All’alba di sabato 23 aprile il Parlamento europeo insieme al Consiglio dell’Unione Europea ha pubblicato il suo rapporto sul Digital Services Act (DSA), il regolamento proposto un anno fa dalla Commissione europea per regolare i servizi digitali che agiscono come intermediari tra i cittadini dell’Unione e prodotti, contenuti o servizi. Si tratta delle piattaforme per gli acquisti online, dei social network o dei motori di ricerca. Nell’ambito del DSA rientra anche l’utilizzo di algoritmi da parte delle istituzioni pubbliche, come forze dell’ordine, tribunali, amministrazioni e servizi sanitari.
«Insieme a Dragoş Tudorache abbiamo lavorato per inserire nella bozza i punti su cui c’era già un forte accordo», ha dichiarato Brando Benifei, europarlamentare socialdemocratico durante l’AI summit organizzato da POLITICO poche ore prima che il documento venisse pubblicato. Benifei è relatore della proposta di regolamento insieme all’eurodeputato rumeno Tudorache del gruppo liberale Renew Europe.
La novità più grande introdotta dal Parlamento è la messa al bando dei sistemi di polizia predittiva. «Ci sono altri punti su cui non abbiamo raggiunto un accordo ma che intendiamo discutere in questa ultima fase di revisione. Tra questi c’è la possibilità di introdurre ulteriori restrizioni sull’uso di algoritmi per la sorveglianza in luoghi pubblici». Benifei si riferisce all’uso di tecnologie biometriche per il riconoscimento facciale, un argomento che già un anno fa era stato molto controverso. Gli attivisti per i diritti digitali avevano infatti criticato la scelta del termine “identificazione” al posto di “riconoscimento”. La prima bozza prevedeva infatti che le forze dell’ordine non potessero usare sistemi di sorveglianza negli spazi pubblici per individuare per esempio persone sospettate di aver commesso un crimine, ma lasciava spazio alla possibilità di usarli per riconoscere comportamenti anomali allo scopo di individuare e sventare attentati o atti di violenza.
«La scelta di usare “identificazione” e “non riconoscimento” è motivata dal criterio per cui gli utilizzi vietati sono solo quelli che non presentano, allo stato attuale, alcun potenziale beneficio», ha risposto Kilian Gross, responsabile dello sviluppo e del coordinamento delle politiche in materia di intelligenza artificiale all’interno del direttorato generale su reti di comunicazione, contenuti e tecnologie della Commissione. «Per esempio, gli algoritmi che permettono il riconoscimento delle emozioni possono essere utili a persone con disabilità visive per interagire meglio con la loro controparte».
Gross ha poi ribadito che questa scelta è in linea con l’impianto generale del regolamento che prevede la classificazione degli algoritmi in base al rischio che il loro uso pone per la salute, la sicurezza e i diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione. «Per esempio, l’impiego di algoritmi per il riconoscimento delle emozioni nella selezione del personale è ad alto rischio perché contribuisce a decisioni che hanno un grande impatto sulla vita delle persone e dunque deve essere vigilato con la massima attenzione».
Questo approccio, secondo Gross, garantisce che il regolamento difenda i diritti fondamentali dei cittadini favorendo allo stesso tempo l’innovazione digitale.
Secondo Benifei un altro elemento centrale per favorire l’innovazione è quello di evitare l’incertezza legale. «Per questo abbiamo cercato di allineare il DSA con il GDPR», il regolamento sulla gestione e l’elaborazione dei dati personali promulgato nel 2016.
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