newsletter finesettimana #18
logo Scienza in rete finesettimana #18
29 gennaio 2021
a cura di Chiara Sabelli
Buon venerdì,
questa settimana parliamo dell'effetto dell'incertezza sulla nostra capacità di ragionamento, del ritmo preoccupante a cui si stanno sciogliendo i ghiacci, della discriminazione per genere e provenienza geografica nella selezione del personale, della matematica francese Anne-Laure Dalibard, della misura del magnetismo del muone al Fermilab e diamo gli ultimi aggiornamenti su COVID-19. L'approfondimento di oggi riguarda le ragioni economiche oltre che etiche in favore di una campagna vaccinale che sia globale sin dalle sue prime fasi. Buona lettura (per segnalare questa newsletter agli amici ecco il link per l'iscrizione)

SEI PEZZI BELLI
1 L'incertezza che caratterizza il nostro futuro potrebbe aiutarci a pensare meglio
Non sapere cosa ci succederà nel futuro più o meno prossimo ci mette così tanto a disagio che un gruppo di volontari coinvolti in una serie di esperimenti di psicologia hanno dichiarato che non sapere se saranno o meno condannati a morte li agiterebbe di più che sapere con certezza che lo saranno. La pandemia ci ha messo alla prova, ma potrebbe essere l'occasione per pensare a quando trarremo beneficio dal vaccino anziché soffermarci sull'idea di non sapere quando riceveremo il vaccino. Cosa succede nelle nostre menti quando qualcosa di inaspettato accade è oggi uno degli argomenti scottanti delle scienze cognitive, e sta diventando sempre più chiaro che sapersi confrontare con l'incertezza è correlato con un miglior livello di salute mentale [The Boston Globe]

2 Lo scioglimento dei ghiacci procede a velocità record
Tra il 1994 e il 2017 sono andate perse 28 mila miliardi di tonnellate di ghiaccio, equivalenti a uno strato alto 100 metri esteso quanto il Regno Unito. Ma la notizia peggiore è che le perdite sono andate accelerando: dalle 800 miliardi di tonnellate all'anno in media negli anni 90 alle 1200 miliardi di tonnellate del 2017. Circa la metà del ghiaccio perduto copriva le terre emerse e dunque ha contributo direttamente a un innalzamento di 35 millimetri del livello degli oceani. Questi i risultati di un lavoro pubblicato da un gruppo di ricercatori del Centre for Polar Observation and Modelling della University of Leeds, che si è basato sui dati raccolti da satellite negli ultimi 23 anni. Il tasso di scioglimento che hanno stimato è in linea con gli scenari peggiori delineati dall'IPCC [The Guardian]

3 Un grande database conferma che nella ricerca di lavoro genere e provenienza geografica influenzano molto le probabilità di successo
Il risultato è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori dell'ETH di Zurigo, analizzando il database di un sito per la ricerca di lavoro in Svizzera, che raccoglie le informazioni riguardo 450 000 ricerche condotte da 43 000 selezionatori tra 17,4 milioni di profili candidati. I candidati che sono identificati come "non svizzeri" hanno una probabilità di essere contattati minore rispetto a quella dei cittadini svizzeri di una quantità che varia tra il 4% e il 20% (il gap minore è quello verso coloro che provengono da paesi dell'Europa occidentale, quello maggiore verso chi arriva dall'Africa subsahariana). La probabilità di contatto per donne e uomini sull'intero database non è significativamente diversa, ma se si guarda alle applicazioni di donne in settori tipicamente maschili e di uomini in settori tipicamente femminili la discriminazione è molto significativa [Nature Podcast]

4 Anne-Laure Dalibard, matematica francese, sfata il mito del genio solitario e maschio
Dalibard, professoressa alla Sorbona e una dei tre vincitori del premio Maurice-Audin 2020, racconta il suo rapporto con la matematica. Trentotto anni, due figli, Dalibard ha compiuto il percorso d'eccellenza in Francia: laurea all'École Normale Superieure di Parigi, dottorato svolto sotto la supervisione della medaglia Fields Pierre-Louis Lions. Dopo un periodo al Courant Institute di New York è diventata professoressa a soli 32 anni e nel 2015 si è aggiudicata uno dei prestigiosi finanziamenti assegnati dallo European Research Council. Si occupa di uno dei problemi più difficili della matematica, le equazioni alle derivate parziali, scegliendo problemi che provengono dalla dinamica dei flussi oceanici, e il confronto con i suoi collaboratori è fondamentale per lei. Dice di non essersi mai sentita discriminata dall'ambiente prevalentemente maschile in cui lavora da sempre, ma negli ultimi tempi le sue collaborazioni sono state più spesso con colleghe donne. Un incontro importante è stato quello con Laure Saint-Raymond, che con il suo esempio le ha fatto capire che fare della matematica una professione non le avrebbe impedito di formare anche una famiglia [Le Monde]

