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Un laboratorio di bioetica a Bergamo

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Nel 2009 ricorrono i centocinquant'anni dalla pubblicazione de L'origine delle specie di Charles Darwin, ma non è l'unica ricorrenza importante. Il giugno 2009 infatti ha visto l'anniversario della pubblicazione del saggio di un altro, anche se meno noto, Charles: Le due culture, in cui Charles Snow denunciava l'incomunicabilità tra scienziati ed umanisti, preannunciando gravi conseguenze per lo sviluppo e la prosperità dell'uomo sulla terra.

Scriveva Snow:

"C'è una sola via per uscire dalla situazione di incomunicabilità tra le due culture e naturalmente passa attraverso un ripensamento del nostro sistema educativo[...]. La nostra istruzione scolastica è troppo specializzata".

Ciò è valido ancora di più oggi, quando per affrontare le implicazioni delle biotecnologie sulla società, sull'etica e sulla politica appare necessario un approccio interdisciplinare, una "terza cultura" (dal libro del 1995 di John Brockman) che sia in grado di mediare tra le due.

In questo spirito interdisciplinare è nata la collaborazione dal nome "Laboratorio interdisciplinare della comunicazione scientifica e delle etiche applicate", portata avanti dall'iniziativa della professoressa Simona Chinelli del liceo scientifico tecnologico Natta di Bergamo con il dottorato in "Fondamenti di scienze della vita e loro conseguenze etiche" (un programma congiunto dell'università di Milano e della scuola Europea di Medicina Molecolare, diretto dal professor Giovanni Boniolo).

L'importanza della formazione bioetica non viene sufficientemente riconosciuta in Italia. In particolare, non paiono accettabili soluzioni qualunquiste come quelle paventate da Henri Bergson, quando scriveva che "la scienza non ha la filosofia che si merita", riferendosi a due possibili casi: filosofi morali che si pronunciano in questioni bioetiche senza alcuna conoscenza scientifica di ciò di cui stanno parlando o scienziati scevri di qualsiasi competenza etica che improvvisano un'autorità e autorevolezza in materia che in realtà non hanno.

Per ovviare a questo problema è necessario formare le nuove generazioni fin dalle scuole superiori. È stata questa l'intuizione della professoressa Chinelli, che ha dato il via a un originale esperimento nella sua scuola, un "laboratorio di bioetica" appunto, con lo scopo di offrire agli studenti gli strumenti necessari per comprendere i temi della biomedicina contemporanea, partendo dalla prospettiva della pratica comunicativa. Quest'anno l'esperimento si è allargato alla cornice del Festival di Bergamo Scienza, dove due gruppi di 35 studenti avranno la possibilità unica di mettersi alla prova con casi eticamente controversi.

In una prima giornata sono offerti gli strumenti di base per capire il linguaggio della riflessione filosofica relativa alle scienze della vita, quindi si passa dalla teoria alla pratica affrontando in maniera critica, sulla base degli strumenti teorici forniti e di un modello di analisi retorica, articoli selezionati da quotidiani. I temi sono i più diversi: da scelte di inizio e fine vita (aborto, diagnosi pre-impianto e scelta di embrioni, eutanasia e suicidio assistito), alla medicina personalizzata e ai test genetici online, alla ricerca sugli embrioni umani e sulle cellule staminali embrionali, compresi i recenti sviluppi sulle cellule indotte pluripotenti.

Gli studenti quindi hanno un giorno (e una notte!) di tempo per riflettere sui casi proposti prima di iniziare la parte costruttiva del proprio lavoro, quando a piccoli gruppi simuleranno un lavoro redazionale e cercheranno in questo gioco, solo apparentemente scherzoso, di portare a termine un lavoro più corretto di quello svolto effettivamente dai giornalisti. In questo, gli studenti sono supportati e guidati dai dottorandi Folsatec Alessandro Blasimme, Paolo Maugeri e Silvia Camporesi.

Una riflessione comune sull'esperienza e in particolare sulla 'comunicazione bioeticista' concluderà i lavori del laboratorio di bioetica. Di certo, gli studenti ne usciranno con qualche strumento in più per comprendere le sfide suscitate dalla biomedicina e con una maggiore consapevolezza sulle risorse corrette con cui affrontarle. Si spera che in futuro avranno anche la curiosità per cimentarvisi autonomamente e per diventare cittadini partecipi e informati della nostra complessa società.


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