Nella puntata “Dall'ossitocina alle gemelline cinesi” della rubrica Vero o Falso abbiamo parlato di come la tecnologia CRISPR che He Jiankui sostiene di aver impiegato per modificare il genoma di due neonate possa, attraverso le modifiche al gene CCR5, avere un effetto sui parametri sperimentali comunemente usati per studiare la cognizione e la memoria. Sulla base di questa considerazione, i precedenti articoli della puntata (“CRISPR e le gemelle cinesi: rigore, please” e “CRISPR, più ricerca e meno moratorie”) hanno analizzato gli aspetti etici e scientifici dell'esperimento di Jiankui e delle sue conseguenze nella comunità dei ricercatori. Ma il tema della manipolazione del comportamento è affiorato con forza anche a seguito degli studi condotti sull'ossitocina, che avevano portato a definirla l'ormone “dell'altruismo” o addirittura “dell'amore”. Proprio in seguito all’interesse riscontrato per i temi inerenti alla manipolazione del comportamento mediante interventi di vario tipo, e in particolare per quanto riguarda le possibilità offerte dalla chimica e dalla farmacologia, abbiamo chiesto a Giancarlo Panzica, esperto nella fisiologia ormonale dell’ossitocina, di scrivere un compendio della migliore conoscenza disponibile sul tema. Il risultato è la breve, accurata e completa review che vi presentiamo, in cui ci sembra di poter sottolineare soprattutto l’emergenza nella discussione di un secondo ormone, la vasopressina, di cui sin qui si è discusso solo marginalmente, nel regolare antagonisticamente il sistema dell’ossitocina. L’importanza di considerare gli effetti di singole molecole nell’intero sistema d'interazioni molecolari non può essere sottaciuta; e per questo, giustissimo ci pare l’inserimento nella discussione almeno del principale antagonista dell’ossitocina. Buona lettura.
L’ossitocina e la vasopressina sono i primi ormoni di origine neuronale che siano stati identificati. Essi sono infatti prodotti da neuroni ipotalamici del nucleo sopraottico e paraventricolare che inviano i loro assoni alla neuroipofisi dove i due ormoni vengono rilasciati nella circolazione sanguigna. L’ossitocina facilita il parto e stimola la secrezione del latte, mentre la vasopressina è anche conosciuta come ormone antidiuretico e regola l’omeostasi idrico-salina dell’organismo.
Questi due ormoni non sono in grado di passare la barriera emato-encefalica e quindi per lungo tempo si è pensato che non potessero essere in grado di influenzare direttamente il tessuto cerebrale. Tuttavia, si è scoperto che i recettori per l’ossitocina e per la vasopressina sono presenti in molti nuclei cerebrali, suggerendo che questi peptidi abbiano altre funzioni nel sistema nervoso centrale. In parallelo, studi morfologici hanno chiarito che esistono anche altri gruppi di neuroni e fibre a vasopressina e ossitocina che non proiettano alla neuroipofisi, ma innervano diverse regioni nel telencefalo, nel diencefalo, nel tronco cerebrale, fino ad arrivare al midollo spinale1. Sembrerebbe quindi che esistano due pool di questi peptidi, uno, circolante nel sangue, per svolgere funzioni ormonali, l’altro, confinato nel sistema nervoso centrale, che può svolgere funzioni di regolazione dei circuiti nevosi.
In diversi modelli animali si è potuto verificare che ossitocina e vasopressina sono importanti per regolare i circuiti nervosi che controllano alcuni comportamenti sociali e di coppia. Molti studi sono stati condotti sulle arvicole di prateria, roditori che formano coppie stabili, che hanno comportamenti aggressivi verso gli intrusi e nei quali la cura della prole è affidata a entrambi i genitori. Si è dimostrato che il blocco del sistema a ossitocina determina una minor preferenza verso il partner abituale nella femmina, mentre il blocco del sistema a vasopressina opera allo stesso modo nel maschio. Questi effetti sono determinati dall’azione dei due peptidi su nuclei telencefalici diversi, ma appartenenti al cosiddetto circuito della ricompensa.
