Il concetto di MODELLO alle elementari

Esperienze condotte nelle classi 4^ e 5^  scuola elementare di Appignano dal Tutor Alfredo Tifi e dalle insegnanti  Verena Temperini e Daniela Governatori

11 marzo 2004

 

Oggi i bambini della 4ª e quelli della 5ª hanno iniziato a esplorare il concetto di modello.

In questa serie di  esperienze sul concetto di modello e nelle indagini da esse stimolate, c’è contenuto il nocciolo della scienza come impresa dell’intelletto. Questa percezione della scienza e la capacità di sentirsi protagonista di successo in tale impresa, influenzerà certamente lo sviluppo cognitivo e affettivo del bambino più quanto non possa fare l’acquisizione di qualsivoglia nozione mnemonica e disciplinare sull’ambiente o sul corpo umano.

Il “marchingegno” che potevano vedere i bambini aveva un tappino e una penna infilati verticalmente a circa 5 cm di distanza su una scatolina di cartone (video).

Inizialmente ai bambini si mostra che ruotando il tappino anche la penna ruota, e lo fa nella stessa direzione. I bambini affermano subito che c’è qualcosa che collega il tappino alla penna, dentro la scatola. Questo è quanto si richiede loro: “siete degli scienziati, fate le ipotesi e disegnate le ipotesi” Si è utilizzato il seguente schema.

 

 

 

Le ipotesi disegnate sono chiamate modelli.

 

I modelli devono “funzionare” riproducendo il più possibile quanto accade nel sistema reale.

 

I bambini hanno ipotizzato vari meccanismi per il marchingegno e alcuni li hanno disegnati.

 

I modelli si mettono alla prova facendo esperimenti.

 

Perciò ai bambini è stato richiesto di proporre esperimenti.

 

1. I bambini hanno chiesto se il tappino si poteva togliere.

Il prof. ha verificato che si può togliere e rimettere il tappino senza problemi sul funzionamento.

I bambini hanno dedotto la presenza di un ingranaggio dove alloggiare il tappino che, infatti, presenta sei denti all’estremità infilata. Nei disegni sono apparsi ingranaggi.

 

2. È stato chiesto di invertire il verso di rotazione del tappino e vedere cosa accadeva.
Ruotando il tappo in senso antiorario, la penna non si metteva in rotazione. Un bambino è riuscito a spiegare tale asimmetria con un modello in cui un anello elastico, passante intorno al perno del tappino, va a toccare la penna solo da un lato, proseguendo poi verso un terzo perno rotante, interno alla scatola, disallineato rispetto agli altri due. In tal modo l’elastico si allenterebbe e non farebbe più presa sulla penna, ruotandolo in senso antiorario e mettendo in tensione il tratto che non è a contatto con l’asse della penna. Il bello è che il bambino era già al terzo modello disegnato in pochi minuti e che lui stesso ha spiegato alla classe il principio di funzionamento.

 

Diversi bambini chiedevano di aprire la scatola per vedere. Si è risposto loro che gli scienziati inventano dei modelli proprio perché non possono aprire i sistemi che studiano, ma possono solo fare esperimenti più o meno approfonditi su di essi.

 Per esempio, come facciamo a sapere dove va il panino che ha mangiato xxxxx? Non la possiamo aprire! Siccome entra dalla bocca mi viene da pensare che va nella testa. Ma se uno mangia troppo gli fanno male i piedi, la testa o la pancia? Il mal di pancia è un esperimento che conferma un modello in cui le cose che mangiamo vanno nella pancia. I bambini hanno detto che si può fare l’ecografia della pancia e vedere cosa c’è e che potremmo farla anche alla scatola. Ma a scuola non abbiamo la macchina per l’ecografia e gli scienziati avevano il modello che i panini vanno nella pancia anche prima dell’invenzione dell’ecografia.

Per sapere cosa c’è nel nucleo della Terra gli scienziati possono fare solo modelli e ipotesi. Si basano su ciò che si può osservare nella lava che esce dai vulcani e da esperimenti simili all’ecografia. L’ecografia della Terra si fa con delle esplosioni in certi punti della superficie. Le onde dell’esplosione si propagano e si registrano come delle piccolissime scosse di terremoto in altri punti molto lontani. Queste scosse non sono pericolose: solo le apparecchiature sensibili le registrano. Siccome le mini-onde di terremoto non vanno dritte, ma rimbalzano, gli scienziati capiscono che ci sono delle superfici in profondità che le riflettono, e in questo modo possono disegnare un modello dell’interno della Terra che somiglia a una pesca col nocciolo.

