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21 febbraio 2020
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Ma le pandemie sono proprio inevitabili? Non è possibile prepararsi prima? O addirittura prevenirle? L’articolo mostra come dall’inizio dell’epidemia di COVID-19 sia uscito un numero di articoli scientifici mai registrato prima. La grande maggioranza di questi articoli sono ovviamente concentrati su analisi epidemiologiche, biologiche e terapeutiche che inseguono spasmodicamente l’emergenza. Molto pochi sono, al confronto, gli articoli sui coronavirus precedenti l’epidemia, nonostante l’alta probabilità che un nuovo coronavirus patogeno per l’uomo potesse fare la sua comparsa. Per alcuni commentatori è il segno della superficialità con cui la ricerca scientifica e la sanità pubblica mondiale si preparino alle minacce epidemiche.
SALUTE
Si studia l’immunità innata contro la nuova epidemia. Alla ricerca di una terapia contro SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus, un team di ricercatori capitanato da Alberto Mantovani lancia una sfida: sfruttare l'immunità innata, la prima linea di difesa del nostro organismo. Una serie di proteine (come la pentrassina 3), son infatti attive contro i coronavirus. Verrà quindi analizzato il siero dei pazienti ricoverati all’Istituto Spallanzani, per misurare la loro presenza e persistenza nel tempo nelle diverse fasi dell’infezione. La prima fase dello studio, quindi, è puramente osservazionale. “Se, come speriamo, si osserverà un effetto di questo ed eventuali altre componenti dell’immunità innata sul nuovo coronavirus, si potrebbero aprire prospettive interessanti sia per la diagnosi che per il trattamento dell’infezione”. [Scienza in rete; Luca Carra]

Quattro domande per il SARS-CoV-2. Qual è lo spettro completo della gravità dell'infezione? Quanto è trasmissibile il virus? Quali sono i fattori che influenzano la probabilità che una persona infetta contagi qualcun altro? E infine, quali sono i fattori che portano a un decorso grave o addirittura alla morte? Sono le domande raccolte in un Perspective del New England Journal of Medicine pubblicata questa settimana. Per analizzare i diversi elementi dell'epidemia, scrivono gli autori, servono approcci diversi, che si sono mostrati efficaci nello studio delle epidemie passate (specialmente per MERS e influenza H1N1). E anche se i casi al di fuori della Cina sono per ora troppo limitati per poter condurre le indagini più vaste, le diverse giurisdizioni dovrebbero essere preparate a condurle qualora i casi aumentassero. E, a proposito di epidemiologia, diversi scienziati hanno contestato il metodo con cui la Cina sta contando i casi d'infezione, che non include le persone risultate positive al virus ma prive di sintomi. [New England Journal of Medicine]

Forse serve un altro nome per il nuovo coronavirus. La scorsa settimana, l'International Committee on Virus Taxonomy ha proposto di battezzare SARS-CoV-2 il nuovo coronavirus, spiegando le ragioni della scelta in un preprint su bioRxiv. Ma non tutti sono convinti: SARS è il nome di una malattia, per cui chiamare così il nuovo coronavirus implicherebbe che anch'esso causi la stessa malattia - o qualcosa di molto simile. Il nuovo coronavirus presenta inoltre caratteristiche epidemiologiche, cliniche e biologiche distinte da quello della SARS. Anche l'OMS, riporta un articolo su Science, è contraria alla scelta del nome. Come spiega un portavoce, infatti, «Dal punto di vista della comunicazione del rischio, utilizzare il nome SARS può avere involontarie conseguenze, creando una paura non necessaria in alcune popolazioni». [The Lancet]

Il nuovo coronavirus è arrivato anche in Africa. Si tratta del primo caso identificato, in Egitto, in un visitatore. E gli scienziati si preoccupano di come il continente riuscirà ad affrontare l'infezione: già qualche giorno fa, Lancet riportava le parole di Michael Yao, del WHO Africa, che ricordava la fragilità dei sistemi sanitari africani. Sempre Lancet, un recentissimo studio valuta la capacità di risposta dei diversi paesi, identificando in Nigeria, Etiopia, Sudan, Angola, Tanzania, Ghana e Kenya le nazioni in cui la vulnerabilità è maggiore, e la capacità di risposta variabile. [The Lancet]

