVID-19. L'approfondimento di oggi riguarda l'impatto del ciclo mestruale sull'umore, i comportamenti e alcuni parametri vitali. I dati a disposizione finora erano insufficienti, ma da una collaborazione tra un gruppo di data scientist stanutitensi e la società BioWink GmbH che ha sviluppato l'app Clue per il tracciamento della salute femminile, è stato possibile studiare il fenomeno in maniera esaustiva e soprattutto, cominciare a normalizzarlo e destigmatizzarlo. Buona lettura (per segnalare questa newsletter agli amici ecco il link per l'iscrizione)

SEI PEZZI BELLI
1 Lo Stato francese condannato per non aver preso provvedimenti incisivi contro il cambiamento climatico
Mercoledì il tribunale amministrativo di Parigi ha emesso la sentenza nella causa intentata da un gruppo di organizzazioni non governative ambientaliste verso lo Stato francese. Secondo l'avvocato di una delle ONG la sentenza è rivoluzionaria. Afferma infatti che l'inazione è un atto illegale perché causa un danno ecologico. La Francia sembra in effetti non essere sulla strada giusta per rispettare l'obiettivo dichiarato di voler raggiungere il livello zero di emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Tra il 2018 e il 2019, la diminuzione nelle emissioni è stata dello 0,9%, mentre il ritmo a partire dal 2025 dovrebbe essere tra l'1,5% e il 3,2% [Le Monde]

2 I ricercatori disabili sono discriminati
Uno studio pubblicato su PLOS One ha messo in luce che nel 2018 tra i progetti candidati a ricevere un finanziamento da parte degli NIH statunitensi, solo l'1,2% dei coordinatori era disabile, una percentuale addirittura più bassa di quella registrata nel 2008 (l'1,8%). È importante osservare che gli scienziati che valutano i progetti non conoscono le condizioni di disabilità dei coordinatori. Si realizza così la cosiddetta discriminazione indiretta: trattando tutti in modo uguale non vengono offerte a tutti le stesse possibilità. In Australia qualcosa sta cambiando, dopo che Justin Yerbury, biologo esperto di motor neuron disease, patologia di cui è anche affetto, ha fatto ricorso presso l'agenzia nazionale che finanzia la ricerca medica (NHMRC) perché la sua disabilità venisse considerata nel valutare il numero di progetti per cui era riuscito a ottenere un finanziamento. Questo elemento aveva determinato l'esclusione della sua proposta di progetto. La direttrice dell'NHMRC ha deciso che d'ora in poi i revisori avranno accesso alle informazioni riguardanti le disabilità dei proponenti [Nature Index]

3 Un sistema di machine learning che completa automaticamente le immagini ha completato con un bikini una foto del volto di Alexandria Ocasio-Cortez
Recentemente si è discusso del fatto che gli algoritmi di generazione del linguaggio, come il celebre GPT-3 sviluppato dalla società OpenAI di San Francisco, che vengono allenati sui testi presenti in rete, incorporano le idee razziste e sessiste che sono presenti sul web. Un gruppo di ricercatori statunitensi ha mostrato che lo stesso vale per i sistemi di completamento delle immagini. Quando uno di questi algoritmi riceve in input la foto di un uomo ritagliata dal collo in giù nel 43% dei casi la completerà con un abito con giacca e cravatta. Lo stesso algoritmo, ricevendo in pasto la foto ritagliata di una donna, il 53% delle volte la completerà con un top o un bikini scollato. È quello che è successo con il volto della deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez. Questo bias può avere conseguenze per tutte le applicazioni di visione artificiale, inclusi gli algoritmi per la selezione del personale basati sui video, quelli usati per il riconoscimento facciale e la sorveglianza. [MIT Technology Review]

