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2 novembre 2018
a cura di Chiara Sabelli
Uno schema della pelvi femminile. Incisione in un manuale di ostetricia. Credit: Wellcome Images / Wikipedia. Lincenza: CC BY 4.0.
Un articolo pubblicato sui Proceedings della Royal Society B mette in discussione quello che sappiamo sulla forma delle ossa del bacino femminile. Gli studi condotti finora si erano concentrati solo sulle donne europee e avevano sostanziato l'ipotesi che la dimensione del bacino si fosse ridotta per motivi evolutivi, per favorire cioè la posizione eretta (questa ipotesi è all'origine del cosiddetto "dilemma ostetrico"). Queste conoscenze hanno inoltre determinato la pratica ostetrica al momento della nascita, descrivendo la rotazione che il feto deve compiere per attraversare il canale del parto. Potrebbe essere questo uno dei motivi per cui le complicazioni durante il parto sono più frequenti tra le donne nere rispetto alle bianche. I ricercatori hanno analizzato i resti di 348 donne risalenti a epoche variabili tra 2000 anni a.C. e il secolo scorso, osservando grande variabilità a seconda della regione di provenienza, più di quanto non accada per la lunghezza degli arti o di altre parti del corpo. Lo studio sembra indicare che la forma del bacino femminile sia frutto di fluttuazioni casuali dei geni, più che il risultato del processo di selezione naturale, e suggerisce un approccio più "personalizzato" alla nascita. Nell'immagine: uno schema della pelvi femminile. Incisione in un manuale di ostetricia. Credit: Wellcome Images / Wikipedia. Licenza: CC BY 4.0.
DOVE RESPIRARE FA MALE
Il 98% dei bambini sotto i 5 anni in Italia è esposto a livelli di particolato sottile (PM 2.5) superiori a quelli considerati sicuri dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La media mondiale è del 93%. Nel 2016 l'inquinamento dell'aria ha causato la morte prematura di 4,2 milioni di persone, di cui 300 000 bambini sotto i 5 anni. Questi i dati inquietanti contenuti nel rapporto "Air Pollution and Child Health" pubblicato il 29 ottobre e presentato in occasione della prima Conferenza globale sull’inquinamento dell’aria e la salute che si è conclusa ieri a Ginevra. [World Health Organization; Air Pollution and Child Health]

La Cina si trova davanti a scelte difficili: riportare i livelli di inquinamento dell'aria sotto i valori di guardia continuando a far crescere la sua economia. Nel 2016 la città di Shijiazhuang, capitale della provincia settentrionale di Hebei a 300 chilometri da Pechino, si è classificata quattordicesima nella lista delle città più inquinate del mondo secondo l'OMS. Nelle prime 25 posizioni si trovano altre quattro città della stessa provincia. Shijiazhuang ospita i maggiori centri di produzione di acciaio del Paese, la maggior parte dei quali sono alimentati a carbone. Tra marzo 2017 e aprile 2018 la concentrazione di PM 2.5 ha periodicamente superato il valore di 250 µg/m3, la soglia di pericolo secondo l'OMS. L'incidenza delle malattie croniche ostruttive polmonari è molto elevata nella regione. Per rispettare il piano per l'ambiente varato a luglio (che impone di ridurre i consumi di carbone del 10%) e contemporaneamente contribuire alla crescita del Paese (la Cina punta a raddoppiare il suo PIL tra il 2010 e il 2020), gli amministratori locali hanno richiesto alle centrali e alle fabbriche di rallentare la produzione e di pianificare una serie di chiusure per installare la tecnologia necessaria a ridurre le emissioni. I trasgressori sono stati puniti con multe fino a 350 mila dollari. Ai cittadini è stato vietato l'uso delle stufe a carbone. Il divieto è stato revocato quando la popolazione ha protestato: il carbone resta l'unico modo per scaldarsi per migliaia di cinesi a causa della limitata fornitura di gas naturale. [Undark Magazine; Xiaoxue Chen]

Delle 10 città più inquinate secondo l'OMS, nove sono in India. L'imprenditore indiano Jai Dhar Gupta ha visto i suoi profitti aumentare rapidamente: la sua società, Nirvana Being, vende online mascherine contro l'inquinamento. Negli ultimi quattro anni gli ordini sono passati da duecento a migliaia al giorno. Colpa dell'aria sempre più inquinata di quasi tutte le città indiane. Le cause sono diverse. Da una parte gli agricoltori del Punjab bruciano i rifiuti agricoli per preparare i campi per la stagione successiva, i venti spingono il fumo 200 miglia a sud e coprono i cieli di Nuova Delhi. Dall'altra la costruzione di nuove infrastrutture e palazzi viene condotta senza rispettare le regole che limitano l'inquinamento. Il Governo indiano ha preso dei provvedimenti per limitare queste pratiche, ma fatica a farli rispettare. [The New York Times; Kai Schultz, Jeffrey Gettleman, Hari Kumar and Ayesha Venkataraman]