 

 

In classe 5ª abbiamo riproposto lo stesso “modello” di lezione, e i bambini hanno chiesto di effettuare più esperimenti e soprattutto hanno iniziato spontaneamente a costruire dei modelli concreti, oltre che disegnarli, usando penne, gomme, elastici, nastri di carta ecc.

 

 

Il “correttore”, a sinistra, è un esempio di “marchingegno” che può aver ispirato qualche bambino.

 

 

Due gruppi hanno proposto, indipendentemente l’uno dall’altro, che nella scatola ci fosse come una casetta audio e hanno richiesto una cassetta alla maestra per fare le prove in simulazione.

Questo è un altro modo usato dagli scienziati per mettere alla prova i modelli: facendo esperimenti su sistemi artificiali anziché sui sistemi reali o naturali. Per esempio, per vedere quali alimenti preferiscono i pesci possiamo metterli in un acquario e fornire tali alimenti, anziché buttare i mangimi in acqua e correre dietro a ogni pesce per vedere quale mangia. Il difetto delle simulazioni è che non possiamo mai essere certi che nel sistema artificiale (acquario) succedono proprio le stesse cose del sistema naturale (mare). Per provare le medicine nuove si usano i topi: il loro organismo è usato come modello artificiale dell’organismo umano. Una medicina che fa bene al topo, però, non è detto che farà bene anche all’uomo.

 

I bambini di quinta hanno richiesto anche altri esperimenti e costruito i loro modelli (anche concretamente, come dei prototipi) sulla base dei risultati ditali esperimenti. Hanno pensato a soluzioni completamente originali: ingranaggi formati da ruote dentate con i denti solo su metà circonferenza e altri marchingegni con gomme forate ed elastici.

 

Gli esperimenti richiesti sono di seguito descritti.

Invertendo il senso di rotazione del tappino, inizialmente la penna rimane ferma, ma dopo un po’ riprende a ruotare in senso orario. Se si agisce manualmente sulla penna, invertendone il verso di trascinamento, essa provoca il moto del tappino in senso inverso a quello con cui esso era prima azionato.

I bambini che sperimentavano l’audio—cassetta, non solo hanno riprodotto tutti i comportamenti del marchingegno, ma si sono resi conto che a un giro completo dell’ingranaggio senza nastro avvolto corrispondeva  meno di un giro dell’altro ingranaggio, dove il nastro era tutto avvolto. Hanno voluto verificarlo sul marchingegno. Ho suggerito loro di segnare col bianchetto un punto del tappino per riconoscere la rotazione di un giro esatto. L’esperimento ha confermato la loro ipotesi: un giro completo del tappino provoca soltanto meno di mezzo giro della penna!

Abbiamo concluso che il modello migliore è il meccanismo di un’audiocassetta e che se il sistema reale non contiene un’audiocassetta, deve somigliarle molto.

 

Ci sono altri esperimenti che si sarebbero potuti fare:

Se la penna viene ruotata manualmente nella stessa direzione in cui era stata messa in moto dall’azione  del tappino, questo rimane fermo. Se si ruota la penna dalla posizione iniziale questa risulta bloccata in senso antiorario mentre in senso orario non trasmette il moto al tappino. Dalla posizione iniziale solo il tappino è libero di ruotare in entrambe le direzioni, trascinando sempre la penna in senso orario.

 

Come applicazione del concetto di modello gli stessi gruppi di bambini hanno ricevuto un barattolo di caldo – caldo (cioccolato autoriscaldante) e una fotocopia dello spaccato vuoto entro il quale disegnare il “modello” di funzionamento del dispositivo di auto-riscaldamento. I bambini potevano anche vedere il cloruro di calcio e sentire il rumore derivante dal suo scuotimento, da un sacchetto di ricarica per deumidificatori. Abbiamo asportato dalle etichette dei barattoli “caldo caldo” la parte dove il “modello” era già bello e disegnato (scoperta fatta da un bambino di quarta…). In questo caso abbiamo detto ai bambini che alla fine i loro modelli sarebbero stati verificati aprendo il barattolo col taglierino.