Un altro aspetto molto interessante è che la distribuzione del recettore della vasopressina nel circuito della ricompensa è diversa nei maschi di due specie di arvicole (di prateria e di montagna) che, pur essendo molto simili, hanno comportamenti di coppia opposti: le arvicole di montagna sono poligame, quelle di prateria monogame2. Se si fa esprimere il recettore della vasopressina delle arvicole di prateria nei maschi delle arvicole di montagna questi diventano monogami. In sostanza, una piccola mutazione nella struttura del recettore determina sia la sua diversa espressione sia un cambiamento radicale nel comportamento di coppia3.
Altri studi hanno dimostrato che l'ossitocina e la vasopressina esercitano una notevole influenza anche sulla regolazione dello stress e dell’aggressività. In particolare, l'ossitocina induce la comparsa dell'aggressività materna (un meccanismo per difendere i piccoli dai pericoli esterni), mentre i topi maschi incapaci di produrre ossitocina hanno un aumento dei livelli di aggressività.
La vasopressina sembra avere genericamente un effetto di stimolazione del comportamento aggressivo, anche se sembra che questo effetto possa variare a seconda di specie, sesso ed esposizione a stimoli ambientali4. L'isolamento sociale aumenta i comportamenti aggressivi nei ratti e sembra associato a un aumento del numero dei recettori ipotalamici della vasopressina. Da questi esperimenti risulta quindi evidente che queste due molecole, conosciute per lungo tempo solo come ormoni neuroipofisari, hanno invece molteplici ruoli e regolano circuiti cerebrali importanti per il controllo di diversi comportamenti.
Il passaggio dagli esperimenti sugli animali all’essere umano è sempre molto complesso e necessita di dati clinici e altre conferme; tuttavia, vi sono anche qui dei risultati particolarmente interessanti. Innanzitutto, vista l'incapacità della ossitocina e della vasopressina a passare la barriera emato-encefalica, la via di somministrazione è particolarmente critica e normalmente viene attuata una somministrazione intra-nasale, perché la mucosa olfattiva presenta dei neuroni in diretto contatto con l’ambiente esterno e quindi l’assorbimento delle molecole avviene in maniera semplificata. La somministrazione intra-nasale di ossitocina in volontari adulti sani sembra migliorare la percezione dei danni subiti in seguito ad aggressioni, ma non suscita il desiderio di rispondere all’aggressore. Inoltre, i livelli di ossitocina misurata nel liquor cerebrospinale mostrano una correlazione negativa con la propensione all’aggressività di pazienti che presentano disturbi della personalità.
Questi due dati sembrerebbero confermare l’idea che nella specie umana l’ossitocina riduca le reazioni aggressive e promuova comportamenti come la fiducia e la cooperazione. Come nei modelli animali, si pensa che la vasopressina abbia ruoli in contrasto con quelli della ossitocina: nel liquor cerebro spinale, ad esempio, i livelli di vasopressina aumentano in individui con abitudini aggressive. In sostanza, l’ossitocina avrebbe una azione anti-aggressività, mentre la vasopressina sarebbe pro-aggressività. Un recente lavoro sperimentale, con somministrazione intra-nasale di vasopressina e ossitocina, condotto in Olanda su un gruppo di 62 maschi di età compresa tra i 18 ed i 35 anni, ha confermato indicazioni in tal senso5.