IL FUTURO QUANTISTICO
Annunciati a Vienna i primi progetti finanziati nell'ambito della Quantum Flagship della Commissione Europea. 132 milioni assegnati a 20 consorzi internazionali per realizzare, nei prossimi tre anni, dei prototipi che mostrino la maturità tecnologica di certe applicazioni quantistiche. Il programma distribuirà in tutto un miliardo di euro, una cifra che per molti laboratori non farà la differenza. Ma alcuni ricercatori sono convinti che questi finanziamenti saranno fondamentali a costruire reti di collaborazione in Europa. Nel frattempo la Germania ha annunciato un piano di investimenti di 650 milioni di euro, e il Congresso deli Stati Uniti sta considerando la possibilità di stanziare 1,2 miliardi di dollari per il quantum computing. Il Regno Unito è stato un precursore, con 370 milioni di euro dedicati al National Quantum Technologies Programme nel 2014. Sembra, infine, che la Cina costruirà un centro di ricerca multimiliardario dedicato al quantum computing nella città di Hefei. [Nature; Davide Castelvecchi]

Su Nature Physics è stata dimostrata l'affidabilità di un metodo, finora considerato solo empirico, per dimostrare la quantum supremacy, ovvero la capacità di un computer quantistico di risolvere un problema computazionale che sarebbe impossibile da affrontare con un computer classico in un tempo ragionevole. Lo studio, guidato da Umesh Vazirani di UC Berkeley, ha mostrato che il metodo del random circuit sampling ha solide basi nella teoria della complessità computazionale. Potrebbe dunque diventare lo standard per stabilire la superiorità di un sistema quantistico rispetto a uno classico. Questo stesso metodo viene utilizzato dai ricercatori di Google per dimostrare la quantum supremacy del nuovo chip Bristlecone, contenente 72 q-bit, presentato a marzo di quest'anno. I risultati su Brisltecone dovrebbero arrivare entro la fine dell'anno e il coordinatore del gruppo si è dichiarato ottimista. [Berkeley News; Sarah Yang]

RICERCA E SOCIETÀ
Un'analisi dei dati raccolti da RetractionWatch suggerisce che la pratica di ritirare un articolo scientifico potrebbe essere il sintomo di una crescente capacità di autoregolamentazione della comunità scientifica. Sono oltre 10 500 gli articoli ritirati analizzati da Science, attingendo al database del blog RetractionWatch negli ultimi 15 anni e reso pubblico la scorsa settimana. Il numero di articoli ritirati è in costante aumento, ma cresce più lentamente rispetto al numero di articoli pubblicati. A partire dal 2012 vengono ritirati circa 4 articoli ogni 10 000 pubblicazioni. Inoltre il numero di riviste che ritirano articoli è cresciuto notevolmente, sintomo di un cambiamento delle pratiche editoriali. Il team di Science ha inoltre osservato che un numero relativamente piccolo di autori è responsabile di una parte sostanziale delle ritrattazioni. Infine il 40% delle pubblicazioni contenute nel database non sono state ritirate a causa di frodi scientifiche o cattiva condotta, ma per errori o problemi di riproducibilità. [Science; Rethinking retractions]

L'identificazione di un soggetto grazie al suo DNA è resa sempre più facile dai database di alberi genealogici e dati genetici. Due studi pubblicati su Science e Cell all'inizio di ottobre mostrano che la nostra privacy è a rischio a causa di raccolte di dati come GEDmatch, che oggi contiene il profilo genetico e l'albero genealogico di oltre un milione di persone. Lo studio pubblicato su Science, coordinato dal genetista Yaniv Erlich, mostra che per i residenti negli Stati Uniti con discendenza europea c'è una probabilità del 60% che un cugino di terzo grado o meno appaia nel database di MyHeritage, una delle maggiori società di test genetici direct to consumer che Erlich dirige. Una percentuale analoga vale per GEDmatch, che invece è liberamente accessibile. Utilizzando poi informazioni come età e sesso, i ricercatori hanno trovato che è possibile risalire con una bassa percentuale di errore all'identità di una persona che non ha mai condiviso i suoi dati genetici, a partire da un campione del suo DNA. Sulla rivista Cell viene invece riportata una ricerca, coordinata da Noah Rosenberg della Stanford University, che mostra che è possibile stabilire dei legami tra database genetici mantenuti dalle forze dell'ordine e quelli di natura genealogica. Il motivo è che le informazioni contenute nel cosiddetto junk DNA possono essere utilizzate per predire le parti codificanti del genoma. [Le Monde; Catherine Mary]

Le 548 tonnellate di cannabis sequestrate in Europa nel 2016 rappresentano il 70% delle sostanze stupefacenti requisite nel nostro continente in quell'anno. Segue la cocaina (80 tonnellate), mentre l'eroina, in calo fino al 2014, si è stabilizzata sulle 4,3 tonnellate . Questi i dati contenuti nella Relazione europea sulla droga 2018, pubblicata dallo European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction, l’agenzia UE di monitoraggio sul consumo e la diffusione delle droghe d’abuso. Parallelamente si evolvono anche i metodi per testare la presenza di sostanze nei campioni biologici, dall'analisi delle urine fino a quella del capello, un vero e proprio magazzino di informazioni. [Scienza in rete; Valentina Meschia, Anna Romano]

Esordisce su Scienza in rete la Rubrica “Vero o Falso” di Ernesto Carafoli ed Enrico Bucci. La prima puntata riguarda la datazione della Sindone. Ma più che rispondere a un quesito di cui si conosce già la risposta (l’origine medievale della Sindone) gli autori vogliono spostare il dibattito sulla ricerca storica e scientifica sull’uso e sul significato delle reliquie dall’epoca medioevale o addirittura paleocristiana in poi, con i contributi dei due studiosi di reliquie Francesco Veronese e Andrea Nicolotti. [Scienza in rete; Enrico Bucci, Ernesto Carafoli]

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