fbpx "Scegliamo di andare sulla Luna”: sessant'anni dal discorso di Kennedy a Houston | Scienza in rete

«Scegliamo di andare sulla Luna»: sessant'anni dal discorso di Kennedy a Houston

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Sessant'anni fa, nel settembre 1962, l'allora presidente statunitense JF Kennedy tenne un discorso a una platea di 40.00 persone, passato alla storia con il titolo We choose to go to the Moon: spiegò che avevano scelto d'investire nelle spedizioni spaziali, individuando la Luna come meta, per vincere la competizione pacifica dell'esplorazione dello Spazio. Lo racconta l'astrofisica Patrizia Caraveo, in questo articolo apparso su Il Sole 24 Ore che qui ripubblichiamo.

Crediti immagine: NASA on the Commons/Wikimedia Commons 

Siamo a Houston, in Texas, è il mattino del 12 settembre 1962. Lo stadio della Rice University si sta riempiendo perché alle 10 parlerà il Presidente Kennedy. Oltre agli studenti universitari, che stanno per iniziare l’anno accademico, ci sono tutti quelli delle scuole di Houston che sono arrivati con una colonna di autobus. Il tempo è bellissimo e fa decisamente caldo, ma l’occasione è storica. Alla fine saranno circa 40.000 e il colpo d’occhio davanti al podio del presidente è impressionante. Kennedy è venuto in Texas per visitare la sede del centro per il volo umano che è in costruzione a Houston. La location è stata selezionata grazie ai buoni uffici del vice-presidente texano Lyndon Johnson, un entusiasta sostenitore della corsa allo spazio sempre molto attento a fare arrivare importanti ricadute nel suo collegio elettorale. È stato lo staff del Presidente a proporre all’università di tenere un discorso nello stadio davanti agli studenti per spiegare perché gli Stati Uniti abbiano deciso di investire nello spazio. Forse Kennedy, dopo la survey Gallup che dimostrava che il 58% degli americani non erano entusiasticamente a favore dei piani di esplorazione della Luna, aveva bisogno di un bagno di folla.

Il discorso, oggettivamente bellissimo, è passato alla storia con il titolo We choose to go to the Moon.

È considerato un capolavoro di oratoria durante il quale, in poco meno di 20 minuti, il presidente tocca il tema dell’esplorazione dello spazio come terreno di competizione pacifica dove gli Stati Uniti possono affermare la loro leadership mondiale. Guardando il video su YouTube, si capisce che Kennedy, sempre un ottimo oratore, doveva essere in uno stato di grazia. Evidentemente gli piaceva il testo che gli era stato preparato e sul quale aveva fatto alcuni appunti e la sua sensibilità di uomo politico rispondeva alle reazioni del pubblico giovane ed entusiasta.

Sotto un sole impietoso, mentre le autorità sedute alle spalle del presidente, si asciugano il sudore e si sventagliano in modo scomposto, Kennedy non fa una piega e guarda negli occhi il pubblico. Sono loro il futuro della nazione e il presidente li vuole convincere dell’importanza dello spazio.

Navighiamo in questo nuovo mare, perché ci sono nuove conoscenze da acquisire, nuovi diritti da conquistare e questi devono essere vinti e utilizzati per il progresso di tutto il genere umano. La scienza spaziale, come quella nucleare, e tutte le tecnologie non ha coscienza di sé. Farla diventare una forza al servizio del bene oppure del male dipende dall’uomo, e solo se gli Stati Uniti occuperanno una posizione di preminenza potremo contribuire a decidere se il nuovo oceano sarà un mare di pace o un nuovo terrificante teatro di guerra. Non dico che noi non ci proteggeremo contro l’utilizzo ostile dello spazio, così come ci proteggiamo nel caso di utilizzo ostile del mare o della terra, ma dico che lo spazio può essere esplorato e conquistato senza guerre, senza ripetere gli errori fatti nell’estendere il controllo sul nostro globo.

Al momento, non c’è conflitto, pregiudizio o lotta nazionale nello spazio. I suoi pericoli lo rendono un ambiente ostile per tutti. La sua conquista richiede il meglio del genere umano, e le opportunità che offre per una cooperazione pacifica potrebbero non tornare mai più. Ma, qualcuno si chiede, perché la Luna? Perché abbiamo scelto questo come il nostro obiettivo? Ci si potrebbe chiedere perché scalare le più alte montagne? Perché, 35 anni fa, attraversare l’Atlantico in aereo? Perché la squadra della Rice si batte contro quella del Texas?

È una frecciata scherzosa, aggiunta all’ultimo momento, dove si fa riferimento alla rivalità tra la squadra di football locale e quella (molto più forte) del Texas che la batteva sistematicamente. È un “trucco” oratorio per svegliare l’attenzione della platea perché sta per arrivare la frase storica.

We choose to go to the Moon, dice il Presidente, si ferma un attimo e lo ripete tra le ovazioni del pubblico.

Abbiamo scelto da andare alla Luna in questa decade, e di fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili, perché questo obiettivo servirà per organizzare e misurare il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché questa sfida è quella che noi siano disposti ad accettare, quella che non siamo disposti a posporre, e quella che vogliamo vincere, insieme alle altre.

Con il senno di poi, la sfida era al limite della follia: i sovietici erano decisamente più avanti e il programma spaziale americano era tutto da inventare. Kennedy aveva capito che la vittoria si sarebbe giocata sul piano dei finanziamenti e aveva già ottenuto dal Congresso uno straordinario aumento del budget della NASA. È evidentemente orgoglioso di questo risultato che avrebbe riversato nelle casse dell’Agenzia il 4% del budget federale, un livello che non è mai più stato neanche lontanamente uguagliato. È una storia che ho raccontato nel mio libro Conquistati dalla Luna (Raffaello Cortina, 2019) perché i grandi progetti hanno bisogno di un costante supporto politico che assicuri i finanziamenti necessari. Kennedy sa che la cifra è alta ma fa notare che è meno di quanto gli americani spendano per fumare. Un altro tocco di realtà per fare capire che la corsa alla Luna non peserà sulle tasche dei cittadini americani, ma, al contrario, sarà un volano di crescita.

Che effetto fece il messaggio del Presidente sui ragazzi che lo stavano ascoltando? Non sappiamo quanti degli studenti presenti decisero che lo spazio sarebbe stato il loro futuro. Di sicuro, le attività collegate alla ricerca spaziale trasformarono Houston in una grande metropoli.

Per ricordare il sessantesimo anniversario di questo storico discorso, l’Università Rice, insieme alla NASA, organizza una serie di eventi che sono culminati il 12 settembre con il discorso dell’amministratore della NASA Bill Nelson nello stadio dove parlò Kennedy 60 anni fa. Nelson non ha avuto un compito facile. Benché non sia un principiante e abbia una brillante carriera politica alle spalle, compreso un volo sullo Shuttle, si è dovuto confrontare, in diretta streaming sui canali NASA, con una leggenda. Se tutto fosse andato secondo i piani, la celebrazione si sarebbe tenuta mentre la missione Artemis 1 raggiungeva la Luna nel primo volo di test. Purtroppo una pericolosa perdita di idrogeno durante il riempimento del serbatoio del mastodontico Space Launch System ha fatto rimandare il lancio. Questo contrattempo ci permette di concentrare l’attenzione solo sul discorso, un pezzo di bravura straordinariamente attuale che potrebbe insegnare una cosa o due ai nostri politici, incapaci di pensare in grande.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il dubbio e il desiderio

--