4 Venti anni fa veniva sequenziato per la prima volta il genoma umano
La rivista Science celebra questo anniversario chiedendo a un gruppo di esperti di fare il punto sull'eredità di quel risultato. Oggi milioni di persone hanno accesso alle proprie informazioni genetiche personali tramite i servizi diretti al consumatore. Queste informazioni si sono sommate alla grande quantità di dati personali generati giornalmente dall'interazione con i dispositivi tecnologici diventando un prodotto commerciale. Come siamo arrivati fin qui e in che direzione dovremmo (o non dovremmo) andare in futuro? [Science]

5 Le politiche conservatrici potrebbero essere alla base della minore aspettativa di vita negli Stati Uniti
Nel 2013 un rapporto delle National Academies of Sciences Engineering and Medicine denunciava che la popolazione degli Stati Uniti aveva la minore aspettativa di vita tra tutti i paesi ricchi. Non solo: aveva il più alto tasso di omicidi, morti correlate all'uso di droghe, malattie cardiovascolari e diabete, i suoi giovani erano quelli più a rischio di morire in un incidente stradale. Sei anni più tardi, nel 2019, la situazione è addirittura peggiorata: gli Stati Uniti sono al 36esimo posto nella classifica stilata dall'OCSE, dopo Costa Rica e Slovenia. Fattori come l'obesità, la difficoltà di accesso alle cure mediche, le disuguaglianze di salute tra bianchi e neri, concorrono tutti a generare il quadro fotografato da questi rapporti. ma finora non era chiaro quale fosse la causa o la combinazione di cause predominante. Un gruppo di sociologi guidati da Jennifer Karas Montez, della Syracuse University, ha analizzato i dati separatamente per ciascun stato e ha osservato la seguente associazione statistica: stati con politiche liberali hanno maggiore aspettativa di vita, mentre quelli con politiche più conservatrici hanno minore aspettativa di vita [Undark]

6 Aggiornamenti COVID-19
   ×  A Corzano, un comune della provincia di Brescia di 1400 abitanti, ci sono stati 140 contagi nell'ultima settimana. Molti provengono dalla scuola materna ed elementare. Finora tutti i campioni sequenziati corrispondono alla variante B.1.1.7 [Corriere della Sera]
   ×  L'agenzia europea del farmaco ha approvato il vaccino AstraZeneca senza limiti di età [British Medical Journal]
   ×  In diversi Paesi il vaccino è stata consigliato solo per le persone con meno di 65 anni [BBC]
   ×  La Svizzera invece non lo ha approvato, chiedendo un supplemento di analisi [RSI]
   ×  In un preprint pubblicato sull'archivio SSRN, un gruppo di ricercatori di Oxford mostra che il vaccino AstraZeneca potrebbe rallentare anche la capacità di trasmissione dell'infezione e non solo l'insorgenza di infezioni sintomatiche. Inoltre indicherebbe che un maggiore tempo di attesa tra prima dose e richiamo ne aumenterebbe l'efficacia [The Guardian]
   ×  Test in vitro mostrerebbero una riduzione dell'efficacia del vaccino Pfizer/BioNTech contro la variante B117 che ha acquisito anche la mutazione E484K, tipica della variante B.1.51 [University of Cambridge]
   ×  Le persone che hanno già avuto l'infezione potrebbero necessitare solo della prima dose di vaccino a mRNA [British Medical Journal]
   ×  Nel Regno Unito è stato avviato uno studio clinico che studierà l'efficacia di un protocollo che prevede la somministrazione combinata dei vaccini Pfizer/BioNTech e AstraZeneca [Reuters]
   ×  Pubblicati su The Lancet i risultati di efficacia del vaccino Sputnik V prodotto dalla società russa Gamaleya [The Lancet]
   ×  L'Aifa ha dato il via libera agli anticorpi monoclonali in Italia [La Repubblica]
   ×  Il punto sulla ricerca di farmaci per la cura della COVID-19 e sui motivi che la hanno rallentata finora [The New York Times]
   ×  Si consolidano le prove scientifiche che mostrano che le donne incinte trasmettono gli anticorpi contro COVID-19 al feto attraverso la placenta [The New York Times]

