No Tobacco Day 2012

Pubblicato il 31/05/2012Tempo di lettura: 4 mins

Il fumo di tabacco, in Italia, è la principale causa di morte prematura, cui viene attribuito il 16% di tutti i decessi nella popolazione dai 30 anni in su, per cui contrastare il diffondersi del fumo nella popolazione rappresenta una priorità assoluta.

La sigaretta è un prodotto di consumo perfetto che si prova volontariamente durante l’adolescenza, quando il soggetto, spesso alle prese con problemi legati alla formazione dell’identità,  si sforza di uniformare i comportamenti a quelli di modelli familiari, amicali e ideali. La nicotina crea presto cambiamenti cerebrali e, anche in base a predisposizione genetica, dipendenza. A questo punto il desiderio di fumare risorge, senza o con minime stimolazioni esterne. Per molti anni, il soggetto resterà un buon consumatore coatto.

Esistono diversi tipi di interventi di prevenzione efficaci per smettere di fumare e per ridurre l’iniziazione tra i ragazzi, ma il loro impatto sul fenomeno può essere, attualmente, molto limitato; bisogna migliorarli dando un maggiore impulso alla ricerca in questi campi. Le misure regolatorie efficaci, come i divieti di fumare in luoghi pubblici chiusi e l’aumento dei prezzi generati da misure fiscali, possono avere un considerevole impatto, non solo per ridurre l’esposizione passiva al fumo, ma anche per ridurre i consumi. Uno strumento particolarmente potente ai fini dell’applicazione di queste misure si è rivelato essere la Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco, un trattato internazionale che impegna i Paesi che lo ratificano ad attuare, tra l’altro,  misure legislative che riducono l’accessibilità al tabacco e migliorino l’informazione. 

Le autorità pubbliche cui spettano le decisioni in merito alle politiche legislative sono perciò soggette alle pressioni di gruppi di interesse. I produttori di tabacco si sforzano di influire sui governi, i legislatori e coloro che possono condizionarlo. L’industria del tabacco, nel mondo e in Italia, svolge un’intensa attività di pubbliche relazioni per costruire alleanze con gli attori economici con cui condivide interessi. Al fine di acquisire argomenti a proprio favore ed esercitare pressioni sulle autorità pubbliche, usa l’intermediazione di istituti di consulenza e centri di ricerca, fondazioni ed altri soggetti vicini al mondo politico ed istituzionale.

In questa azione, l’industria del tabacco si presenta come un normale operatore economico e, attraverso un uso raffinato delle pubbliche relazioni e della comunicazione, inquadra il tema nella cornice dei diritti: libero mercato e libertà personale, spostando fuori dalla cornice i danni per la salute, mettendo in ombra, come viene rappresentato nella pagina seguente, la realtà degli 85.000 decessi all’anno provocati dal fumo.

In base ai valori del libero mercato e della libertà personale, i promotori della salute vengono screditati come fautori di misure paternalistiche e recessive, che impoverirebbero il paese, mentre grazie al consumo del tabacco migliora l’occupazione, lo stato incassa miliardi di tasse e, addirittura, il sistema pensionistico diventa più sostenibile, in virtù della morte prematura di molti fumatori.

Come possono i professionisti della sanità pubblica contrapporre all’azione lobbistica dell’industria argomenti basati sulla  razionalità economica e sull’etica?

lasciatemi indicare una priorità critica: tabacco, tabacco, tabacco … non ho mai visto nessun prodotto che riesce ad uccidere il suo consumatore, come il tabacco - Margaret Chan Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  2011

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dedicato il World No Tobacco Day del 31 Maggio 2012 a mettere in luce e portare all’attenzione del mondo i tentativi che l’industria del tabacco compie per interferire nell’applicazione della Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco, il primo trattato internazionale al mondo per la tutela della salute pubblica. Gli Stati che lo ratificano, riconoscono i danni provocati dai prodotti del tabacco e dalle aziende che li fabbricano, individuano le azioni da intraprendere per contrastarne la diffusione e i metodi per l’attuazione.

Anche in Italia l’industria del tabacco si sforza di ostacolare l’applicazione di misure volte a ridurre il fumo di tabacco, ed è utile analizzare il suo metodo di lavoro e le argomentazioni utilizzate per preservare il mercato dei prodotti del tabacco, argomentazioni che, al pari di quelle utilizzate dai promotori della salute,chiamano in causa alcuni dei valori su cui si fonda il nostro vivere comune.

La filiera del tabacco in Italia

La prima causa di morte evitabile in Italia

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Il tabacco è la prima causa evitabile di morte in Italia 

Secondo il Ministero della Salute, su circa 587.000 decessi che si verificano in un anno in Italia, 80.000 sono attribuibili al fumo. Per stimare la mortalità attribuibile ad un fattore di rischio, si ricorre a un tipo di ragionamento chiamato contro-fattuale: se il fumo non esistesse, il tasso di mortalità sarebbe quello dei non fumatori, perciò la differenza tra tasso di mortalità totale e il tasso di mortalità tra i non fumatori rappresenta, sotto certe condizioni, la quota di decessi attribuibili al fumo. Diversi metodi stimano indirettamente il numero di decessi evitabili, alcuni si basano sulla prevalenza di fumatori e sul rischio di morte per specifiche patologie, altri sulla mortalità per cancro del polmone. In Italia, a seconda dei metodi impiegati, si stima che tra 70 e 83.000 decessi , ogni anno, siano  attribuibili al fumo. Questi decessi sono principalmente causati dal cancro del polmone, da malattie ischemiche del cuore, da malattie respiratorie, quali bronchite cronica ed enfisema, e dalle malattie cerebrovascolari.