Vista la distribuzione dei recettori per ossitocina e vasopressina nei nuclei che fanno parte del sistema della ricompensa, questi due peptidi sono considerati tra i maggiori candidati alla regolazione del cosiddetto “attaccamento”, ovvero dei legami che si stabiliscono in un contesto familiare (tra coniugi, con i figli, tra fratelli e sorelle) o in un contesto sociale più allargato (amici, scuola, ambiente di lavoro, animali di compagnia). In particolare, l’ossitocina sarebbe parte di un sistema dinamico che integra le risposte a livello cerebrale con quelle a livello del resto del corpo, e che consentirebbe l’espressione ottimale dei comportamenti sociali positivi che caratterizzano i legami di attaccamento6. Particolare importanza ha il riconoscimento visivo che determina una impennata nella produzione di ossitocina. Questo vale sia per il riconoscimento dei familiari (e in particolare dei figli), sia per i segnali visivi che si scambiano i cani con i loro padroni. In quest'ultimo caso si è potuto dimostrare che il picco di ossitocina avviene in entrambi i “partner” rafforzando l’attaccamento tra umano e cane7 (Nagasawa et al, 2015). Un meccanismo analogo servirebbe a stabilire il rapporto che si instaura tra madre e neonato, rafforzato da stimolazioni come quelle del capezzolo durante l’allattamento, da sensazioni olfattive (il classico odore del neonato) o uditive (il pianto), casi in cui la madre aumenta la secrezione di ossitocina.
L'ossitocina non agisce da sola e molti dei suoi effetti sono regolati dalle interazioni con la vasopressina, al punto che secondo molti autori entrambi questi peptidi possono essere considerati facenti parte dello stesso sistema, con azioni diverse ma complementari. Le funzioni di ossitocina e vasopressina dipendono dalla loro capacità di legarsi a una serie di recettori specifici presenti non solo nel circuito della ricompensa, ma anche nell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (l’asse neuroendocrino che controlla lo stress) e i centri encefalici che regolano il sistema nervoso autonomo (che controlla le risposte cosiddette involontarie degli organi interni del nostro corpo)6.
In un recente studio, condotto con la tecnica della risonanza magnetica funzionale (RMNf), i ricercatori hanno studiato coppie di novelli sposi sotto due aspetti: la misura dell’empatia verso il partner e la presenza di mutazioni nei recettori per l’ossitocina e la vasopressina. L’empatia, in studi come questi, viene misurata con la presentazione di fotografie del volto del partner, di amici o di sconosciuti con diverse espressioni facciali. È stato così dimostrato che quando il soggetto provava un forte senso di empatia verso la persona nella foto si attivavano le regioni appartenenti al circuito della ricompensa come l’amigdala e il pallido ventrale che, sono caratterizzate dalla presenza di un gran numero di recettori per l’ossitocina e la vasopressina. Inoltre, le persone che avevano mutazioni in questi recettori in grado di determinare una maggiore sensibilità ai due ormoni avevano risposte emotive più forti degli altri soggetti8.
In conclusione, il complesso degli studi condotti su modelli animali e sull’uomo sembra indicare che il comportamento sociale, con le sue risposte complesse, derivi da circuiti cerebrali presenti in tutti i mammiferi e le risposte alle singole situazioni dipenderebbero dalla stimolazione esterna, dall’espressione dei recettori per l’ossitocina e la vasopressina e dalla presenza di eventuali mutazioni di questi recettori. I comportamenti (e le malattie) che possono essere soggetti a questo tipo di controllo sono molteplici e vanno dalla aggressività, al comportamento di coppia, alla cura della prole, all’attaccamento agli animali domestici, alla depressione per arrivare fino alla schizofrenia e all’autismo. Ovviamente non tutto si può ridurre al dualismo ossitocina-vasopressina e molti altri fattori e neurotrasmettitori entrano in gioco nella regolazione di questi circuiti e comportamenti. Tuttavia la possibilità di intervenire proprio sulla ossitocina e la vasopressina con somministrazioni intra-nasali apre la possibilità ad interventi terapeutici non invasivi e di facile applicazione, insomma, per rifarmi all’articolo di Carafoli e Bucci, la possibilità di manipolare alcuni comportamenti sociali nell’uomo è una realtà di cui bisognerà tenere conto nel prossimo futuro.