fbpx C come cancro. E come carne | Scienza in rete

C come cancro. E come carne

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

La carne lavorata è cancerogena, la carne rossa non lavorata potrebbe esserlo.
Questo il risultato della nuova monografia dello IARC di Lione, l’Agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che valuta la cancerogenicità delle sostanze. Al di là delle reazioni scontate (i vegetariani che esultano, gli amici della fiorentina che imprecano, gli oncologi intervistati sull’onda della notizia che minimizzano) cosa aggiunge il verdetto dello IARC a quanto già si sapeva? Poco sul lato pratico, molto su quello scientifico.
Da almeno dieci anni tutti i nutrizionisti si adoperano a consigliare un consumo moderato di carni rosse, e soprattutto di insaccati e scatolette, che parevano aumentare il rischio di alcuni tumori, oltre che di malattie cardiovascolari e diabete. Consigli ragionevoli, insomma, basati su alcuni studi. Non mancavano però diatribe e polemiche intorno alla certezza dei dati.

Di bello lo IARC ha questo: prende un pool di esperti che non hanno conflitti di interesse con l’argomento da trattare, e revisiona tutti gli studi più importanti. In questo caso 800. La monografia che ne esce, di solito dopo parecchi mesi di lavoro, è molto più solida dei singoli studi tirati da una parte e dall’altra nelle dispute.
Risultato: la carne rossa, come il bovino, il montone e il capretto, viene classificata dallo IARC come 2A: “probabile cancerogeno per gli umani”. La carne lavorata invece – hot dog, salumi, salsicce, carne in scatola e biltong (carne speziata, essiccata, marinata a di solito tagliata in striscioline, comune nell’Africa del Sud) – appartiene alla categoria 1: “cancerogena per gli umani”. Senza il forse.

Come a dire che se per la carne rossa le prove a disposizione sono limitate e lasciano qualche margine all’errore, nel caso della carne lavorata questo margine non c’è. Per fare un paragone, nella classe 2A troviamo a fare compagnia alla carne rossa, l’erbicida glifosato, l’inquinamento da biomassa e le radiazioni ultraviolette. Nella categoria 1 il tabacco e l’amianto. E i fumi da Diesel.
Mangiare carne aumenterebbe il rischio di contrarre un tumore al colon-retto, oppure, con minore certezza, al pancreas o alla prostata.
Difficile stabilire con chiarezza il perché di questo legame: la maggioranza degli studi esaminati, infatti, stabilisce correlazioni statistiche fra consumi e mortalità, mentre le indagini sui meccanismi sono più volatili. Le cause possono stare nella carne stessa (per esempio il contenuto di ferro da proteine animali), oppure nei metodi di cottura, soprattutto ad alte temperature, dove si sviluppano sostanze come gli idrocarburi policlicli aromatici, presenti anche nell’inquinamento. Oppure ancora nei metodi di conservazione. Difficile capire. Nel dubbio, suggerisce l’OMS, moderazione.

Ma quanto fa male mangiare carne? Infinitamente meno che esporsi ad amianto, e molto meno che fumare. La dimensione del rischio - che poi è l’unica cosa che conta - è infatti ben diversa. Per intenderci, se noi mangiassimo una media giornaliera di 50 grammi di carne lavorata avremmo un rischio aumentato di contrarre un tumore al colon-retto del 18%. Per 100 grammi di carne rossa quotidiani, invece, l’aumento sarebbe del 17%. Chi fuma un pacchetto di sigarette al giorno da vent’anni ha un rischio aumentato di prendersi un tumore al polmone del 1000%.

Anche in termini assoluti la differenza balza all’occhio: secondo il recente rapporto “Global Burden of Disease”, ogni anno nel mondo si stimano 34.000 morti attribuibili a una dieta ricca di carni trasformate, 200.000 da inquinamento dell’aria, 600.000 da alcol, un milione da fumo di tabacco (solo per cancro). Mangiar carne quindi espone a un rischio basso a livello individuale, ma, visto il gran numero di persone nel mondo che mangiano carne lavorata, significativo in termini di salute pubblica” spiega il direttore della monografia IARC Kurt Straif.
Anche il direttore dello IARC Christopher Wild ha voluto rilasciare una dichiarazione, visto il prevedibile panico scatenato dallo studio: “I nuovi risultati confermano i consigli di ridurre  i consumi di carne. Certo la carne rossa ha un valore nutrizionale importante; quindi il nostro è un invito ai governi e alle agenzie sanitarie a tener conto nelle future raccomandazioni alimentari del bilanciamento fra rischi e benefici di una dieta a base di carne rossa”.

Fonte:
IARC Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat 

Pubblicata anche sul Fatto Quotidiano il 27 ottobre 2015

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Biodiversità urbana: com'è cambiata e come proteggerla

Anche le metropoli possono essere ambienti ricchi di specie: secondo un recente studio sono ben 51 le specie di mammiferi che vivono a Roma, alcune di esse sono specie rare e protette. Nel corso degli ultimi due secoli, però, molte specie sono scomparse, in particolare quelle legate alle zone umide, stagni, laghetti e paludi, habitat importantissimi per la biodiversità e altamente minacciati.

Nella foto: Parco degli Acquedotti, Roma. Crediti: Maurizio.sap5/Wikimedia Commons. Licenza: CC 4.0 DEED

Circa la metà della popolazione mondiale, vale a dire ben 4 miliardi di persone, oggi vive nelle città, un fenomeno che è andato via via intensificandosi nell’epoca moderna: nell’Unione Europea, per esempio, dal 1961 al 2018 c’è stato un costante abbandono delle zone rurali e una crescita dei cittadini, che oggi sono circa i