Nella tabella presentata nella pagina seguente, sono riportati i tassi di mortalità per 100.000 abitanti specifici per età, per le principali cause di morte, in Italia nel 2004. Per ciascuna causa, l’OMS ha stimato i tassi di mortalità attribuibili al fumo e le percentuale complessiva di decessi attribuibili al fumo, riportata nell’ultima colonna. Nell’insieme, secondo le stime dell’OMS, il 24% di tutti i decessi tra gli uomini, e il 7% tra le donne sono attribuibili al fumo in Italia. Senza la quota attribuibile al fumo, le affezioni di trachea bronchi e polmoni (il cancro e le malattie respiratorie) rappresenterebbero cause di morte secondarie ed è notevole osservare quanto il fumo contribuisca a determinare la differenza di mortalità tra uomini e donne.   

Nella figura 1, sono riportati i decessi per cancro nei paesi classificati “ad alto reddito” dall’OCSE: il numero di decessi, per ciascuna neoplasia, è rappresentato da una barra, colorata in nero per la quota di decessi attribuibili a cause attualmente sconosciute o non rimuovibili, e con diversi colori per le quote attribuibili a specifiche cause rimuovibili. Si resta colpiti nell’osservare che il livello, per così dire, naturale della mortalità per cancro del polmone costituisce appena la decima parte della barra che rappresenta la mortalità per cancro del polmone, che svetta come un campanile nel grafico.

Tassi di mortalità e tassi di decessi attribuibili al fumo (per 100.000), per causa ed età (Italia, 2004 - UOMINI) 

Tassi di mortalità e tassi di decessi attribuibili al fumo (per 100.000), per causa ed età (Italia, 2004 - DONNE) 



Le basi bio-sociali della diffusione del fumo

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La dipendenza dal fumo si basa su cambiamenti del cervello

Una recente rassegna illustra i meccanismi biologici della dipendenza da nicotina, la principale, anche se non unica sostanza del tabacco che provoca la dipendenza. Fumare sigarette provoca, a livello cerebrale, un picco di diffusione di molecole di nicotina che si legano ai recettori dell’acetilcolina (nAChRs) situati nell’area tegmentale ventrale, attivandoli. Questa attivazione porta alla creazione di nuove connessioni sinaptiche e, quindi, nuovi circuiti neuronali grazie ai quali viene provocato il rilascio di dopamina ed altri neurotrasmettitori a livello del nucleo accumbens. Queste stimolazioni producono piacere, eccitazione e modulazione dell’umore. Quindi la nicotina modifica il cervello grazie alla plasticità di questo organo ed è per questo che alcuni autori classificano la dipendenza come una forma mal adattativa di apprendimento.

Ben presto, i recettori dell’acetilcolina vengono saturati dalla nicotina e nuove molecole della sostanza non sono in grado di attivarli ulteriormente. Ciò provoca una tolleranza acuta e riduzione della soddisfazione ottenuta fumando. Nel periodo di tempo, in cui l’individuo non fuma, il livello di nicotina diminuisce e i recettori tornano di nuovo attivabili da nuove molecole di nicotina assunte con ulteriori dosi.

Con la ripetizione di questo ciclo si sviluppa l’assuefazione a molti effetti della nicotina e dipendenza fisica: quando manca la nicotina, i livelli di dopamina si abbassano e l’individuo sperimenta  irritabilità, depressione, ansia, ma anche disturbi del sonno e aumento dell’appetito, deficit cognitivo e dell’attenzione, e soprattutto smania e bisogno di fumare di nuovo. Sono questi i sintomi della dipendenza fisica.

L’acquisizione e il mantenimento della dipendenza sono influenzati da: (i) fattori di vulnerabilità l’età, il sesso, fattori genetici, presenza di malattie mentali, e dipendenza da altre sostanze; (ii) la velocità del metabolismo della nicotina che viene degradata a cotinina nel fegato, velocità che rappresenta uno dei determinanti della concentrazione della sostanza in circolo; (iii) da fattori ambientali, sotto forma di vari tipi di stimoli a fumare: dagli amici che fumano, alla pubblicità.

Conviene riassumere brevemente le evidenze riguardanti l’età, la genetica e i fattori ambientali.

Generalmente, si inizia a fumare durante l'adolescenza

Il consumo di tabacco inizia tipicamente nell’adolescenza: l’80% dei  fumatori inizia a fumare entro i 18 anni. I due terzi dei ragazzi provano a fumare, il 20-25% degli adulti diventa un fumatore quotidiano. Questa particolare vulnerabilità del periodo adolescenziale ha basi biologiche e psico-sociali. Riguardo alle prime, i cambiamenti cerebrali che si osservano nei ratti, esposti alla nicotina nella fase di sviluppo, sono maggiori di quelli osservati nei ratti esposti da adulti, e – dal punto di vista comportamentale - se esposti alla nicotina, i ratti adolescenti hanno livelli di auto somministrazione di nicotina più elevati dei ratti esposti da adulti. D’altra parte il cervello adolescente sembra avere meccanismi regolatori diversi dal cervello adulto, che porterebbero ad amplificare le sensazioni di ricompensa e ridurre le sensazioni spiacevoli legate alla astinenza. 

La dipendenza è parzialmente sotto il controllo genetico

Gli studi sui gemelli hanno mostrato che l’influenza genetica è in grado di spiegare circa il 60-70% della variabilità nella iniziazione alla dipendenza da nicotina e nel mantenimento della dipendenza, e il 51-54% della variabilità nella cessazione. Questi studi evidenziano l’ereditarietà comparando il grado di similitudine dei comportamenti relativi al fumo tra gemelli monozigoti, che condividono il 100% del patrimonio genetico, con quello dei gemelli dizigoti, che condividono la metà dei loro geni.

  • Le indagini sulle influenze genetiche specifiche hanno identificato nella variazione su base genetica di enzimi (come la citrocomossidasi CYP2A6) che metabolizzano la nicotina, un fattore che condiziona la velocità del metabolismo e i comportamenti di consumo: i rapidi metabolizzatori fumano più sigarette, sono più dipendenti, hanno la metà delle probabilità di smettere e riportano sintomi di astinenza più seri rispetto ai lenti metabolizzatori.
  • Gli studi sono problematici perché questi caratteri sarebbero sotto il controllo di molteplici geni ed esisterebbero interazioni tra geni e fattori ambientali. Un recente editoriale, riassumendo le evidenze disponibili, sostiene che: (i) varianti geniche che codificano per la proteina BDNF, una delle neurotrofine correlate al fattore di crescita del sistema nervoso, sarebbero associate allo stato di dipendenza; (ii) un gene che si trova sul cromosoma 15, cui appartengono i geni dei recettori nicotinici, sarebbe associato con il numero di sigarette fumate al giorno, quindi con il livello di dipendenza; ed infine (iii) una regione del cromosoma 9 vicina al gene della idrossilasi della dopamina sarebbe implicata nel controllo dei meccanismi della cessazione.