5 Per misurare l'eccesso di magnetismo dei muoni i fisici di Fermilab criptano i dati per rimanere oggettivi Il muone è una versione più pesante e meno stabile dell'elettrone. Misurare il suo magnetismo, attraverso un parametro chiamato g-2, permette di avere informazioni su particelle più pesanti che non sono mai state osservate direttamente. Per essere informativa però, la misura deve essere estremamente precisa. Il gruppo di lavoro dell'esperimento Muon g-2 del Fermilab, l'acceleratore di particelle più potente negli Stati Uniti che si trova vicino Chicago, ha escogitato un metodo per evitare di influenzare il risultato verso l'ipotesi che li vede più favorevoli: nell'esperimento il tempo scorre a una frequenza diversa rispetto a quella normale. Una volta ripuliti i dati di tutti i rumori sperimentali, i risultati devono essere decriptati con l'utilizzo di questa frequenza, che viene cambiata mensilmente tramite un generatore di numeri casuali avviato con un "seme" di otto cifre tenuto in un armadietto chiuso a chiave [Science]

6 Aggiornamenti COVID-19
   ×  In Germania il comitato di esperti sulle vaccinazioni ha raccomandato di non utilizzare il vaccino Oxford/Astrazeneca sopra i 65 anni poiché non ci sono dati sufficienti sulla sua efficacia in quella fascia di età [Financial Times]
   ×  Il vaccino Novavax ha un'efficacia del 90% nel prevenire infezioni sintomatiche nel Regno Unito, ma molto inferiore nello studio clinico condotto in Sud Africa (che però ha coinvolto un numero molto inferiore di pazienti) dove domina la variante B.1.351 [Science]
   ×  I primi dati che arrivano da Israele indicherebbero che i vaccini stanno già mostrando la loro efficacia sul campo [The New York Times]
   ×  Il vaccino di Moderna è meno potente contro la variante B.1.351, quella prevalente in Sud Africa, ma comunque efficace [STAT News]
   ×  Merck ha interrotto lo sviluppo dei due vaccini a cui stava lavorando [STAT]
   ×  Anche in Francia il richiamo dei vaccini potrà essere somministrato più tardi rispetto a quanto testato dagli studi clinici [Le Monde]
   ×  Nel Regno Unito i sindacato GMB chiede di dare priorità ai lavoratori dei settori essenziali nella campagna vaccinale [The Guardian]
   ×  Il lento decollo del vaccino russo [Internazionale]
   ×  La Spagna sospende la campagna di vaccinazioni per mancanza di dosi [Reuters]
   ×  Gli anticorpi monoclonali di Eli Lilly sono efficaci nel ridurre il rischio di sviluppare la malattia in pazienti anziani [Science]

VACCINARE TUTTI NON È SOLO QUESTIONE DI FILANTROPIA

A oggi in 65 Paesi del mondo sono state somministrate circa 82 480 000 dosi di vaccini contro COVID-19. A guidare la classifica è Israele, con 49 dosi inoculate ogni 100 abitanti. Seguono gli Emirati Arabi, con 27,4 dosi, e il Regno Unito con 11. I Paesi dell’Unione Europea sono un po’ più indietro (Spagna 2,7, Italia 2,5, Germania 2,4, e Francia 1,8) e in questi giorni si impegnano in una battaglia legale con la farmaceutica AstraZeneca che produce il vaccino messo a punto insieme all’Università di Oxford. AstraZeneca ha infatti annunciato che nel primo trimestre del 2021 consegnerà meno del 50% delle 100 milioni di dosi “promesse” all’UE che ha risposto minacciando di bloccare le esportazioni verso il Regno Unito dei vaccini prodotti negli stabilimenti di AstraZeneca presenti sul suo territorio.