GLI EFFETTI DEL CICLO MESTRUALE SVELATI DAI BIG DATA
Se Homo sapiens ha trovato mille espedienti per proteggersi dal freddo, dalla fame, dalla malattia o dagli incerti della natura, se ha saputo esplorare e colonizzare tutte le terre, viaggiare nell’universo e inventare armi sofisticate per uccidere i suoi simili, è inevitabile constatare che le mestruazioni pertengono ancora all’irrazionale. Nonostante la sua banalità, il ciclo resta un fenomeno misterioso, circondato da leggende, superstizioni, reticenze e stereotipi la cui persistenza non può che stupire. Che provengano dalla mitologia, dalla religione o dalla medicina, continuano a permeare le mentalità tanto da ripercuotersi sulla salute e sul benessere delle donne in tutto il mondo.

Con queste parole la giornalista e scrittrice marsigliese Élise Thiébaut racconta nel libro “Questo è il mio sangue”, pubblicato da Einaudi nel 2018, l’ignoranza che esiste sul ciclo mestruale e come questa lasci spazio alle credenze, alla strumentalizzazione e allo stigma. Thiébaut sarebbe probabilmente molto contenta di sapere che questa settimana la prestigiosa rivista scientifica Nature Human Behaviour ha pubblicato un articolo che studia l’impatto del ciclo mestruale sull’umore, i comportamenti e alcuni parametri vitali, partendo da un grande database messo a disposizione dalla società BioWink GmbH che commercializza l’applicazione Clue per il tracciamento del ciclo mestruale. Colpisce infatti che un tema del genere finisca sulle pagine di una rivista non specializzata in salute femminile, ginecologia o psicologia. E, sinceramente, colpisce in senso positivo.

Il gruppo di ricercatori che firma lo studio è composto principalmente da data scientist, coordinati da Jure Leskovec di Stanford University che dirige inoltre la ricerca scientifica nell’azienda tecnologica Pinterest. A proporre a Leskovec e colleghi di approfondire questi temi è stata Emma Pierson, oggi ricercatrice a Microsoft, che li ha affrontati all’interno della sua tesi di dottorato intitolata “Data Science for Social Equality”. Il gruppo ha al suo attivo un numero di pubblicazioni molto interessanti sul ruolo che i dati e la loro elaborazione possono avere nel raggiungimento di una maggiore equità sociale. A maggio scorso ha pubblicato un lavoro in cui mostra la discriminazione razziale nelle pratiche della polizia statunitense e poche settimane fa un’altra analisi che suggerisce che strumenti di apprendimento automatico potrebbero curare alcuni bias diagnostici dei medici nei confronti di pazienti appartenenti alle minoranze. A novembre si è anche occupato di rischio di contagio, analizzando i dati di mobilità raccolti con i cellulari per individuare i luoghi delle grandi aree metropolitane statunitensi in cui è più probabile infettarsi (bar, ristoranti e palestre).

Il primo messaggio importante del nuovo lavoro di Pierson e coautori è dunque l’argomento. Come spiega la stessa Pierson in questo articolo di commento, non era affatto scontato che la sua proposta di collaborare con una delle più diffuse app di tracciamento del ciclo mestruale per studiarne gli impatti venisse accettata in un campo che è prevalentemente maschile. La comunità di riferimento difficilmente legge di mestruazioni e dei disturbi correlati, semplicemente perché questi argomenti restano confinati su riviste più specialistiche. L’impatto culturale del lavoro è dunque importante.

Il secondo messaggio riguarda più nello specifico i risultati dell’analisi condotta sui dati. Avendo a disposizione un database di 3,3 milioni di donne per un totale di 241 milioni di osservazioni, una dimensione che difficilmente si raggiunge negli studi clinici, i ricercatori hanno potuto confrontare l’importanza che il ciclo mestruale ha nel determinare l’umore, i comportamenti e tre parametri vitali (frequenza cardiaca a riposo, temperatura basale, peso corporeo) con quella di altri tipi di ciclo (quotidiano, settimanale e stagionale). La loro conclusione è che il ciclo mestruale ha l’importanza maggiore, in particolare per gli stati felice/triste, i comportamenti sessuali e i tre parametri vitali misurati.