I meccanismi psico-sociali rendono gli adolescenti più vulnerabili

Il rischio di diventare fumatore, è maggiore tra gli adolescenti i cui genitori e i cui fratelli maggiori fumano. Nondimeno, gli adolescenti si aprono alla vita sociale attraverso la relazione con i pari,  adeguandosi alle norme dei gruppi di amici (socializzazione) e scegliendo o abbandonando i gruppi di amici in funzione delle norme che adottano (selezione). Come conseguenza il rischio di fumare è maggiore tra i ragazzi i cui amici fumano. Anche l’essere esposti al fumo da parte di altri adulti di riferimento, come i professori o altri modelli aumenta la probabilità di fumare. Ma il fumo è anche più frequente in funzione della frequenza di esposizione a scene di film in cui si fuma, trasmissioni televisive di gare sportive sponsorizzate dall’industria del tabacco.

Queste influenze devono essere ben note all’industria del tabacco che ha utilizzato ampiamente tecniche di marketing, sotto forma di pubblicità, sponsorizzazione di eventi, in particolare sportivi. La relazione tra marketing e fumo è stata studiata estesamente accumulando prove su come il marketing influenza l’iniziazione e il mantenimento della dipendenza da parte degli adolescenti. E’ stata descritta la relazione tra marketing delle sigarette e bisogni adolescenziali, come quello di essere accettati dai pari, quelli di ribellarsi o assumere rischi e di ridurre lo stress. E’ stato messo in luce l’impatto del marketing sull’immagine che l’adolescente ha di sé e la sua percezione dei fumatori, Complessivamente, si ritiene che esista un nesso causale dell’esposizione alla pubblicità del tabacco con l’iniziazione, ed anche con la progressione verso il consumo continuato.

Le influenze sociali sono tra i fattori più importanti associati al fumo in adolescenza e agiscono attraverso credenze normative, aspettative cioè che, secondo un individuo, le persone che rappresentano per lui un riferimento,  nutrono riguardo al proprio comportamento. Le credenze normative (ciò che pensiamo gli altri vorrebbero noi facessimo o non facessimo), in combinazione con le motivazione ad adattarsi alle aspettative altrui, formano la norma soggettiva. Tali persone di riferimento dell’adolescente, sono i genitori, i fratelli maggiori, il gruppo dei pari, i professori, ma anche figure idealizzate come personaggi storici, o eroi moderni, dai personaggi dello spettacolo ai grandi campioni dello sport. 

 

La prevenzione

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I programmi di prevenzione del fumo possono mirare a ridurre l’iniziazione, aumentare la cessazione, ridurre l’esposizione passiva al fumo negli ambienti chiusi come i locali pubblici, gli ambienti di lavoro confinati e le abitazioni. Questi programmi possono essere diretti agli individui, oppure alle comunità o, infine, consistono in cambiamenti delle regole di funzionamento del sistema sociale (consulta: www.thecommunityguide.org ). 

Fortunatamente, per il contrasto al fumo, esistono programmi efficaci a tutti e tre il livelli, per cui è possibile mettere a punto vere e proprie politiche di prevenzione del fumo che includono diversi tipi di interventi.

Interventi efficaci per ridurre l'iniziazione

Gli interventi per prevenire l’iniziazione, durante la pre-adolescenza, sono richiesti da molti, tra i soggetti adulti che si preoccupano della salute delle nuove generazioni. L’esperienza ha mostrato che le buone intenzioni non necessariamente diventano buoni risultati, e addirittura in alcuni casi gli interventi, soprattutto se avviati precocemente, ad esempio nella scuola primaria, possono essere controproducenti. 

Negli ultimi anni è stato messo a punto un programma di intervento denominato  unplugged , destinato a studenti di  12-14 anni, basato su un approccio del tipo “Influenza Sociale” che permette ai ragazzi di lavorare in gruppo per migliorare le abilità sociali, quelle personali, conoscenza ed educazione normativa. Il programma è condotto da insegnanti dopo training di 3 giorni ed è composto da 12 unità, della durata di un’ora ciascuna. Una valutazione rigorosa ha permesso di verificare che il programma è stato efficace sia nei confronti del fumo occasionale che di quello regolare o  giornaliero.

Negli Stati Uniti, un programma, per molti versi simile a unplugged, finalizzato a prevenire l’abuso di sostanze da parte degli studenti 12-14 anni, è stato progettato e sperimentato dal National Institute for Drug Abuse. Take Care of Your Life (TCYL) è basato sull’approccio dell’influenza sociale include 10 lezioni + una sessione di rinforzo ed è stato valutato con un grande trial che ha coinvolto una coorte di 20.000 studenti seguita dal 7° all’11° grado di scuola. Purtroppo l’intervento è risultato inefficace, e al limite dannoso, almeno per quanto riguarda il fumo.

Questa discordanza fa riflettere: certamente esistono differenze tra questi due programmi, ma il fatto che anche piccole differenze possono provocare risultati opposti, induce a ritenere che ripetere i buoni risultati può dipendere da dettagli oppure dai contesti.

Per questo motivo, oltre che per la difficoltà ad estenderne l’uso e per la scarsa compliance degli insegnanti, l’impatto di questo tipo di interventi scolastici, potrebbe essere, non decisivo fino quando la ricerca non avrà messo in luce gli elementi di questi programmi indispensabili per il loro successo.