Mentre i paesi ricchi si accapigliano per assicurarsi che le case farmaceutiche rispettino gli accordi, i paesi in via di sviluppo sono rimasti sostanzialmente esclusi dalla campagna vaccinale, e lo saranno ancora a lungo. «I paesi ricchi del mondo si stanno accaparrando i vaccini. Li invitiamo a mettere a disposizione le dosi in eccesso ordinate e accumulate». Così ha parlato il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa intervenuto mercoledì al summit del World Economic Forum a Davos, che quest’anno si è svolto virtualmente.

All’inizio di dicembre la People’s Vaccine Alliance, che include tra gli altri la ONG Oxfam, ha stimato che il 90% della popolazione dei paesi a basso reddito non avrà accesso al vaccino nel 2021, mentre i paesi ricchi, che costituiscono il 14% della popolazione mondiale, hanno già opzionato il 53% della produzione dei vaccini più promettenti. Tra questi spicca il Canada che ha prenotato un numero di dosi con cui potrebbe vaccinare cinque volte la sua popolazione.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è fatta promotrice dell’iniziativa COVAX, che dovrebbe garantire un accesso equo ai vaccini, ma finora dei circa 38 miliardi di dollari necessari a portarla a termine è riuscita a raccoglierne solo 11. Il 18 gennaio il direttore dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ammonito che intorno ai vaccini si sta consumando un fallimento morale di proporzioni catastrofiche, ribadendo, se fosse ancora necessario, che “nessuno è al sicuro finché non siamo tutti al sicuro”. Il virus dovrebbe ormai averci insegnato che la risposta più efficace è quella coordinata. E il monito del direttore dell’OMS vale in epidemiologia, quanto in economia. In un’economia caratterizzata da catene del valore estremamente integrate e interconnesse, nessun paese potrà riprendersi da solo, nemmeno l’insieme di quelli più ricchi. Dunque, se la campagna di vaccinazione lascerà troppo indietro i paesi in via di sviluppo nella prima fase, le economie dei paesi ricchi ne soffriranno. Ma quanto?

Risponde a questa domanda uno studio recentemente pubblicato da un gruppo di economisti, guidato da Sebnem Kalemli-Ozcan, professoressa alla University of Maryland, e pubblicato nella serie di working papers del National Bureau of Economics Research. I ricercatori hanno considerato diversi scenari, sia dal punto di vista economico che epidemiologico. In quello più verosimile, le economie avanzate immunizzano completamente la popolazione suscettibile entro aprile, mentre i paesi in via di sviluppo riescono a vaccinare solo la metà dei loro cittadini entro la fine dell’anno. In questa circostanza la perdita economica globale ammonterebbe a 3 763 miliardi di dollari in più rispetto al caso in cui la campagna di vaccinazione procedesse ovunque con lo stesso ritmo con cui va avanti nei paesi ricchi. Il 50% di questa perdita sarebbe sofferta dalle economie avanzate. In uno scenario più estremo, in cui i paesi in via di sviluppo non hanno alcun accesso alle vaccinazioni e dunque l’epidemia viaggia incontrollata sui loro territori e si rende necessaria l’istituzione periodica di lockdown prolungati, la perdita globale sarebbe quasi doppia, 6 144 miliardi di dollari (di cui le economie avanzate pagherebbero più del 40%).

La dinamica che sottintende queste stime è la seguente: con l’epidemia che continua a imperversare nei paesi in via di sviluppo sia la domanda che l’offerta di merci intermedie (prodotti non finiti) inciderebbe sulla produzione dei paesi ricchi che vedrebbero da una parte diminuire il volume delle loro esportazioni e dall’altra rallentare il loro ritmo di produzione a causa della difficoltà di reperire sul mercato internazionale le componenti che sono indispensabili alla realizzazione del prodotto finito.

«Il lavoro ha il pregio di provare a quantificare le perdite dovute al fatto che la produzione è verticalmente integrata, costruendo una descrizione dettagliata dei legami commerciali che esistono tra i diversi settori e i diversi paesi», commenta Tommaso Monacelli, professore di macroeconomia all’Università Bocconi dove dirige il dipartimento di economia. Monacelli aggiunge che «questa interconnessione fa sì che diversi tipi di shock si propaghino a livello internazionale, siano essi dovuti alla pandemia o a interventi di politica monetaria o fiscale».