Questo confronto è stato possibile perché i dati messi a disposizione da Clue permettono di osservare l’effetto del ciclo mestruale e non mediarlo via, come accade quando si osservano aggregati di donne che hanno cicli non sincroni. Inoltre hanno consentito di osservare il fenomeno in molti paesi diversi, 109 per l’esattezza, e constatare che l’impatto del ciclo è importante ovunque e dunque non è frutto di costruzioni culturali, come alcuni hanno sostenuto in passato cercando di opporsi all’inserimento della sindrome premestruale nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders della American Psychiatric Association.

Ma come funziona la app Clue? Le donne possono registrare le loro osservazioni solo prospetticamente, non possono cioè correggere o inserire valutazioni che riguardano il passato. Questo è un fatto importante, come ricordano gli stessi autori, perché è dimostrato che gli studi che chiedono alle donne di ricordare come si sentivano nei vari momenti del ciclo sono affetti dal cosiddetto recall bias. Come si vede nell’immagine sottostante, le valutazioni sull’umore sono binarie (concentrata/distratta, calma/stressata, felice/triste), mentre quelle che riguardano i parametri vitali sono continue e registrate digitando dei valori numerici.

Partendo dalle osservazioni registrate, i ricercatori hanno costruito un modello di regressione lineare e stimato per ciascuno dei cicli (giornaliero, settimanale, mestruale, stagionale) il peso sulle valutazioni di umore, comportamento e parametri vitali. Come ripetono in più punti dell’articolo, intendono misurare il peso relativo che questi cicli hanno in media in ciascuna donna e per farlo sottraggono i valori medi individuali. Adottando questa tecnica, ottengono i risultati rappresentati nella figura sottostante relativamente, ad esempio, alla dimensione felice/triste.

Si vede che l’ampiezza dell’oscillazione osservata durante il ciclo mestruale è maggiore rispetto a quella osservata durante gli altri tipo di ciclo, con il ciclo stagionale che mostra la minore oscillazione tra tutti. I risultati relativi alle altre dimensioni dell’umore, ai comportamenti e ai parametri vitali, sono sintetizzati negli istogrammi qui sotto.

L’impatto del ciclo mestruale rispetto agli altri cicli è particolarmente evidente sugli stati felice/triste, felice/sensibile, motivata/demotivata, sul comportamento sessuale e sui tre parametri vitali. Il ciclo settimanale appare invece il più importante per la produttività, lo stress e il sonno (nel weekend ci si sente meno produttivi, si fa meno esercizio fisico e si dorme di più). Il ciclo stagionale ha un impatto significativo sulla produttività e sulla dimensione calma/stress, probabilmente perché il database contiene una maggioranza di donne in età scolastica.

I ricercatori hanno poi confrontato l’impatto del ciclo mestruale in diverse fasce di età. Ad esempio, nella dimensione felice/triste si osserva un picco negativo nei giorni subito precedenti alle mestruazioni e un picco positivo intorno all’ovulazione sia nel gruppo di donne tra i 15 e i 20 anni che in quello tra i 30 e i 35 anni, ma sono più accentuati in questo secondo gruppo.