Interventi efficaci per smettere di fumare

Fortunatamente esistono trattamenti efficaci per i fumatori che vogliono smettere. Tra i trattamenti non farmacologici, l’intervento clinico breve, cioè il consiglio e l’assistenza competente del medico, che può prendere circa 10 minuti ha un effetto, anche se piccolo sulla probabilità di smettere; il counseling (individuale, di gruppo, o telefonico); le terapie cognitivo-comportamentali hanno un’efficacia maggiore. 

Tra i prodotti farmacologici, i sostituti a base di nicotina, sotto qualsiasi forma (cerotti, gomme o inalatori) aumentano il tasso di cessazione del 50-70%; due farmaci (il buproprione e la vareniclina) aumentano di due-tre volte la probabilità di smettere di fumare e diventare ex fumatore, rispetto al tentativo di smettere senza alcun ausilio. 

Questi trattamenti, sono offerti in Italia da molti centri anti fumo, in certi casi accompagnati da trattamenti non convenzionali come l’agopuntura e l’auricoloterapia. L’Osservatorio Fumo Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità, che li censisce, riporta la cifra 393 centri per smettere di fumare che trattano ogni anno un numero di fumatori che non supera la cifra di 20.000.

Secondo i dati del Passi 2010, circa il 70% dei fumatori, in Italia, dichiara di voler smettere (7,5 milioni di persone in Italia tra i 18 e 69 anni). Tale volontà non è solo dichiarata perché il 40% riferisce di aver effettuato, nei 12 mesi precedenti, un tentativo serio di smettere, restando 24 ore senza fumare. Sulla base di questa percentuale, i fumatori tra 18 e 69 anni che tentano seriamente di smettere sono circa 4,5 milioni all’anno. Eppure, chi tenta di smettere di fumare lo fa nel 94% dei casi contando sulla forza di volontà, nel 2,4% dei casi usando farmaci o cerotti e solo nell’1,1% rivolgendosi al centro antifumo.

Alla fine, circa il 17% di coloro che hanno tentato, smette di fumare: al momento dell’intervista l’8% è astinente da più di sei mesi e il 9% da meno di sei mesi. 

E’ evidente che pur trattandosi di presidi necessari che devono essere accessibili e qualificati, i centri antifumo riescono ad avere un impatto oggi trascurabile.

Misure che modificano il sistema regolatorio riducendo la disponibilità di prodotti del tabacco

Gli interventi raccomandati o fortemente raccomandati, sulla scorta delle evidenze scientifiche, si basano sulla riduzione della disponibilità dei prodotti del tabacco e degli stimoli a fumare, attraverso limitazioni, divieti, barriere o creazione di ambienti che facilitano la scelta di non fumare (1, 2):

  • Limiti di vendita per età, orario, luoghi
  • Aumenti dei prezzi, realizzati tramite le accise
  • Divieti di pubblicità
  • Regolamentazione dei media (censura dei film con presenze di fumo; codici di autoregolamentazione media)
  • Policy scolastiche, aziendali.
  • Divieto di fumo nei locali aperti al pubblico e nei luoghi di lavoro

L’aumento dei prezzi dei prodotti del tabacco, facendo leva sulle accise, rappresenta ad esempio un disincentivo che è in grado di aumentare la cessazione e ridurre l’iniziazione, il divieto di fumare nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro è in grado di ridurre l’esposizione a fumo di tabacco ambientale, le scuole dotate di policy scolastiche scritte che, ad esempio vietano il fumo di studenti, docenti e altri adulti in ogni spazio scolastico compreso l’esterno, riducono l’iniziazione.

Il ruolo della politica e dell'industria

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Uno strumento potente: la Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco

Per attuare le politiche efficaci, l’OMS ha messo a punto, grazie a un lavoro negoziale durato quattro anni the Framework Convention for Tobacco Control (FCTC), la Convenzione quadro per il controllo del tabacco. Sotto il profilo giuridico, FCTC è il primo trattato internazionale per la tutela della salute pubblica  che, riconoscendo i danni provocati dai prodotti del tabacco e dalle aziende che li fabbricano, stabilisce principi e obiettivi giuridicamente vincolanti che i firmatari sono tenuti a rispettare. E’ stata siglata da 192 Stati membri dell’OMS nel 2004. Ufficialmente in vigore nel febbraio del 2005, è stata ratificata dal nostro paese nel 2008 (Legge 18 marzo 2008, n.75 (GU Serie Generale 91/2008).

L’obiettivo della Convenzione è tutelare le generazioni presenti e future dalle conseguenze del consumo di tabacco e dell'esposizione al fumo di tabacco, riconosciute devastanti a livello sanitario, sociale, ambientale ed economico.

Le disposizioni chiave sono poche, semplici e chiare

Industria del tabacco - Non deve interferire nella definizione delle politiche per la salute.

Fumo passivo - Le parti attuano misure per tutelare i non fumatori dal fumo passivo nei luoghi pubblici, di lavoro e sui mezzi di trasporto.

Etichettatura – La superficie del pacchetto deve essere coperta per almeno il 30% da avvertenze per la salute. Vietate designazioni come "light" e "mild".

Pubblicità – Verso un divieto generale di pubblicità, promozione e sponsorizzazione.

Responsabilità – Le aziende che adottano comportamenti reprensibili devono essere perseguite con richieste di risarcimento dei danni.

Traffico illecito – Necessità di negoziati per un protocollo contro il traffico illecito, basato sulla marcatura degli imballaggi, al fine di tracciare l’origine e la destinazione finale.

Regolamentazione dei prodotti del tabacco –  I produttori devono rendere noto ai governi il contenuto dei propri prodotti

Tassazione – Attuare misure fiscali e di prezzo per ridurre il consumo di tabacco.

L’Unione Europea ha ratificato la Convenzione e ha adottato una serie di direttive su pubblicità, telepromozioni, sponsorizzazioni, lavorazione, presentazione e  vendita dei prodotti del tabacco, distributori automatici, pubblicità indiretta .

