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29 novembre 2019
Italia in Europa
Gli enti di ricerca italiani non hanno ancora adottato una strategia comune riguardo all’Open Access. Qualcosa però si sta muovendo. A partire dalle indicazioni che provengono dall’Europa e da un decreto annunciato dal ministro Fioramonti che sembra voler ammettere alla nuova Valutazione della qualità della ricerca (VQR) solo gli atenei in regola con l’Open Access. E c’è già chi si sta preparando: è il caso per esempio dell’Università degli Studi di Milano che si è da tempo dotata di una piattaforma di riviste liberamente accessibili a lettori, autori e comitati editoriali. Le riviste (attualmente 41) hanno generato circa 70.000 download al mese di traffico culturale, che a sua volta promuove contatti e citazioni, e stimola gli autori a scrivere senza nessun costo di iscrizione e pubblicazione. Per il momento le riviste open sono quasi esclusivamente umanistiche, anche per la difficoltà di “liberare” le riviste STEM, legate a editori internazionali che richiedono abbonamenti per un totale annuo per le università italiane di circa 70 milioni di euro (nostra stima su dati CRUI).
PLANET INTELLIGENCE
La lingua si riscalda insieme al clima. “Il Guardian ha aggiornato la sua guida stilistica per introdurre termini che descrivono più accuratamente le crisi ambientali che il mondo si trova ad affrontare. Invece di ‘cambiamento climatico’, i termini preferiti sono ‘emergenza climatica, crisi o crollo’ e il ‘surriscaldamento (heating) globale’ è preferito al ‘riscaldamento (warming) globale’”. Cosi scrive la editor ambientale del quotidiano britannico Damian Carrington. D’altra parte, come rileva l’Oxford Dictionary, “Climate Emergency” è la parola dell’anno 2019. Calcolata contando le ricorrenze dell’espressione in un anno fra le 2,1 miliardi di parole che costituiscono l’Oxford English Corpus, vale a dire l’insieme di parole dell’inglese del XXI secolo. “Climate Emergency” è quella che ha avuto il maggior aumento relativo, da 0 (settembre 2018) a 6.500 (settembre 2019). Nella short list delle espressioni più usate anche “Climate Action” (da 3.600 a 12.000), “Climate Crisis” (da circa 300 a 10.000), “Net Zero”, emissioni nette zero (da 500 a 5.500).
“Climate Emergency è stata prontamente adottata dalla presidente europea Ursula von der Leyen. La risoluzione è passata con 429 voti contro 225, nonostante l’astensione dei Verdi e la proposta dei popolari europei di rimpiazzare “Emergency”con “Urgency”. [Politico]

Le sfide della COP 25. Si prospetta un gran lavoro alla COP 25 di Madrid (2-13 dicembre): molti i temi di discussione per le delegazioni nazionali, in particolare la messa a punto dei meccanismi di sostegno ai paesi che hanno subito danni ascrivibili al cambiamento climatico (loss and damage mechanism) e la definizione di regole chiare per il mercato del carbonio (carbon market) previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, che entrerà in vigore nel 2020. Le cose peraltro non stanno andando come dovrebbero: le concentrazioni medie globali di anidride carbonica continuano a salire avendo raggiunto 407,8 parti per milione . L’ultimo documento delle Nazioni Unite “Emission gap Report 2019” mostra come le emissioni globali stiano crescendo dell’1,5% all’anno, mentre per rispettare l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi (1,5°C) dovrebbero ridursi del 7,6% all’anno. [UNFCCC]

Finanza verde ma non troppo. Blackrock e quasi tutti gli altri gestori di fondi di investimento puntano su prodotti carbon-free, senza peraltro abbandonare asset importanti a base di carbone, gas e petrolio. Le banche potrebbero, ma per ora non se la sentono di disinvestire massicciamente dal fossile: unica via per far crollare il sistema. Ma qualcosa si sta muovendo, come riferisce questa analisi su Scienza in rete. [Scienza in rete; Chiara Scavone]

No alla censura dell’EPA. Le riviste Science, Nature, PLoS, Proceedings of the National Academy of Sciences, Cell e Lancet hanno firmato una Dichiarazione in cui chiedono all’Agenzia di protezione ambientale statunitense (EPA) di non adottare la nuova norma di trasparenza che consente di utilizzare solo studi che rendano pubblici tutti i dati. La norma non ha senso, perché molte indagini sono tenute alla riservatezza dei dati per rispetto della privacy. Così facendo l’EPA verrebbe meno al suo mandato di riduzione dei rischi ambientali “utilizzando le migliori informazioni scientifiche disponibili”. Si tratta infatti, come osserva il New York Times, di un insidioso tentativo da parte dell’Amministrazione Trump di depotenziare l’attività dell’EPA. [New York Times]

