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10 ottobre 2021
a cura di Chiara Sabelli
Buona domemica,
questa settimana abbiamo parlato con l'epidemiologa Stefania Salmaso dell'opportunità di somministrare un richiamo dei vaccini anti-Covid-19 alla popolazione generale, partendo dal parere espresso lunedì da EMA e dai primi dati italiani sulla tenuta nel tempo della protezione offerta dai vaccini nel tempo. Poi, una selezione di notizie dai giornali di tutto il mondo e gli ultimi aggiornamenti su Covid-19.
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COSA FARE CON IL RICHIAMO?
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Sergio Cima/Scienza in rete (CC BY 2.0).

L'8 ottobre, il Ministero della Salute ha emesso una circolare con cui ha esteso a tutti gli over 60 la raccomandazione per il richiamo ai vaccini anti-Covid-19 da somministrare ad almeno sei mesi dalla seconda dose. La decisione arriva a due giorni dalla pubblicazione del quarto rapporto sull’efficacia dei vaccini da parte dell'Istituto Superiore di Sanità, che però ha rilevato una diminuzione dell'efficacia solo nelle popolazioni vulnerabili e, leggermente, tra gli over 80. Per questi due gruppi, il Ministero aveva già dato indicazione il 14 e il 27 settembre della necessità di ricevere una terza dose per completare il ciclo vaccinale e una dose di richiamo, rispettivamente.

L’analisi dell'Istituto è basata su 29 milioni di persone vaccinate tra il 27 dicembre 2020 e metà agosto 2021. Le notizie sono buone: nella popolazione generale non si osserva, a sei mesi dalla somministrazione della seconda dose, una riduzione significativa dell’efficacia dei vaccini nell’evitare l’infezione (89%) il ricovero in reparto ordinario o in terapia intensiva (96%) e la morte (99%). Una flessione nella protezione conferita dai vaccini si osserva solo nei gruppi con sistema immunitario debole (passa dal 75% al 52% a 4-7 mesi dalla seconda dose) e nelle persone sopra gli 80 anni e i residenti delle RSA (resta comunque superiore all’80% a 7 mesi dalla seconda dose).

L’analisi ha anche confrontato l’efficacia dei vaccini nella fase epidemica dominata dalla variante Alfa con quella dominata dalla variante Delta. Come osservato anche in altri paesi, i vaccini sembrano perdere forza contro la Delta rispetto alla Alfa: l’efficacia nell’evitare l’infezione passa dall’84% al 67%. Tuttavia, la protezione verso la malattia grave resta molto elevata in entrambi i periodi, 92% nella fase dominata da Alfa e 89% nella fase dominata da Delta. Difficile dire, sottolineano i ricercatori dell’Istituto, se la perdita di efficacia sia dovuta a un declino dell’immunità nel tempo, soprattutto nella popolazione vaccinata all’inizio della campagna, oppure a un’abilità biologica della variante Delta di evadere parzialmente la risposta immunitaria suscitata dai vaccini che, ricordiamo, sono stati formulati sulla base del ceppo virale circolante a Wuhan all’inizio della pandemia.

Lunedì l’Agenzia europea del farmaco (EMA) ha espresso il suo parere riguardo l’opportunità di somministrare una terza dose come richiamo nella popolazione generale. EMA ha confermato che è raccomandata la somministrazione della terza dose a 4 settimane dalla seconda nelle persone con sistema immunitario debole e deve essere intesa come completamento del ciclo vaccinale primario, mentre ha lasciato alle autorità sanitarie nazionali la decisione sul richiamo nella popolazione generale, dichiarando solo che la sua somministrazione a sei mesi di distanza dalla seconda è sicura.

Ne abbiamo parlato con Stefania Salmaso, epidemiologa delle malattie infettive, fino al 2015 a capo del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (CNESPS) dell’Istituto Superiore di Sanità.

Come legge i nuovi dati dell’Istituto Superiore di Sanità rispetto alla necessità di una dose di richiamo per la popolazione generale nel nostro paese?

I dati dell’Istituto ci dicono che per ora funziona ancora tutto, la protezione dei vaccini non sembra diminuire a sette mesi di distanza dalla seconda dose. Non vedo quindi l’urgenza di programmare la somministrazione della dose di richiamo per la popolazione generale. Discorso diverso vale per le persone immunocompromesse, per cui è già in corso la somministrazione della terza dose che serve a suscitare la risposta immunitaria in coloro che non l’avevano sviluppata dopo e prime due dosi. In questo senso è un vero e proprio completamento del ciclo vaccinale primario.

Altri paesi, come Israele, stanno somministrando il richiamo a tutta la popolazione già da qualche mese. Cosa ne pensa?

Siamo in una situazione molto diversa rispetto all’inizio della campagna vaccinale del dicembre 2020 e anche la situazione epidemiologica è molto disomogenea in questo periodo. Israele è stato il primo paese a osservare un declino nell’efficacia dei vaccini, tra l’altro di intensità superiore a quello rilevato per esempio in Gran Bretagna o negli Stati Uniti. Questo potrebbe essere dovuto a una varietà di fattori. Israele ha avviato con grande velocità la sua campagna di vaccinazione, ma la copertura a un certo punto si è fermata al 70%. In più, proprio sulla scorta del successo della campagna, prima dell’estate sono state rilassate le misure di distanziamento sociale e sugli spostamenti, anche internazionali. Poi c’è stata la variante Delta. In questo momento l’epidemia in Italia sembra piuttosto sotto controllo, quindi io non correrei a vaccinare tutti di nuovo. Piuttosto, abbiamo parte degli over 50 e dei ragazzi ancora da raggiungere con le prime dosi. Continua a leggere su Scienza in rete


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