Il modello costruito dai ricercatori turchi descrive come la diffusione del contagio influenzi l’andamento economico, considerando 35 diversi settori industriali e 65 paesi. Ciascun settore è caratterizzato da un diverso rischio di contagio a seconda della frazione dei suoi lavoratori che possono lavorare da casa e del grado di prossimità per coloro che invece devono recarsi sul luogo di lavoro. L’attività dei settori non essenziali viene interrotta nel caso in cui siano istituiti dei lockdown nazionali. Questo rallenterà la produzione e dunque la capacità di esportare componenti verso altri paesi che dovranno rallentare la produzione a loro volta. Un esempio è quello di un automobile che viene costruita in un paese ricco ma che ha bisogno di pneumatici, sedili, processori elettronici importati dai paesi in via di sviluppo. Se questi sono incapaci di consegnare i pneumatici al ritmo consueto, la casa automobilistica nel paese ricco produrrà un numero minore di automobili.

Dall’altro lato anche la capacità di spesa dei cittadini dei paesi maggiormente toccati dall’epidemia sarà ridotta e questo influirà sui volumi di esportazione dei paesi ricchi. La contrazione dei consumi nel 2020 è stata guidata da due fattori. In primo luogo, la paura di contagiarsi e di contagiare gli altri, che ha spinto le persone a muoversi di meno e dunque spendere meno. In secondo luogo, l’incertezza sulle proprie capacità di guadagno ha costretto molti a limitare le proprie spese ai soli beni essenziali. Partendo dai dati delle carte di credito, gli autori dello studio hanno caratterizzato le modifiche nei profili di spesa in diversi paesi del mondo, concludendo che sono state molto simili tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo, almeno nel primo anno della pandemia. Lo schema qui sotto, tratto dall’articolo, riassume il modo in cui l’epidemia incide su offerta e domanda.

La dinamica del contagio viene descritta tramite un modello SIR che ha parametri diversi per ciascun settore industriale in ciascun paese e in cui i vaccinati sono artificialmente aggiunti alla popolazione dei “recovered”. Quando il numero di persone che hanno bisogno di essere ricoverate in terapia intensiva, calcolato come una percentuale degli infetti, supera la soglia destinata ai pazienti COVID-19 in ciascun paese, viene istituito un lockdown che dura 14 giorni e al termine del quale il numero di infezioni è ridotto a un terzo rispetto a quello osservato all’inizio del lockdown.

Vengono considerati tre scenari epidemiologici e tre economici. I tre scenari epidemiologici sono: (1) vaccinazione totale della popolazione suscettibile nei paesi ricchi e nessun accesso alle vaccinazioni nei paesi in via di sviluppo che non impongono lockdown per contenere il contagio; (2) vaccinazione totale della popolazione suscettibile nei paesi ricchi e nessun accesso alle vaccinazioni nei paesi in via di sviluppo che impongono lockdown per contenere il contagio secondo il grado di occupazione delle terapie intensive; (3) vaccinazione totale della popolazione suscettibile nei paesi ricchi entro aprile, vaccinazioni più lenta nei paesi in via di sviluppo con la possibilità per questi ultimi di istituire lockdown. I tre scenari economici sono invece: (1) la domanda dei paesi in via di sviluppo si contrae ma non ci sono interruzioni nelle forniture di componenti intermedie ai paesi ricchi, che dunque soffrono solo una diminuzione delle loro esportazioni; (2) al primo scenario si aggiungono i rallentamenti nella produzione dei paesi in via di sviluppo che incidono sulla catena del valore dei paesi ricchi, ma questi possono riassorbirli a livello nazionale ridistribuendoli attraverso i settori; (3) i rallentamenti nella produzione di componenti intermedie incide sui diversi settori industriali dei paesi ricchi senza possibilità di riaggiustamento intersettoriale.

Lo studio quantifica i costi che si aggiungerebbero a quelli di uno scenario controfattuale in cui tutti i paesi vaccinano le loro popolazioni allo stesso ritmo dei paesi ricchi, a livello globale e distinti tra economie avanzate ed economie in via di sviluppo. La tabella qui sotto riassume i risultati nei diversi scenari epidemiologici ed economici (miliardi di dollari nella parte alta e percentuali del prodotto interno lordo del 2019 nella parte bassa).