Interrompere i viaggi internazionali con la Cina è ingiusto e illegale. Le International Health Regulations (IHR, 2005) sono uno strumento vincolante di diritto internazionale che mira ad aiutare i paesi durante la diffusione di malattie e ad evitare inutili interferenze con il commercio internazionale e i viaggi. Eppure - come nota un editoriale su Lancet - alcuni paesi sono andati oltre questi regolamenti con ulteriori misure cautelative fino al blocco dei viaggi e gli scambi con la Cina durante l’epidemia di COVID-19. “A breve termine, le restrizioni di viaggio impediscono ai rifornimenti di entrare nelle zone colpite, rallentano la risposta internazionale in materia di salute pubblica, stigmatizzano intere popolazioni e danneggiano in modo sproporzionato la popolazione più vulnerabile. […] Con oltre 2,5 miliardi di persone che viaggiano tra circa 4.000 aeroporti ogni anno, le future epidemie sono inevitabili. Le risposte ancorate alla paura, alla disinformazione, al razzismo e alla xenofobia non ci salveranno da epidemie come COVID-19. Il rispetto del diritto internazionale è più che mai necessario. I paesi possono iniziare a ridurre le restrizioni ai viaggi illegali già attuate e sostenere l'OMS e gli altri paesi nell'attuazione di queste regole“. [The Lancet]

Virus Zika e danni al cervello. A causa del virus Zika, più di 1.600 bambini sono nati in Brasile con microcefalia da settembre 2015 ad aprile 2016. L’83% dei bambini colpiti sono nati nello Stato di Paraiba (Nordest), dove durante l’outbreak del 2015 si è diffuso un ceppo virale particolarmente dannoso per il cervello. Lo studio è stato condotto dalla Washington University e pubblicato su The Journal of Neuroscience. [The Journal of Neuroscience]
FORMAZIONE
Il primo corso a distanza italiano per operatori sanitari su Covid-19. Gli operatori sanitari devono avere fonti attendibili e un quadro generale sul virus, sulla malattia, sulla sua propagazione, sulle misure precauzionali, su quanto è emerso finora in letteratura scientifica, su come comunicare le informazioni e quali risposte dare ai pazienti, smontando le notizie sensazionali e prive di fondamento. Il corso FAD di Zadig, primo nel suo genere in Italia, affronta la storia dell'epidemia dall’inizio, dai primi casi segnalati, e fornisce informazioni evidence-based di qualità sulle caratteristiche della pandemia, sui possibili scenari futuri, sulla valutazione del rischio, sulla carta d’identità del virus, sulla malattia che causa, su contagio e modalità per evitarlo, sulle misure di sanità pubblica e sull’importanza di una corretta comunicazione/informazione. [SAEPE]

Perché e come lavarsi le mani. I Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno definito l’igiene delle mani la procedura più semplice, più economica e più efficace per ridurre il rischio di infezioni in quanto evita che i germi si trasmettano da un soggetto a un altro. Questo vale anche per l'infezione da nuovo coronavirus. Un corso di formazione a distanza per medici e altri operatori sanitari firmato Zadig. [SAEPE]
POLITICA DELLA RICERCA
Università, fondi pubblici e iscrizioni. Questo grafico del Public Funding Observatory mostra il rapporto fra finanziamenti pubblici alle università e numero degli studenti negli ultimi 10 anni. La rivista Times Higher Education nota come in nessun paese i finanziamenti siano adeguati, ma nella maggior parte dei paesi i fondi almeno aumentano. Differente la situazione in Italia, Spagna e Repubblica irlandese. [Times Higher Education] Università, fondi pubblici e iscrizioni