Un organismo della Convenzione, la Conferenza delle Parti, ha predisposto linee guida per l’applicazione degli articoli della Convenzione, dalla protezione della salute pubblica dagli interessi commerciali dell’industria alla protezione dall’esposizione al fumo passivo, dalla regolazione dei contenuti dei prodotti del tabacco ai pacchetti e all’etichettatura, dalla comunicazione alla pubblicità, promozione e sponsorship, fino alle misure di riduzione della domanda relativa alla dipendenza dal tabacco ed alla cessazione.

Con la Convenzione, si è configurato un percorso che consente di attuare gli interventi che mostrano di funzionare, come mostrano le due figure seguenti. La prima figura riporta lo stato di attuazione degli specifici adempimenti cui i Paesi si sono impegnati all’atto di ratifica della Convenzione. La seconda figura mostra in dettaglio lo stato di avanzamento per quanto riguarda l’Italia. In entrambe le figure, il colore verde sta ad indicare il risultato positivo, il nero un mancato adempimento e il colore amaranto l’assenza di informazione. 

Avanzamento della applicazione delle Misure della Convenzione (2010)

Le interferenze dell’Industria del Tabacco.
Pressione lobbistica, identità e valori – tra ideologia del libero mercato e responsabilità sociale dell’impresa 

Il 15 Dicembre il Corriere della sera ha riportato la dichiarazione del Sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo, a chiarimento della notizia di un possibile aumento del prezzo delle sigarette: «La norma prevede solo l'aumento per le accise sul tabacco trinciato, perché negli ultimi anni c'è stato un grande aumento del consumo di questo prodotto, mentre per i pacchetti di sigarette abbiamo sfiorato la soglia critica dei 5 euro del pacchetto di sigarette, superata la quale ci sarebbe una forte caduta dei consumi e del settore».

Ma non è proprio quello che il mondo della salute auspica? Le politiche del Governo Italiano non sono orientate a ridurre l’iniziazione nelle giovani generazioni e favorire la cessazione? Un aumento dei prezzi produce una riduzione dei consumi, ma non è l’obiettivo del Governo?

E’ il caso di rilevare il fatto che:le misure di prevenzione e controllo del tabacco efficaci sono, quasi per definizione, antitetiche agli interessi dell’industria del tabacco e di imprese economiche ad essa connesse. Sembra impossibile conciliare questi interessi contrapposti.     

Sviluppo di pressioni sui decisori in difesa degli interessi economici della filiera del tabacco

I produttori finanziano importanti istituti di consulenza perché effettuino studi su diversi aspetti che riguardano il tabacco come settore economico.

Ad esempio, l’istituto Nomisma pubblica, sistematicamente, il rapporto sulla Filiera del Tabacco in Italia, finanziato, tra gli altri, dalle principali aziende produttrici,  le associazioni dei distributori e dei trasformatori, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.  Finanziati entrambi dall’industria del tabacco, il Censis ha condotto uno studio sull’atteggiamento degli italiani nei confronti della regolamentazione sul tabacco, il CASMEF dell’Università LUISS Guido Carli per conto della Fondazione Bruno Visentini ha condotto uno studio sull’elasticità della domanda e le conseguenze derivanti da inasprimenti fiscali. Ancora, The European House Ambrosetti ha  esaminato gli impatti delle proposte di revisione della normativa europea e un centro (che si definisce think tank) come l’Istituto Bruno Leoni portatore di una visione radicale della libertà di mercato si adopera contro la regolamentazione del settore, finalizzata alla tutela della salute e le politiche cosiddette paternalistiche.  

Quali sono i risultati delle analisi messe a punto da questi centri di consulenza, a quali tesi ed argomentazioni conducono?

Le analisi identificano una “filiera del tabacco” come settore economico in cui convergono  gli interessi di molteplici soggetti che dovrebbero cooperare per difendere i loro affari da minacce esterne. Le minacce sono individuate nelle legislazioni che restringono la disponibilità e l’accesso ai prodotti da fumo, come ad esempio l’aumento dei prezzi, il divieto di vendita a distanza, il divieto di esposizione nel punto vendita, le limitazioni del marketing, la regolamentazione degli ingredienti, le norme relative all’etichettatura.

Queste limitazioni, oltre a essere inefficaci e danneggiare l’intera filiera, provocherebbero, quattro principali danni all’economia nazionale:


  • Aumento del commercio illegale. In Italia, si stima che il contrabbando rappresenti al massimo il 3% e la contraffazione al massimo lo 0,6% del mercato italiano. UN fenomeno minore è quello delle commercio transfrontaliero tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia.
  • Aumento dell’inflazione perché le sigarette sono incluse nel cosiddetto paniere dei prezzi su cui si stima l’inflazione; ad es. se l’inflazione sta al 3% aumentare del 10% il prezzo delle sigarette porterebbe l’inflazione al 3,2%.
  • Riduzione dell’occupazione, in agricoltura (l’Italia è il secondo paese europeo dopo la Bulgaria per estensione di tabacchicoltura e per produzione), nella distribuzione.
  • Riduzione del gettito fiscale. 
  • Per quanto riguarda i danni per la salute, gli analisti di mercato sostengono che in Italia le entrate fiscali, pari oggi a circa 14 miliardi di euro l’anno, coprono i costi economici derivanti dall’uso del prodotto, cioè quelli a carico del servizio sanitario e che la stessa morte prematura dei consumatori provocherebbe ulteriori risparmi al settore sanitario.

Responsabilità sociale di impresa

Un campo di iniziativa dell’industria è quello della responsabilità sociale le cui finalità dichiarate, oltre ad essere prevalentemente rivolte a fornire garanzie sulla qualità del prodotto e dei processi di produzione, includono anche un impegno a favore della salute pubblica.

L’industria, riconosce in parte gli effetti nocivi del fumo, anche se sottolinea il fatto che non tutti i meccanismi biologici siano stati svelati, però non riconosce la capacità della nicotina di creare dipendenza, arrivando a sostenere che i fumatori che vogliono smettere possono farlo. In tal modo, il fumo è presentato come il comportamento di un adulto consapevole, che liberamente sceglie di fumare o di continuare a farlo, e le legislazioni restrittive una intrusione paternalistica nella vita degli individui, da parte dello stato, che lede la libertà personale. 