Un finto corno di rinoceronte per contrastare il bracconaggio. Fritz Vollrath e colleghi hanno pensato a una soluzione alternativa per contrastare il bracconaggio dei rinoceronti: immettere sul mercato corna artificiali. Fatte di crine di cavallo, sono identiche a quelle vere e hanno perfino lo stesso odore. L'idea dei ricercatori è che immettendo di nascosto il finto corno di rinoceronte sul mercato si possa diminuire la domanda per l'originale. Vollrath specifica che comunque il corno non è pensato per soppiantare tutte le altre strategie di conservazione, ma, come spiega, «abbiamo visto che da sole non sono sufficienti a tutelare i rinoceronti». Per molti gruppi conservazionisti, tuttavia, l'idea di Vollrath e colleghi potrebbe in realtà finire per incrementare la richiesta, e sostengono la necessità di lavorare soprattutto per cambiare la mentalità degli acquirenti. [New York Times]
CRONACHE DELLA RICERCA
Lotteria nazionale per la ricerca. Si diffondono le lotterie per finanziare la ricerca scientifica, reputando meglio il caso del giudizio di una commissione. Così sembrano pensarla le agenzie della ricerca neozelandese e svizzera, che hanno cominciato a sperimentare l’assegnazione casuale, mediante estrazione random via computer dei progetti di ricerca. Anche la Fondazione Volkswagen ha scelto questo metodo per un suo grant. In realtà, come spiega Nature in un articolo, non ci si affida solo al caso. Prima una commissione esclude le proposte di bassa qualità, sottoponendo i rimanenti progetti al capriccio della lotteria. Non tutti sono d’accordo, ma molti commentatori sottolineano che questo metodo evita i bias, protegge dai conflitti di interesse, e aumenta le probabilità di finanziare ricerche non mainstream, che potrebbero essere penalizzate da panel di valutazione conformisti. [Nature]

Non è un Nobel per donne. Niente donne tra i premi Nobel in Medicina, Fisica e Chimica di quest'anno: un’assenza che non deve stupire se si considera che, tra il 1901 e il 2019, solo 20 donne hanno ricevuto il premio Nobel in queste tre categorie. Un'indagine pubblicata su The Lancet prende in considerazione la distribuzione tra maschi e femmine delle candidature avvenute tra il 1901 e il 1966 per Fisica e Chimica e i dati dal 1901 al 1953 per Medicina, rivelando che le candidate donne sono meno, molte meno, rispetto agli uomini. [Scienza in rete; Debora Serra]

Modeste proposte per migliorare l’università italiana. Franco Gabrielli di Quercita, già ordinario di biologia molecolare all’Università di Pisa, fa sei proposte per riformare l'università italiana: selezione del personale decisa da una commissione solo interna all’università, ma responsabile collettivamente delle scelte; una progressione nella carriera (e salario) che guardi davvero ai risultati conseguiti; valutazione e finanziamento delle università, della ricerca e del personale da parte del Ministero competente secondo criteri di merito; la regolamentazione dell'attività professionale extra-universitaria; una serie di facilitazioni agli studenti meritevoli e una didattica di cui i docenti risultino collettivamente responsabili. [Scienza in rete; Franco Gabrielli di Quercita]

