fbpx L'icnologia astronomica | Scienza in rete

L'icnologia astronomica

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

L'icnologia è quella branca della paleontologia che si occupa dello studio delle impronte lasciate dagli organismi animali. L’icnologia studia dunque larghezza, lunghezza e forma delle orme, falcata  (la distanza che le separa), profondità, eventuali asimmetrie e altro ancora, per risalire alla stazza degli animali, alle loro forme caratteristiche, alle loro abitudini. Anche la disposizione delle impronte contiene importanti informazioni: sul movimento e sull’andatura. Basti pensare alla differenza tra le impronte lasciate da un cavallo che procede al trotto piuttosto che al galoppo.

Il satellite Planck, lanciato nella primavera del 2009 ci dà oggi l’opportunità di fare della formidabile icnologia astronomica. Studiando le impronte piú antiche accessibili, quelle lasciate nella radiazione cosmica di fondo (il Cosmic Microwave Background), noi studiamo la natura di chi, queste impronte, le ha prodotte: il Big Bang. Sono impronte veramente microscopiche quelle che Planck sta fotografando: piccole differenze dell’ordine dei milionesimi di grado centigrado su scale angolari della frazione di grado. Serve una fotografia estremamente nitida e dettagliata, a tutto campo e ad ampio spettro per studiare queste orme. E Planck sta completando questa fantastica fotografia, la migliore mai ottenuta dell’Universo neonato, per ampiezza, risoluzione e informazione spettrale. Queste impronte non risalgono infatti a un centinaio di milioni di anni fa, come quelle lasciate dai dinosauri, datano invece oltre 13 miliardi di anni e sono caratteristiche di un Universo giovane, di appena poco più di 300.000 anni.

Dalla distribuzione nel cielo di queste impronte, dalle loro dimensioni caratteristiche, dalla loro profondità in temperatura, dal loro numero per unità di area, estrarremo informazioni che ci permetteranno di studiare l’evoluzione delle strutture a grande scala della materia, i modi dell’inflazione cosmica, la generazione di onde gravitazionali primordiali e altro ancora. Non solo. Questa fotografia, il cui scopo primario è quello di studiare i dettagli della radiazione cosmica di fondo, contiene anche molte e preziose informazioni su tutto quanto, accidentalmente, si trova tra "noi" e lo "sfondo" che è appunto l'oggetto dello studio. Ora, se è vero che questi intrusi vanno attentamente individuati, classificati e rimossi per ricostruire le proprietà dello sfondo, è altrettanto vero che essi stessi costituiscono una miniera di informazioni interessantissime che impegneranno astronomi e astrofisici per molti anni a venire. Sorgenti galattiche, nubi di polveri interstellari, galassie esterne alla nostra, ammassi di galassie scoperti grazie alla perturbazione subita, nell'attraversarli,  dalla radiazione diffusa di fondo, costituiscono proprio quei risultati iniziali, riassunti nel primo catalogo di sorgenti compatte e in 25 lavori scientifici che compongono un numero speciale della rivista Astronomy and Astrophysics in corso di pubblicazione. Nei prossimi due anni è prevista poi la pubblicazione dei risultati di cosmologia e di fisica fondamentale che ci  permetteranno di confrontarci con le attuali teorie sulla formazione ed evoluzione dell’Universo e, in un modo o nell'altro, confermandole o smentendole, contribuiranno ad un significativo progresso del sapere. Indubbiamente, Planck, con la sua survey di tutto il cielo (ne compie una completa ogni sei mesi, sta lavorando alla terza e ce ne sarà poi una quarta e ultima, così che sommandole tutte si otterrà una mappa ancor più definita) sta producendo una mole di dati che diventerà un riferimento per una quantità sterminata di studi, per i prossimi decenni.

Planck è un grande successo della collaborazione europea tra scienziati e tecnologi, tra enti pubblici di ricerca e industria; una collaborazione finanziata e gestita dalle agenzie spaziali, l’ESA  in primis e, per quanto riguarda il contributo italiano, l’ASI. Più di 100 istituti distribuiti in 11 paesi europei (più USA e Canada) sono stati e sono coinvolti in Planck. In Italia, oltre 90 tra tecnici, tecnologi e ricercatori di vari centri di ricerca dell'INAF e di istituti universitari hanno contribuito alla costruzione, calibrazione e utilizzo di uno dei due strumenti principali di bordo, il Low Frequency Instrument (LFI). Planck è un trionfo dell'inarrestabile anelito alla conoscenza, un trionfo della ricerca di base, mai considerata abbastanza. Ne apprezzeremo l'impatto culturale e le ricadute tecnologiche negli anni a venire.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Fibrosi cistica: una persona su trenta è portatore sano. E non lo sa.

Immagine tratta dalla campagna "Uno su trenta e non lo sai" sul test del portatore sano della fibrosi cistica: persone viste dall'alto camminano su una strada, una ha un ombrello colorato

La fibrosi cistica è una malattia grave, legata a una mutazione genetica recessiva. Se è presente su una sola copia del gene interessato non dà problemi. Se però entrambi i genitori sono portatori sani del gene mutato, possono passare le due copie al figlio o alla figlia, che in questo caso svilupperà la malattia. In Italia sono circa due milioni i portatori sani di fibrosi cistica, nella quasi totalità dei casi senza saperlo. La Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica sta conducendo una campagna informativa sul test del portatore sano, che consente ai futuri genitori di acquistare consapevolezza del proprio stato.

Se due genitori con gli occhi scuri hanno entrambi un gene degli occhi chiari nel proprio patrimonio genetico, c’è una probabilità su quattro che lo passino entrambi a un figlio e abbiano così discendenza con gli occhi chiari. Questo è un fatto abbastanza noto, che si studia a scuola a proposito dei caratteri recessivi e dominanti, e che fa sperare a molti genitori con gli occhi scuri, ma nonni o bisnonni con gli occhi celesti, di ritrovare nei pargoli l’azzurro degli occhi degli antenati.