Esistono forse solo due aree in cui gli obiettivi dichiarati dall’industria sembrano combaciare con quelli della sanità pubblica: il contrasto alla contraffazione e la prevenzione del fumo tra i minori.

Tuttavia, i progetti di prevenzione rivolti ai minori sostenuti dall’industria sono privi di basi scientifiche per quanto riguarda le prove di efficacia, mentre servono indubbiamente ad acquisire l’immagine pubblica di soggetto sociale preoccupato per la salute, grazie alla quale, può intessere relazioni con fondazioni vicine alla politica, finanziandone alcune, acquisendo così ulteriori possibilità di esercitare pressione sul legislatore. Allo stesso tempo, come rappresentante di un settore ed un potere economico può entrare in rapporto con i media sul tema che davvero le sta a cuore, cioè quello della legislazione, ed i media appoggiano l’azione lobbistica dell’industria.


 

L'economia associata al consumo di tabacco

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L'azione dell'OMS della Sanità per svelare le pressioni dell'industria del tabacco

Nel 2000, l’OMS istituì un comitato di esperti che esaminò un gran numero di documenti dell’industria del tabacco. Il comitato arrivò alla conclusione che, deliberatamente, l’industria ha perseguito ben definite strategie per depotenziare le politiche di prevenzione e controllo del tabacco, particolarmente aggressive sarebbero quelle rivolte contro l’azione dell’OMS, basate su:

  •  Monitorare le attività dell’OMS, tentando di influenzarla attraverso la creazione di relazioni non corrette, anche  tramite altre agenzie delle Nazioni Unite, arrivando fino all’azione di discredito sulla ricerca, le decisioni e le persone dell’OMS.
  • Queste strategie sono a volte messe in atto, senza agire in prima persona, ma avvalendosi di sostituiti, come gruppi di facciata sindacati ed utilizzando i media per distrarre l’opinione pubblica dalle conseguenze sulla salute.

Nel 2004, negli USA, a seguito di un accordo legale, tra alcuni Stati e le principali industrie del tabacco, furono rese pubbliche oltre 40 milioni di pagine di documenti dell’industria del tabacco e, analizzandoli fu possibile appurare  come per contrastare le misure legislative a difesa della salute pubblica, l’industria avesse creato e finanziato segretamente nel 1994 una coalizione apparentemente indipendente che, screditando sui media i risultati della ricerca scientifica, senza esporre l’industria del tabacco, fu capace di orientare l’opinione pubblica e ostacolare la legislazione, travisando le prove scientifiche.

Lo scopo delle interferenze dell’industria del tabacco è ben esplicitato da una comunicazione effettuata nel corso di un incontro dei direttori di una delle primarie imprese del settore: “il nostro fine è contribuire a far crescere contesti di regolazione che consentano ai nostri business  di raggiungere i loro obiettivi, combattendo aggressivamente, con tutte le risorse disponibili, contro ogni tentativo di ridurre la nostra capacità di produzione e vendita e i diritti dei consumatori di avere a disposizione un mercato libero che consenta loro di scegliere i prodotti che vogliono consumare”. Questi obiettivi sono realizzati bloccando, ritardando o modificando la legislazione restrittiva, sovvertendola oppure sfruttando lacune legislative, o richiedendo un posto al tavolo dei negoziati e promuovendo la regolazione volontaria invece della legislazione, finanziando iniziative del governo in altre aree della salute ricercandone il favore, fino alla corruzione dei legislatori.

Il report dell’OMS descrive il comportamento dell’industria del tabacco, per i fini sopra riportati, come un’oscillare   tra comunicazione rivolta all’opinione pubblica e azione aggressiva verso i promotori della salute. La comunicazione è un’attività alla luce del sole, tesa alla conquista dell’opinione pubblica, per quanto riguarda il tema del tabacco dal punto di vista dell’industria (libero mercato e libertà individuale) e i problemi prioritari, anche se ci sono attività di pubbliche relazioni rivolte a conquistare segmenti dell’ambiente scientifico che sono meno pubbliche. Se però questa attività  di comunicazione non ha successo, l’industria del tabacco può passare ad azioni più aggressive fino all’intimidazione legale ed economica. 

Scelte economiche razionali sulla base di TUTTI i costi associati al consumo di tabacco

I promotori della salute che invocano le autorità pubbliche perché attuino le misure previste dalla Convenzione quadro per il controllo del tabacco, sono gli antagonisti del libero mercato, che favoriscono la disoccupazione e l’impoverimento del paese? Se la realtà viene presentata, lasciandone in ombra una parte, come è il caso dei costi del tabacco, gli avvocati della salute  rischiano di essere etichettati come i nemici della prosperità economica.

Costi diretti, indiretti e tangibili

Recentemente l’American Cancer Society ha pubblicato il volume Tobacco Atlas in cui, tra l’altro, è estesamente trattata la questione dei costi del fumo di tabacco e sono riportati i valori dei costi sostenuti dalla società a causa del fumo, nei paesi per cui esistono stime affidabili.

Idealmente, le stime dei costi dovrebbero includere:

  •   i costi diretti, che comprendono le spese sanitarie sostenute dal servizio pubblico e dai privati per trattare  le malattie associate al fumo.
  •  I costi indiretti che comprendono il valore delle perdita di produttività, ma anche i costi da danni procurati dai mozziconi di sigarette  o da pratiche della  tabacchicoltura.
  •  l costi intangibili causati dalle sofferenze patite da coloro che si ammalano e dai loro cari.

Di solito vengono stimati i costi diretti che dipendono dal numero di persone trattate e dai costi dei trattamenti. Il numero di pazienti dipende, a sua volta, dalla numerosità della popolazione e dallo stadio dell’epidemia di fumo nel paese, mentre i costi dei trattamenti dipendono dal sistema sanitario. Le stime possono variare inoltre, per  le diverse metodologie impiegate. I costi diretti sono stati calcolati solo in alcuni paesi, e per citare quelli più vicini all’Italia, essi assommano a più di 8 miliardi di dollari in Germania, oltre 9 miliardi in Gran Bretagna ed oltre 16 in Francia.