  1.000 professori universitari italiani contro la valutazione. Un migliaio di docenti italiani pubblicano una lettera aperta “Disintossichiamoci - Sapere per il futuro” contro il “mercato concorrenziale” e il sistema di valutazione delle università. Scrivono i professori: “Si tratta di numeri e misure che di scientifico, lo sanno tutti, non hanno nulla e nulla garantiscono in termini di valore e qualità della conoscenza. Predefinire percentuali di eccellenza e di inaccettabilità, dividere con mediane o prescrivere soglie, ordinare in classifiche, ripartire in rating le riviste, tutto questo, insieme alle più vessatorie pratiche di controllo sotto forma di certificazioni, accreditamenti, rendicontazioni, riesami, revisioni ecc., ha un’unica funzione: la messa in concorrenza forzata di individui gruppi o istituzioni all’interno dell’unica realtà cui oggi si attribuisce titolo per stabilire valori, ossia il mercato, in questo caso il mercato globale dell’istruzione e della ricerca, che è un’invenzione del tutto recente”. [ROARS]

1.000 scienziati francesi invitano ad attivarsi sull’emergenza ecologica. Fisici, chimici, biologi, climatologi, sociologi scrivono un appello su Le Monde per invitare la cittadinanza alla disobbedienza civile contro il governo francese del tutto inerte sulla crisi climatica ed ecologica. “L’obiettivo di limitare il riscaldamento al di sotto di +1,5°C è ormai fuori portata, a meno che le emissioni globali non vengano ridotte del 7,6% all'anno, mentre sono aumentate dell'1,5% all'anno negli ultimi dieci anni”. Di fronte a questa situazione la politica francese è ipocrita: da un lato invita alla sobrietà e ecologica, dall’altro promuove un consumismo sfrenato e un liberismo predatorio. “Continuare a promuovere tecnologie superflue ed energivore come il 5G e le auto a guida autonoma è irresponsabile nel momento in cui i nostri stili di vita dovrebbero evolvere verso la frugalità e i nostri sforzi collettivi tendere alla transizione ecologica e sociale”. [Le Monde]

Pubblicazioni e differenze di genere. Se nel 1955 le ricercatrici rappresentavano il 12% degli autori di articoli scientifici, nel 2005 sono passate al 35%. In media, gli uomini hanno pubblicato circa 13 articoli durante la loro carriera, mentre le donne hanno pubblicato circa 10 articoli, e gli uomini hanno ricevuto il 30% di citazioni in più rispetto alle donne. La differenza fra uomini e donne pare dovuta in particolare al maggior tasso di abbandono della carriera scientifica da parte delle donne, con 20% di probabilità in più di lasciare il mondo accademico ogni anno nel corso della loro carriera. Lo studio pubblicato su PNAS e coordinato da Albert-László Barabási ha esaminato la storia della pubblicazione di 1,5 milioni di autori che hanno pubblicato il loro ultimo articolo tra il 1955 e il 2010. [PNAS]
PLANET INTELLIGENCE
Una topografia semantica della letteratura sul cambiamento climatico. Setacciando Web of Science, sono usciti 202.000 articoli scientifici sul cambiamento climatico negli ultimi 5 anni, e 205.000 nei trent’anni precedenti. Giusto per capire quanto sia accelerata la ricerca sul tema. Tre ricercatori esperti in Big Data hanno applicato il machine learning per categorizzare questa massa di 400.000 articoli per temi, componendo così delle mappe semantiche che hanno poi confrontato con le occorrenze dei temi nei report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Hanno così scoperto, per esempio, che le scienze sociali son sovra-rappresentate nei report più recenti, mentre le soluzioni tecniche al cambiamento climatico sono sotto-rappresentate, rispetto alla letteratura esistente. Questi risultati mostrano inoltre che i report dell’IPCC sono passati dal citare il 60% della letteratura nelle prime edizioni al 20% dell’ultima. Senza volersi sostituire al discernimento degli esperti che compongono i panel dell’IPCC nel selezionare i paper meritevoli, gli autori dello studio suggeriscono che forse è venuto il momento di dotarsi di strumenti di Intelligenza Artificiale per selezionare in modo bilanciato le ricerche da considerare. Anche perché, da qui alla nuova edizione del report dell’IPCC, si stima che usciranno altri 300.000 paper. [Nature]

