Il progetto didattico

La scienza è un patrimonio di procedure e conoscenze condivise. Ma chi affronta terreni vergini in campo scientifico sa bene che il suo operare richiede anche altri ingredienti: atteggiamenti speculativi, esperienza e fiuto, che in genere ci si costruisce da soli, sul campo, sostenuti da predisposizioni e attitudini spiccate che si ritiene riguardino solo una piccola percentuale della popolazione. La sfida consiste nel ritenere possibile allargare la base e insegnare tutti i processi mentali per la risoluzione dei problemi, apprendendo allo stesso tempo i concetti in modo significativo, anche se tutto ciò è ben più difficile che non insegnare e accertare il possesso di contenuti.

Le persone della nostra generazione ricordano la formula per ricavare il volume di una sfera, anche senza aver seguito studi superiori tecnico-scientifici. Tra gli studenti adulti di oggi nessuno (meno dell’1%) conosce tale formula, ma è proprio la mancanza di questa nozione che preclude la capacità degli studenti di determinare il raggio di una sfera di cui è noto il volume? In effetti, semplicemente inserendo le parole raggio, volume e sfera su Google appare la formula nelle poche righe della ricerca, senza neppure aprire le pagine web, e vi si trova perfino la formula inversa. Ma prima di preoccuparsi della formula c’è da verificare il possesso dei concetti di sfera, raggio e volume, quest’ultimo comprendente la certezza di trovare una lunghezza al cubo; poi c’è da accertare la capacità di ricercare, individuare le parole chiave caratteristiche di quell’argomento e la semplice convinzione che debba esistere una relazione unica e ben precisa tra raggio e volume; occorre vedere se tale relazione sia spontaneamente immaginata e ricercata nel tentativo di risolvere un determinato problema e, salendo di livello, quanta fiducia ha lo studente di potersi cimentare con successo in un problema nuovo.

Una formazione scientifica che puntasse solo all’acquisizione di conoscenze, quand’anche “utili” per il futuro cittadino, sarebbe dunque sterile.

Alfabetizzazione scientifica: l'approccio per concetti

Quanto si verifica nella scuola primaria e media determina la possibilità di raggiungere o meno l’obiettivo dell'alfabetizzazione scientifica, intesa come padronanza di atteggiamenti, processi e concetti di base. È inteso che l’alfabetizzazione scientifica non è appannaggio e arricchimento esclusivo degli ambiti tecnologico, scientifico e delle professioni, ma corredo base della globalità dell’individuo.

L'approccio per concetti

Ci sono essenzialmente due approcci, ugualmente dignitosi, per la costruzione di tali competenze “scientifiche”:

  • a. attraverso approfondimenti e ricerche su temi
  • b. con un programma per concetti, in ogni caso affrontando attività problematiche e laboratoriali.

I due approcci sono abbastanza simili, ma non sempre compatibili. Temi classici sono per esempio la “risorsa acqua”, “l’alimentazione” ecc. All’interno di questi temi possono nascere ricerche, progettazione, laboratori, acquisizione di linguaggi, concetti e atteggiamenti scientifici, cooperazione, specializzazioni in ruoli ecc.

L’approccio b, da noi preferito, si sofferma su un concetto generale alla volta, in una sequenza adeguata allo sviluppo delle capacità dei bambini (concetti di proprietà, sistema, interazione, variabile ecc.) e per ciascuno di questi propone esplorazioni e attività laboratoriali di problem solving che, partendo da diverse angolazioni e con esperienze eterogenee, stimolano l’utilizzo esplicito e in contesto dello stesso concetto generale, fino alla sua incorporazione nel linguaggio spontaneo dei bambini. La nostra preoccupazione, di carattere “propedeutico”, è di costruire gli strumenti necessari per affrontare in futuro le discipline scientifiche e non tanto di fornire “assaggi” o anteprime dei contenuti disciplinari.

Questo tipo di impostazione, ispirata allo SCIS americano degli anni 70-80, ha già dimostrato sul campo (sperimentazione “alfabetizzazione scientifica” del progetto SeT) di produrre validi risultati dal punto di visto cognitivo e affettivo.

La struttura delle unità didattiche

Per le unità didattiche si utilizza la metodologia dei cicli di apprendimento di Robert Karplus, principale ideatore dello SCIS. Ogni unità didattica si struttura su un diverso concetto chiave e prevede:

  • a. esplorazione guidata di un concetto tramite dimostrazioni della maestra o esperienze a gruppi, a coppie o individuali. Si può trattare di studiare situazioni sperimentali nuove o riprenderne alcune da un’unità svolta precedentemente, purché i bambini facciano o vedano qualcosa di concreto in aggiunta all’ascolto delle parole dell’insegnante. Se si tratta di riprendere fenomeni già osservati in precedenza, per introdurre il nuovo concetto sarà compito della maestra convogliare l’attenzione sul nuovo aspetto. Si raccomanda una disposizione a cerchio o a ferro di cavallo dei bambini e la suddivisione della classe in sottogruppi non troppo numerosi.
  • b. introduzione del concetto tramite discussione interattiva della maestra con la classe ed eventuale conversazione clinica, alla quale va fatta a seguire l’esplorazione.
  • c. applicazione del concetto: negli incontri successivi si costruisce e si rinforza il concetto tramite una sequenza di problemi sperimentali da svolgere in coppia o in gruppi di bambini, in sottounità distinte. Occorre prestare attenzione a far sì che i bambini rilevino il concetto chiave in contesti concreti completamente differenti tra loro. L’obiettivo dell’unità si può considerare raggiunto al livello minimo quando i bambini riescono a fare esempi pertinenti di applicazione del concetto; se invece riescono a trasporre il concetto, riconoscendolo da soli in situazioni nuove, il grado di raggiungimento è ottimale.
  • d. a fine unità, costruzione collettiva e individuale di mappe concettuali o altri strumenti di valutazione che comprendano comunque tutti gli ambiti coinvolti.