Ma, i costi diretti sono solo una parte del problema. Quando sono stati stimati, i costi per la perdita di produttività (in Svizzera, Sud Africa e Stati Uniti) sono risultati maggiori dei costi diretti,  secondo un rapporto che dipende dal tipo di sistema sanitario e dal livello di reddito del paese.  Prendendo  ad esempio gli Stati Uniti, dal 2000 al 2004, il fumo è stato responsabile ogni anno, in media, di 91 miliardi di dollari di costi sanitari e di circa 97 miliardi di dollari per la perdita di produttività. In questi costi non sono conteggiati quelli associati al fumo, causati dai prodotti del tabacco accesi che, inavvertitamente, possono provocare incendi in abitazioni o in aree coperte da vegetazione. Quando sono state studiate le cause degli, incendi è stato appurato che quelli causati da sigarette accese sono frequenti e in certi casi hanno dato luogo a veri e propri disastri.

Costo - Opportunità

In tutti i paesi, il danaro speso per curare le malattie causate dal tabacco riduce le risorse disponibili per bisogni essenziali, come l’alimentazione, il servizio sanitario, l’istruzione. I costi per acquistare le sigarette caricano un peso significativo sulle spalle dei fumatori  che sono costretti a sottrarre alle loro famiglie risorse per beni e servizi essenziali come il vestiario, l’istruzione, la casa, i trasporti e l’alimentazione. In Vietnam ad esempio, i fumatori hanno speso per il tabacco 3,6 volte più che per l’istruzione, 2,5 più che per il vestiario e 1,9 volte più che per i servizi sanitari.

Costo - Accessibilità

L’accessibilità (affordability) delle sigarette è il rapporto del prezzo di un pacchetto al reddito medio pro capite. E’ importante utilizzare questo parametro perché le economie cambiano e, negli ultimi decenni in particolare, alcuni paesi hanno avuto tassi di crescita economica del 6% all’anno ed aumento del potere di acquisto dei cittadini che hanno reso più accessibili diversi prodotti, tra cui le sigarette. Le decisioni dei consumatori, relativamente al fumo, dipendono anche da quanto lavoro è richiesto per acquistare le sigarette e nonostante il prezzo sia più alto nei paesi ad alto reddito, in essi le sigarette sono più accessibili, per esempio nel 2009, un lavoratore in Kenya doveva lavorare almeno un’ora per acquistare un pacchetto di sigarette economiche, contro gli 11 minuti di un lavoratore giapponese.

L’accessibilità è aumentata negli ultimi dieci anni, nella maggior parte dei paesi a basso e medio reddito, ad esempio in Cina, Libia e Federazione Russa.

Il modo migliore per rendere le sigarette meno accessibili è l’aumento delle tasse che porta su il prezzo,  una priorità per i governi che intendono ridurre l’accessibilità e i consumi. Secondo l’OMS: “Se i prezzi delle sigarette aumentano più lentamente del potere di acquisto dei consumatori, esse diventano più accessibili e i consumi aumentano”. 

Prezzi delle sigarette in italia

Confrontata con gli altri Paesi europei, l’Italia si colloca nella terza fascia per quanto riguarda i prezzi che sono molto più elevati in Gran Bretagna e paesi scandinavi, più alti in Francia e in Germania, un po’ più bassi in Spagna e molto più bassi nei paesi dell’est (1,4). Il prezzo è composto, per il 75,5% dalle tasse e per il 4,25% dai ricavi (10% ai rivenditori e 14,5% ai produttori).   

Costi associati al fumo in Italia

Uno studio commissionato dall’Unione Europea ha stimato i costi per l’anno 2000. I costi sanitari delle malattie associate al fumo erano stimati pari a oltre 4 miliardi di euro,  la perdita di produttività dovuta ad assenteismo e pensionamento anticipato legati al fumo in più di un miliardo di euro e il valore monetario delle morti premature, stimato con il metodo del willingness-to-pay  in  oltre 22 miliardi di euro.

I sistemi pensionistici sono più sostenibili grazie alla mortalità prematura dei fumatori?

Recentemente in un report dell’Istituto B. Leoni è stato riecheggiato l’argomento che, visto che i fumatori muoiono prima, lo Stato, oltre ai proventi dovuti alle entrate fiscali, spende meno per le pensioni, in tal modo alcuni dei costi sociali del fumo (la morte prematura) diventerebbero un beneficio. Questa tesi deriva da uno studio effettuato nel 2000, per conto dalla Philip Morris, dalla Arthur D. Little International Inc. nella Repubblica Ceca. Lo studio arrivava alla seguente conclusione: a fronte di costi per lo stato pari a 403 milioni di dollari USA all’anno, il fumo consentiva al governo di incamerare 522 milioni di dollari all’anno di tasse, e risparmiare 31 milioni di dollari all’anno di pensioni ed altri servizi non erogati a fumatori  deceduti prematuramente. Il fumo sarebbe perciò benefico alla Repubblica Ceca e contribuisce alla sua stabilità finanziaria. Una conclusione cinica, ma apparentemente sensata.      

Lo studio era pieno di numerosissimi errori metodologici e di omissioni nel computo dei costi per cui, dopo un primo tentativo di minimizzare la questione, la Philip Morris si scusò pubblicamente con un articolo sul Wall Street Jurnal il 21 luglio 2001. E’ di interesse l’esame  delle incongruenze dell’analisi economica che non distingueva tra costi interni (a carico del fumatore) e costi esterni (per la società) ed ometteva di includere molte voci di costo.   


Combattere il fumo con l'etica

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Usare l’etica per contrastare l’invadenza dei produttori di tabacco

L’industria del tabacco e suoi alleati possono cercare di avvantaggiarsi imponendo l’idea di una loro superiorità morale, come protettori dei diritti individuali, affibbiando ai promotori della salute lo stigma dell’estremismo e del paternalismo. In tal modo la salute pubblica rischia di essere marginalizzata agli occhi dei decisori. Non si dovrebbe lasciare al commercio del principale fattore di nocività campo libero nella difesa dei diritti di libertà.