 

I bambini hanno ascoltato la provenienza del rumore del liquido (dal basso) e dei granelli di cloruro di calcio (dal centro). Un gruppo ha constatato la presenza di acqua sul fondo osservando controluce. Dopo aver disegnato la disposizione dell’acqua, della bevanda e del cloruro di calcio e stabilito la presenza di intercapedini e membrane da forare, hanno seguito le istruzioni per riscaldare il cioccolato e infine hanno assaggiato il prodotto.

 

29 aprile 2004

 

Classe 4ª Introduzione delle macchine operatrici

Ho disegnato una specie di scatola avente a sinistra due caselle e delle frecce e a destra un’altra casella. Sulle caselle di sinistra ho scritto INPUT e su quella di destra OUTPUT. Nella  scatola ho disegnato qualcosa di simile a un ingranaggio e scritto MECCANISMO 1 . Inizialmente la maestra Daniela, di fronte alla lavagna, ha svolto la funzione di “scienziato” che proponeva i due numeri in input, mentre io “facevo eseguire” il calcolo alla macchina operatrice disegnata alla lavagna e scrivevo l’output, costituito da un singolo valore.

I bambini sono stati subito coinvolti in questo modo: “come per il marchingegno, anche questa macchina ha al suo interno un meccanismo. Ancora una volta siete voi gli scienziati e dovete sforzarvi di pensare un modello delle oper-azioni che questa macchina compie. Ancora una volta avete solo un modo per valutare se il vostro modello funziona: effettuare altre prove, altri esperimenti, e verificare se le previsioni sono giuste.”

Dopo due tentativi proposti dai bambini e output scritti dalla macchina i bambini hanno subito compreso cosa dovevano fare e hanno iniziato a proporre delle ipotesi e chiesto se tali ipotesi fossero giuste. Ho risposto loro che la macchina non può rispondere direttamente alle domande, ma può solo essere usata per ripetere il calcolo su nuovi input, per produrre nuovi output che si confrontano con le nostre previsioni. Come non si poteva aprire marchingegno per vedere il suo contenuto, così non si può sapere cosa effettivamente fa la macchina. Una volta capito il gioco subito si sono proposti dei bambini a fungere da macchine operatrici.


 

27 maggio 2004

 

L’idea della macchine operatrici ha dato frutti. Dopo circa un mese constato che i bambini, lasciati liberi dalla maestra, stanno giocando alle macchine operatrici: uno di loro alla lavagna funge da “meccanismo di calcolo” della macchina, con due input e due output, mentre gli altri bambini forniscono gli input e ipotizzano modelli per i meccanismi.. In figura un esempio.

 

 

Secondo Martina la macchina opera con il seguente modello: al primo numero si addiziona 7 per dare il primo output; il risultato si moltiplica per l’altro termine in input per dare il secondo output. Il modello scritto alla lavagna è stato cerchiato da Riccardo (era lui la “macchina operatrice”) dopo due conferme sperimentali successive.

Ho capito che c’era la giusta atmosfera per proporre un’attività a gruppi sulla:

 

Ricerca delle regolarità nascoste

I bambini sono stati divisi in 5 gruppi, con il compito di trovare delle regolarità, delle relazioni come quelle delle macchine operatrici tra una variabile in input e una in output.

A.     tappi a corona 1. Si devono realizzare degli schieramenti quadrati di tappi a corona. L’input è il numero di tappi del lato e l’output il numero di tappi totale del quadrato.

I bambini hanno individuato la relazione nascosta dopo pochi minuti e alla fine non contavano più i tappi, poiché sapevano già quanti ne servivano per completare i quadrati.

 

B.     Tappi 2. Come sopra, solo che lo schieramento è a triangolo equilatero

 

C.     Cerchi. L’input è il diametro di oggetti rotondi, l’output è la circonferenza. Entrambe le variabili sono state misurate con un metro di stoffa precedentemente autocostruito dai bambini.

 

 

D.     Molla. L’input è il numero di spire libere, l’output il numero di oscillazioni in 20 secondi. I bambini avevano a disposizione anche un cronometro.