Lo scenario più verosimile, i cui risultati abbiamo anticipato, è quello in cui i costi a livello globale ammontano a 3 763 miliardi di dollari e al 50% sono sostenuti dai paesi ricchi (colonna 3c). Lo scenario più estremo è quello in cui i paesi in via di sviluppo non hanno accesso ai vaccini e contengono l’epidemia con lockdown periodici (colonna 2c): in questo caso la perdita è di 6 144 miliardi di dollari globalmente, di cui il 42% sostenuta dai paesi ricchi. Lo scenario “migliore” per le economie avanzate è quello in cui vaccinano totalmente la propria popolazione suscettibile il prima possibile e l’epidemia nei paesi in via di sviluppo viene controllata con dei lockdown che però non compromettono l’esportazione di componenti intermedie verso i paesi ricchi (colonna 2a). In questo caso il minor numero di infezioni fa sì che la domanda proveniente dai paesi in via di sviluppo si contragga meno e dunque il volume delle esportazioni dei paesi ricchi si riduca in misura minore, con un costo totale di 204 miliardi di dollari per i paesi ricchi (ma 1 275 miliardi di dollari per i paesi in via di sviluppo).

Il modello proposto è molto complesso e incorpora una grande quantità di informazioni. Per riuscirci fa delle assunzioni e ha dei limiti. «Il limite principale del modello è quello di non considerare la possibilità di adattamento del mercato del lavoro», commenta Monacelli, e prosegue «gli autori giustificano questa assunzione dicendo che si concentrano su un orizzonte breve, di circa un anno. Questa assunzione può essere verosimile nei paesi più ricchi dove il mercato del lavoro è meno flessibile, ma molto meno per i paesi in via di sviluppo dove la riconversione dei lavoratori da un settore molto colpito, ad esempio quello del turismo, a uno meno colpito, come ad esempio quello dell’edilizia, può avvenire più rapidamente».

Quello che la pubblicazione non chiarisce in dettaglio è il costo dello scenario controfattuale con cui si confronta, quello di una vaccinazione veloce e globale. Come abbiamo detto, l’OMS ha stimato che la sua iniziativa COVAX, che garantirebbe a tutti l’accesso alle vaccinazioni, costerebbe 38 miliardi di dollari. Una cifra che scompare a confronto anche con le stime più conservative del gruppo di Kalemli-Ozcan. Ma viene da chiedersi se un simile scenario è realizzabile? Alcune proposte sono state avanzate nelle ultime settimane. L’India, con una delle industrie farmaceutiche più grandi del mondo che produce il 52% dei vaccini per malattie diverse dal COVID-19, ha chiesto all’Organizzazione Mondiale del Commercio di sospendere i brevetti di Pfizer e BioNTech per poter produrre il loro vaccino. Nel frattempo ha cominciato a distribuire gratuitamente ai paesi vicini (Nepal, Bangladesh, Sri Lanka, Afghanistan e altri) dosi del vaccino Oxford/AstraZeneca, prodotto con il nome di Covishield dal Serum Institute of India. La mossa fa parte della cosiddetta "diplomazia vaccinale" che per ora offre più che altro vantaggi geopolitici ed è stata favorita dal fatto che in India le infezioni sembrano sono sotto controllo rispetto ai picchi dell’autunno.

Ad ogni buon conto, il risultato dello studio di Kalemli-Ozcan e coautori aggiunge a quelli di natura etica forti argomenti economici in favore di una campagna di vaccinazione che sia globale fin dalle sue prime fasi. Vaccinare tutti non è, insomma, solo questione di filantropia.

 

Per suggerimenti e commenti scrivere a: [email protected]
Per donare alla Newsletter clicca qui
Se invece non vuoi più ricevere la newsletter clicca qui
PS: per tenere Scienza in rete fuori dallo spam aggiungi la nostra mail [email protected] tuoi contatti (per Gmail, vai a contacts.google.com e clicca su "crea contatto"). Se Scienza in rete finisce nelle promozioni di Gmail, trascinala nella casella della tua posta in entrata per non perdere mai un numero!
Segui Scienza in rete
logo facebook logo twitter logo twitter logo twitter

By:
logo nuovo zadig