Leopardi vero nerd. È poco noto, ma prima del greco Giacomo Leopardi ha incontrato le scienze. Dell'amore per l'astronomia, delle letture di fisica e chimica racconta il nuovo libro di Giuseppe Mussardo e Gaspare Polizzi, "L'infinita scienza di Giacomo Leopardi" (Scienza Express, 2019). [Scienza in rete; Valentina Sordoni]
SALUTE
Gli antiretrovirali ai neonati abbattono il virus. Iniziare la terapia antiretrovirale a poche ore dalla nascita riduce drasticamente la presenza del virus HIV e migliora le risposte immunitarie nei neonati positivi. Le infezioni da HIV nei neonati rappresentano un enorme problema sanitario soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Da tempo l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che i neonati infetti ricevano un trattamento antiretrovirale entro poche settimane dalla nascita. Il nuovo studio, condotto su neonati in Botswana, ha mostrato che una cura anticipata a sette ore dopo la nascita riduce considerevolmente il loro serbatoio virale rispetto a quelli trattati 4 mesi dopo la nascita. Il trattamento precoce ha mostrato anche risposte cellulari T specifiche per l'HIV più funzionali e risposte antivirali nel sistema immunitario innato. “L’importanza di questo studio, pur limitato nella casistica e focalizzato su una popolazione molto particolare consiste nel dimostrare che la roccia del reservoir virale non è così inattaccabile dai farmaci antiretrovirali come ritenuto finora e potrà servire quindi come esempio per simili approcci in popolazioni adulte a rischio d’infezione con HIV” commenta su Scienzainrete Guido Poli, dell’Unità d’Immunopatogenesi dell’AIDS, dell’Università e IRCCS San Raffaele di Milano. [Scienza in rete; Guido Poli]

Primipare esitanti sui vaccini. Da uno studio italiano pubblicato su European Journal of Public Health e condotto su 1.820 donne incinte in 14 città italiane risulta che solo il 9% sono convinte dell’utilità e sicurezza della vaccinazione, molte le dubbiose, 20% potenzialmente contrarie. La fiducia aumenta in chi ha già avuto almeno un figlio e in chi riceve le informazioni dal medico di famiglia o altro operatore sanitario. Un altro studio sulla stessa rivista mostra l'aumento di personale sanitario vaccinato contro l'influenza al Policlinico Gemelli di Roma, con tassi maggiori nei reparti dove si sono vaccinati primari e capisala. [Scienza in rete; Debora Serra]
TEMPI MODERNI
Generazione Touch. Fa bene o fa male? Dobbiamo limitarla, e se sì quanto e come? L'influenza dei dispositivi digitali sui bambini più piccoli è una questione ancora aperta, perché rappresenta un fenomeno relativamente recente. I bambini più piccoli sviluppano con questi strumenti una relazione inedita. In questa fase dello sviluppo, il loro cervello è estremamente plastico e quindi i rischi e i benefici derivanti da qualsiasi esposizione ambientale sono massimizzati. L'immediatezza e la portabilità di tablet e smartphone, in particolare, fanno sì che l'incontro dei bambini con i media avvenga oggi molto prima rispetto a quanto accadeva anche soltanto pochi anni fa: sono coinvolti 8 bambini su 10 tra i 3 e i 5 anni, alcuni prima dei 12 mesi di vita, ancor prima, quindi, di aver raggiunto determinati livelli di coordinazione oculo-manuale. I pediatri italiani suggeriscono che l'esposizione ai dispositivi touch sia vietata ai bambini al di sotto dei 2 anni di età, durante i pasti, almeno un'ora prima di andare a dormire (il sovraccarico cerebrale determinato dai troppi stimoli è determinante se l’esposizione avviene a ridosso del sonno). Suggeriscono, inoltre, di limitare l'esposizione ai media a meno di un'ora al giorno ai bambini di età compresa fra 2 e 5 anni, a meno di due ore al giorno ai bambini tra 5 e 8 anni, di scegliere programmi di alta qualità, di testarli prima che il bambino li utilizzi e di fare in modo che ciò accada solo in presenza degli adulti, così da favorire gli apprendimenti e le relazioni. [Scienza in rete; Elena D'Alessandro]

Contratto per un web democratico. Tim Berners-Lee, considerate uno degli inventori di internet, ha stilato un Contratto per rendere il web una risorsa positiva e non distruttiva per l’umanità. Si articola in nove principi. Eccoli: Per i governi: 1. Assicuratevi che tutti possano connettersi a Internet. 2. Mantenete sempre a disposizione internet, tutto il tempo. 3. Rispettate e proteggete i diritti fondamentali della privacy e dei dati online delle persone. Per le aziende: 1. Rendete internet accessibile a tutti. 2. Rispettate e proteggete la privacy delle persone e i dati personali per costruire la fiducia online. 3. Sviluppate tecnologie che promuovano il meglio per l'umanità e contrastino il peggio. Per i cittadini: 1. Siate creatori e collaboratori sul Web. 2. Costruite comunità forti che rispettino il discorso civile e la dignità umana. 3. Lottate per il web. Ogni principio si articola in obiettivi e sintetiche spiegazioni. [Contract for the web]

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