Dal punto di vista dell’allievo: i principi educativi generali

Adottiamo i sei principi educativi generali per l’insegnamento delle scienze nella scuola d’infanzia ed elementare dell’organizzazione francese con partner europei La main a là pâte, validi per qualsiasi progetto di educazione scientifica si voglia avviare.

  • I. I bambini osservano un oggetto o un fenomeno appartenente al loro mondo reale e percepibile e sperimentano con esso.
  • II. Durante le loro sperimentazioni i bambini argomentano e ragionano, focalizzano e discutono le loro idee e i risultati, costruiscono le loro conoscenze, poiché la sola attività manuale è insufficiente.
  • III. Le attività suggerite dall'insegnante sono organizzate in sequenze per un apprendimento progressivo. Esse sono idonee al livello dei bambini e si dedicano estensivamente a sviluppare la fiducia dei bambini in se stessi.
  • IV. Si dedica allo stesso tema una programmazione di due ore settimanali, per diverse settimane. Si garantisce continuità alle attività e ai metodi di insegnamento per tutti gli anni dell'istruzione.
  • V. Ogni bambino custodisce un fascicolo-diario degli esperimenti sul quale registrare le proprie annotazioni, con le proprie parole.
  • VI. L'obiettivo primario è l'acquisizione dei concetti scientifici e delle tecniche operative da parte del bambino, di pari passo con il consolidamento dell'espressione scritta e orale.

(Da http://lamap.inrp.fr, corsivi e traduzione nostri)

L'organizzazione della comunità di pratiche

Il gruppo di Scienza in rete mette a disposizione i propri tutor ed esperti per incontri di formazione, preparazione di segmenti di programmazione e occasionali compresenze in classe a supporto delle esperienze (almeno per le scuole vicine).

La formazione per gli insegnanti

A seconda delle richieste e delle necessità, la formazione riguarda:

  • il supporto nella programmazione e la costituzione del laboratorio scientifico con “mezzi di fortuna” e “materiale povero”; il supporto comprende suggerimenti sull’utilizzo di tale materiale per l’attuazione delle esperienze, con dimostrazioni (in presenza)
  • la formazione di base su specifici argomenti scientifici, per esempio il concetto di modello, di forma vivente, di energia (online o in presenza)
  • l'utilizzo degli strumenti di rete (online tramite referente o in presenza)
  • l'utilizzo in didattica delle mappe concettuali (online e/o in presenza).

Il ruolo delle tecnologie di rete

L’attuazione delle unità e delle esperienze proposte nel percorso seguente non è sufficiente, da sola, a garantire la costituzione di una comunità di sperimentazione didattica.
Perciò agli insegnanti che parteciperanno alla costruzione di percorsi didattici o alla formazione richiediamo l’utilizzo di tecnologie di rete per documentare il percorso e partecipare alla discussione, uscendo dal rapporto limitato tutor-singolo insegnante.
La discussione, che va dal problema di cosa fare il giorno dopo al come utilizzare un manuale scolastico, dovrà essere estesa a tutto il team di insegnanti della scuola e utilizzare il forum riservato alla singola scuola, che sarà appositamente approntato. Tutti gli spunti di discussione interessanti saranno postati anche nel forum generale ad accesso pubblico o dal webmaster, con il consenso del referente, o dallo stesso insegnante. L’utilizzo dell’email dovrà essere limitato alle questioni non riferibili né alla formazione, né alla didattica, né all’organizzazione.

Le ragioni di questa impostazione sono evidenti: per costruire la comunità occorrono interazioni, condivisione e confronto. Questi stessi ingredienti sono necessari per costruire nuove idee e migliorare le pratiche. Infatti, anche se di seguito proponiamo un repertorio di esperienze, dobbiamo avvisare che tale raccolta è stata costruita attraverso interazioni con i bambini e grazie a esperienze dirette in classe e che tale processo di ideazione non solo non si dovrà interrompere, ma dovrà anche assumere un maggior grado di partecipazione e condivisione.

La documentazione del percorso didattico

La documentazione del percorso didattico e dei processi attivati prevede:

  • la redazione di un diario di bordo che rispecchi la dinamica dell’interazione tra la maestra e la classe, riporti gli interventi più significativi dei bambini, le riflessioni e le scelte didattiche e operative, le mappe concettuali prodotte e i risultati delle verifiche. L’esperienza insegna che tale diario è estremamente utile e che va fatto “a caldo”
  • il passaggio in digitale dei testi, delle immagini (leggere) o dei video (brevi) rilevanti, l’adattamento alla scheda (o alle schede) di documentazione e la pubblicazione in rete negli spazi previsti (suscettibili di cambiamento nel tempo).

All’inizio dell’attività occorre inserire una breve presentazione della scuola, che riporti:

  • le motivazioni per l’adesione al progetto
  • le aspettative derivanti dalla partecipazione alla comunità di pratiche
  • le classi e insegnanti coinvolti
  • gli altri progetti svolti dalla scuola, specie se affini all’alfabetizzazione scientifica
  • le email dei referenti e della scuola (se scaricate quotidianamente)
  • l'eventuale sito internet della scuola
  • le altre informazioni sulla scuola e sul contesto in cui si svolge il progetto, compresa la programmazione delle attività di supporto svolte anche negli altri ambiti.