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8 settembre 2021
a cura di Chiara Sabelli
Buon sabato,
questa settimana parliamo di uno studio che ha coinvolto 28 milioni di cittadini europei e ha concluso che l'inquinamento dell'aria aumenta la mortalità anche sotto i livelli limite imposti dalle diverse agenzie internazionali. In particolare, anche concentrazioni di biossido di azoto ben al di sotto del limite imposto dall'Unione Euoropea sarebbero dannose per la salute umana. Poi, una selezione di notizie dai giornali di tutto il mondo e gli ultimi aggiornamenti su Covid-19.
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INQUINAMENTO DELL'ARIA: ANCHE SOTTO I VALORI LIMITE DANNEGGIA LA SALUTE
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Guilhem Vellut (CC BY-SA 4.0).

Anche livelli di inquinamento dell’aria al di sotto dei limiti indicati dall’Unione Europea, dall’agenzia di protezione ambientale statunitense EPA e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità aumenterebbero nel lungo termine il rischio di morire e di sviluppare una serie di malattie respiratorie e cardiovascolari. In particolare, anche basse concentrazioni di biossido di azoto rappresenterebbero una minaccia per la salute umana.

Sono i risultati di uno studio pubblicato questa settimana dal progetto europeo ELAPSE (e parzialmente anticipati all’inizio del mese in un articolo sul British Medical Journal), che si è concentrato sull’associazione tra inquinamento dell’aria e incidenza della mortalità e di una serie di patologie analizzando i dati relativi a 28 milioni di cittadini residenti in sette paesi europei per circa 20 anni, dal 1990 al 2010.

Mentre l’impatto negativo del particolato sottile (PM 2.5) anche a basse concentrazioni era stato già indicato da due studi condotti negli Stati Uniti e in Canada e pubblicati nel 2019, il rischio associato a concentrazioni di biossido di azoto tra 10 e 40 microgrammi al metro cubo (il limite indicato dall’OMS), non era mai stato studiato.

Oltre al PM 2.5, lo studio ha considerato il cosiddetto black carbon, una componente del PM 2.5 emessa dai motori diesel e dalla combustione di biomasse, per esempio legna per il riscaldamento o carbone per la cottura dei cibi, e l’ozono.

«I risultati relativi al biossido di carbonio e al black carbon sono molto importanti per le politiche sanitarie», commenta Francesco Forastiere, epidemiologo dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche e uno degli autori dello studio «diversamente dal PM 2.5, questi due inquinanti sono prodotti principalmente dal traffico veicolare e dai motori diesel in particolare, dunque intervenendo sul settore dei trasporti se ne può limitare fortemente la concentrazione, un’azione che i nostri risultati suggeriscono essere urgente». Continua a leggere su Scienza in rete


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