I promotori della salute che invocano le autorità pubbliche perché attuino le misure previste dalla Convenzione quadro per il controllo del tabacco, vogliono limitare la libertà personale dei fumatori? Benché il mondo professionale della sanità pubblica non utilizzi sistematicamente l’etica, sono stati messi a punto teorie e strumenti operativi per un’etica della sanità pubblica.

La difesa della popolazione dal fumo di tabacco trova il suo fondamento, oltre che sul valore della salute, sui principi dell’etica, per cui gli individui dovrebbero essere liberi di comportarsi come scelgono di fare, con due uniche limitazioni: fumare non deve danneggiare altre persone e deve essere un comportamento adottato con scelta volontaria.
Dal primo punto si può dedurre che le misure limitative della libertà di fumare sono giustificate nei casi in cui il fumo danneggia altre persone. Dal secondo punto si deduce che misure protettive (paternalistiche) sono eticamente fondate quando fumare non è un comportamento volontario.

Sotto questi due principi di etica sono state analizzate le basi delle misure di controllo del tabacco, tra cui molte di quelle incluse nella Convenzione quadro.

Comportamento che danneggia terzi

Ci sono alcune situazioni in cui fumare può provocare danno ad altri e le limitazioni del diritto di fumare sono giustificate.

-       Le misure come i divieti di fumare trovano giustificazione quando il comportamento può danneggiare gli astanti, per esempio nei locali pubblici, e sui luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto, mentre  non sarebbe giustificabile il divieto in luoghi aperti, come una strada.

-       se il divieto di fumare fosse emanato nel contesto di misure necessarie per “prevenire danni futuri ad altri”, in particolare ai bambini e ragazzi che, osservando continuamente adulti nell’atto di fumare, potrebbero essere a maggior rischio di iniziare a fumare, in tal caso potrebbe essere giustificabile porre dei limiti. E’ il caso dei divieti in spazi aperti destinati a minori:  parchi giochi, palestre, cortili ed altre aree aperte nelle suole, zoo, spiagge.

-       Sono giustificati i divieti per prevenire incendi, come vicino alle pompe di benzina o in aree a verde in siccità, oppure basati su motivi ecologici, come il divieto di fumare in spiaggia.

-       non sarebbero ammissibili invece misure coercitive limitanti il fumo nelle abitazioni in cui vivono bambini, perché intaccherebbero il diritto dei genitori di allevare i figli come desiderano, anche se la questione è stata  sollevata in conflitti tra coniugi per l’affidamento.

Comportamento volontario

La seconda dimensione riguarda la volontarietà, in quanto non sono giustificabili misure che coartino il diritto di comportarsi come si vuole, quando non si danneggino altri. Perché un comportamento sia giudicato volontario, chi lo adotta deve essere: (i) competente, (ii) adeguatamente informato, (iii) libero da condizionamenti altrui, (iv) inoltre il comportamento deve essere equi-determinato.

(i)      Soggetto competente a fare scelte volontarie

Si conviene che i minorenni non abbiano ancora acquisito la capacità di effettuare scelte pienamente volontarie, per cui devono aspettare di aver raggiunto la maggiore età, un punto condiviso dall’industria del tabacco. Pertanto sono giustificati i limiti di vendita e consumo ai minorenni ed i limiti ai distributori automatici accessibili ai minori. Per lo stesso motivo sono giustificati  politiche, programmi e campagne di informazione rivolti ai ragazzi (e  ai genitori). Più difficile è giustificare misure volte a limitare il fumo da parte di persone con disturbi mentali, in particolare se istituzionalizzate,  anche se sarebbero pienamente giustificati programmi che favoriscano la cessazione, rivolti a tali persone.

(ii)    Soggetto adeguatamente informato  

Prima di poter affermare che quella di fumare è una scelta consapevole, bisognerebbe essere certi che il fumatore abbia avuto a disposizione informazioni adeguate. In base a questo principio, sono  giustificate  le campagne informative sui danni del tabacco per fumatori, incluse le etichettature dei pacchetti che segnalano i danni del fumo, ma anche i limiti posti alla pubblicità, varie forme di promozione e sponsorizzazione di eventi, che per altro si rivolgono, tra gli altri, anche ai minori.

(iii)   Libertà da condizionamenti esterni

L’opinione che fumare possa essere un comportamento basato su una scelta consapevole e razionale non è accettata da tutti, perché la maggior parte dei fumatori vorrebbe smettere e fa tentativi di smettere, spesso senza successo. I fumatori, in gran parte, iniziano da adolescenti ma, una volta che essi sono diventati dipendenti, la loro scelta adulta può dirsi ancora volontaria? Si potrebbe dire che fumare è un comportamento volontario in alcune fasi e obbligato in altre, cosicché il fumatore sarebbe un volontario iniziatore e un involontario continuatore. Sulla base della libertà da condizionamenti esterni, le campagne educative sulla dipendenza da nicotina ed i programmi  per favorire il trattamento per chi intende smettere, appaiono giustificate sul piano dell’etica.  Non dovrebbero invece essere usati messaggi che suggeriscano che tutti i fumatori  sono vittime della dipendenza o della pubblicità.

(iv)   Equi-determinato

Man mano che migliorano le conoscenze sull’eziologia del fumo, emerge che il rischio di essere fumatore non è distribuito equamente. Esistono almeno tre fattori che rendono alcune persone più vulnerabili: predisposizione genetica, vulnerabilità psicologica e svantaggio sociale. Di conseguenza, è difficile  affermare che la scelta di fumare sia pienamente volontaria. In presenza di queste diseguaglianze, in particolare quella sociale, la sanità pubblica potrebbe assumere posizioni contro-discriminatorie. Ad esempio, misure che devolvono parte dei proventi dell’aumento delle tasse all’offerta gratuita o semi gratuita del trattamento per i fumatori, in condizione di svantaggio sociale, che intendono smettere, sarebbero giustificate in base al valore della salute, al principio della volontarietà delle scelte, ed al valore della giustizia sociale.