«Il lavoro di Leskovec e collaboratori è apprezzabile, perché quantifica l’importanza del ciclo mestruale rispetto agli altri cicli, un risultato che finora non era stato ottenuto con così tanta chiarezza», commenta Jeffrey Kiesner, professore associato al dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova, dove studia il ciclo mestruale e i suoi effetti sull’umore e sui comportamenti affettivi. Tuttavia, Kiesner individua un limite del lavoro: «gli autori tracciano delle curve che rappresentano l’effetto medio del ciclo mestruale sull’intero campione di donne. In realtà esiste un’estrema variabilità nel modo in cui il ciclo mestruale modifica umore e comportamenti». Kiesner si riferisce a questo lavoro, pubblicato sulla rivista Psychoneuroendocrinology nel 2011, in cui ha mostrato che alcune donne vivono effettivamente le oscillazioni descritte nell’articolo di Leskovec e collaboratori, un picco negativo prima delle mestruazioni e uno positivo intorno all’ovulazione, ma altre vivono esattamente l’opposto. Altre ancora hanno oscillazioni molto meno intense. Per osservare questi diversi pattern si usa una tecnica statistica chiamata mixed model, che ammette diversi parametri per ciascuna donna e che individua a posteriori popolazioni di donne che si comportano in maniera simile e le raggruppa per ottenere stime più accurate. Gli autori del lavoro dichiarano di aver eseguito questi controlli, ma non ne riportano i risultati. «La donna media rispetto al ciclo mestruale non esiste, così come non esiste la persona media», aggiunge Kiesner e conclude «questo limite non impedisce però al lavoro di assolvere a un importante compito culturale, quello di portare all’attenzione generale i problemi connessi al ciclo mestruale, con la conseguenza di normalizzare l’argomento e al tempo stesso generare la consapevolezza indispensabile perché siano trattati in maniera efficace».

È importante sottolineare, come ricordano più volte gli autori della ricerca pubblicata su Nature Human Behaviour, che i loro risultati non dimostrano che le donne sono più umorali o volatili degli uomini, semplicemente perché nel loro campione non ci sono uomini o comunque persone che non hanno le mestruazioni e dunque non viene eseguito un confronto statistico tra un gruppo con le mestruazioni e uno senza.

Come abbiamo anticipato, un altro risultato notevole è che il pattern generale che i ricercatori osservano sull’intero campione è valido anche considerando i diversi paesi separatamente. Qui è doverosa una precisazione che riguarda il campione messo a disposizione dalla app Clue. Come gli stessi autori sottolineano, non si tratta di un campione rappresentativo, poiché contiene una maggioranza di donne che vivono negli Stati Uniti e in età scolastica. «È probabile inoltre», commenta Kiesner a questo proposito, «che nel campione siano maggiormente rappresentate donne che hanno più irregolarità o problemi connessi al ciclo mestruale».

L’ultimo aspetto che vale la pena sottolineare è quello relativo al ruolo delle app di tracciamento della salute. «Le donne utilizzano le app di tracciamento del ciclo mestruale in modi diversi. Per molte sono semplici calendari con cui tengono traccia dell’inizio delle mestruazioni. In alcuni casi, però, l’interazione con la app può generare nuova conoscenza o consapevolezza del proprio corpo e dei suoi meccanismi», commenta Letizia Zampino, dottoranda presso il dipartimento di scienze sociali ed economiche della Sapienza, Università di Roma, che studia il ruolo che le tecnologie di auto tracciamento hanno nel rapporto delle donne col proprio ciclo mestruale e quindi con il proprio corpo. Per la sua tesi di dottorato Zampino ha intervistato diverse donne che utilizzano queste app constatando che alcune di esse hanno scoperto in questo modo che il ciclo mestruale si divide in diverse fasi, di cui il sanguinamento è solo l’ultima, e che durante queste fasi il corpo vive cambiamenti ormonali e fisici. «Quello che ho constatato nella mia attività di ricerca sul campo è che queste applicazioni possono rappresentare un’occasione di crescita ma solo se le donne hanno una propensione ad approfondire l’argomento del ciclo mestruale e questa propensione può essere favorita anche ripensando i percorsi educativi fin dalle età più giovani. Le bambine e le ragazze devono sapere che si può parlare di mestruazioni, che non è un argomento tabù», commenta Zampino, e conclude «chiaramente non si devono dimenticare i rischi connessi alla condivisione dei dati personali raccolti da queste applicazioni che, ad esempio, possono essere venduti e sfruttati per scopi di marketing rendendo le donne vulnerabili in momenti molto delicati della loro vita, come ad esempio quelli della ricerca di una gravidanza o della gravidanza stessa».

 

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