Storie di resilienza climatica: lunedì 24 febbraio al Politecnico di Milano. I cambiamenti climatici in Africa non sono solo un problema di conservazione ambientale, ma un'emergenza socio-economica globale. Lunghi periodi di siccità alternati a forti inondazioni, insicurezza alimentare, perdita di biodiversità sono solo alcune delle conseguenti minacce più gravi. Quali strategie può mettere in campo la cooperazione allo sviluppo per far fronte a tutto questo? Lunedì 24 febbraio 2020 si presentano due casi studio: soluzioni promosse da Oikos in Tanzania e in Mozambico per aumentare la resilienza delle comunità locali. [Istituto Oikos]Storie di resilienza climatica: lunedì 24 febbraio al Politecnico di Milano

Gli uccelli non si allarmano per niente. Uno studio pubblicato su Nature mostra come il Sitta canadensis, o picchio muratore pettofulvo, sia in grado di discriminare la fonte da cui proviene l'informazione riguardo la possibile presenza di un predatore. Se è diretta, ossia gli uccelli avvertono proprio il richiamo del predatore, mettono in atto decise risposte di mobbing. Ma se invece è un "sentito dire", ossia se l'allarme proviene da un'altra specie di uccelli, la risposta è solo una via di mezzo: insomma, fanno attenzione, ma evitano di diffondere un allarme che potrebbe essere ingiustificato. [Scienza in rete; Anna Romano]

Prevenire per saldare i debiti. Tre debiti per la nostra specie: ambientale, sociale e mentale. Ma se il debitore è noto, chi è il creditore? E soprattutto, come si rimedia al pasticcio? Roberto Satolli riflette sula sfida lanciata dal libro "Prevenire", dell'epidemiologo Paolo Vineis, del fisico Roberto Cingolani e di Luca Carra. [Scienza in rete; Roberto Satolli]
TEMPI MODERNI
Il Parlamento britannico si interroga sulle interfacce neurali. Nella “Note 614” di gennaio 2020 il Parliamentary Office of Science and Technology del Parlamento britannico affronta il tema delle interfacce neurali, in via di diffusione sia in ambito medico (per esempio per il Parkinson, varie disabilità o neurostimolazioni) sia in ambiti come videogiochi, training cognitivo, neuromarketing e difesa (per esempio in cyberdifesa o nella guida di velivoli senza pilota). Soprattutto nei dispositivi invasivi, che prevedono l’impianto di elettrodi, vari comitati hanno sollevato preoccupazioni legati alla sicurezza e alla scarsità di regolamentazione. Si pongono inoltre questioni inerenti alla privacy dei dati eventualmente catturati dai dispositivi e diffusi a terzi relativi a preferenze sessuali, credi politici e religiosi e stato della salute mentale. Vi sono anche problemi di equità di accesso a queste tecnologie potenzialmente positive per la salute, e di informazione equilibrata e corretta. [Research Briefings]

Facebook e Google vanno regolamentati come i pesticidi. Gli stati maggiori di Facebook e Google calano su Bruxelles per capire che intenzioni ha l’Europa nella regolamentazione di social, Intelligenza artificiale ed economia digitale. La commissaria europea sulla concorrenza Margrethe Vestager ha paragonato la posizione più assertiva dell'Europa in materia di regolamentazione tecnologica alle sue normative sull'agricoltura. Molti pesticidi e prodotti chimici permessi negli Stati Uniti sono vietati in Europa. "La cosa principale per noi è creare una società in cui le persone sentano di potersi fidare di ciò che sta succedendo". [The New York Times]

Open AI, sogno o realtà? Elon Musk ci crede, e questo potrebbe fare la differenza. Parliamo della Intelligenza Artificiale Aperta (Open AI), cioè benefica, trasparente e solidale. Basta con l’AI che discrimina, ci vuole un cambio di paradigma. OpenAI è anche un’azienda, partita 4 anni fa con 1 miliardo di dollari messi da investitori privati, tra cui Musk, Altman e il cofondatore di PayPal Peter Thiel, che nel 2019 si è data uno statuto da no-profit (o quasi). Ma in un’inchiesta di MIT Technology Review emerge una realtà un po’ diversa, fatta di competizione spinta e ossessione per la segretezza, che ha finito per erodere i suoi ideali fondanti di trasparenza, apertura e collaborazione. Una storia molto americana. [Technology Review]

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