 

 

E.      Dado nella scatola. Una scatola contiene un dado con facce di vari colori. Attraverso una finestra traslucida si può vedere solo una faccia del dado alla volta. In questo caso l’input è il numero di lanci e gli output sono i numeri di uscite di ciascun colore. In questo caso si deve ricostruire un modello concreto, anziché matematico, del dado.

 

 

 

 

Per i casi difficili (B, C, D) la regolarità cercata può essere un semplice grafico X-Y delle due variabili correlate. In effetti il grafico può essere usato per fare delle previsioni, come un qualsiasi modello.


Ancora marchingegni!

Nella classe di Verena, sempre giovedì 27 maggio, abbiamo visto altri due marchingegni.

Il marchingegno 1 ha un tappino e una penna come per il n°3(video) . I bambini notano che i due perni sono molto più vicini; mi chiedono di ruotare il tappino; la penna ruota in senso contrario. Mi chiedono di ruotarlo in senso opposto: la penna si mette subito in rotazione, ancora una volta nel verso contrario a quello del tappino. I bambini concludono che i due perni ruotano sempre in direzioni opposte. Il meccanismo deve essere meno complesso di quello del marchingegno 3. Li invito a proporre altri esperimenti, analoghi a quelli che avevamo fatto con il primo marchingegno. Un bambino propone di agire sul perno alto. Ruotandolo, in ambedue le direzioni, il tappino si mette ugualmente in rotazione in senso opposto e in nessun caso “gira a vuoto”. Iniziano a ipotizzare la presenza di un elastico che avvolge due rotelle, interne alla scatola, in cui sono infilati i due perni. Disegnano alla lavagna tale modello e li invito a simularne il funzionamento, per verificarne la validità. Li aiuto disegnando delle frecce lungo l’elastico (modello a).

 

                

modello a                    modello b                    modello c                     modello d

 

Si nota che tale modello a prevede un moto concorde dei due perni, cosa che si scontra con i risultati sperimentali. Un bambino trova subito la correzione appropriata al modello, disponendo l’elastico a “8” (modello b) In effetti questo modello fornisce previsioni più vicine al comportamento reale.

Ma i bambini sono abituati e non concludono frettolosamente che tale modello coincide con la realtà. Infatti un altro bambino propone un modello con due ruote dentate (modello d). Ne approfitto per proporre loro un altro esperimento. Segno col bianchetto un punto sul tappino, rivolto verso di loro. Si nota così che con un giro completo del tappino la matita fissata all’asta lunga compie solo mezzo giro. Viceversa, un giro completo della penna causa due rotazioni del tappino. Dopo una breve discussione i bambini modificano il modello introducendo una ruota più grande e una più piccola e, riflettendo sul meccanismo di trasmissione della bicicletta, deducono che la ruota più grande si deve trovare in corrispondenza della penna (modello c).

 

Ritenendosi soddisfatti per aver trovato ben due modelli convincenti per il Marchingegno1, ho proposto loro anche il n° 2 (video). In questo caso ci sono due cannucce infilate come sempre parallele l’una all’altra, con l’estremità ricurva, come due L rovesciate, G, una gialla l’altra rossa. Dopo poche prove si trova che le parti alte delle due G puntano sempre nella stessa direzione anche dopo diversi giri, senza nessuno sfasamento. Immediatamente alcuni bambini si sono ricordati del modello a del marchingegno precedente, che era perfettamente valido. Cinghia elastica disposta ad anello su due rotelle (i bambini non conoscevano il termine carrucole) di uguali dimensioni.

Questo è un esempio di come anche i modelli imperfetti non vanno mai “buttati”, poiché potrebbero tornare utili in altre situazioni.

 

I modelli sono sempre perfezionabili

Una volta verificato che il modello a riproduceva tutti gli esperimenti “standard” sul marchingegno 2 (rotazioni concordi di entrambe le aste) ho suggerito ai bambini di mettere alla prova l’idea dell’elastico, con un altro esperimento: teniamo bloccata un’asta mentre cerchiamo di ruotare l’altra. Cosa deve succedere se c’è un elastico?

Il modello si usa per fare una previsione in una situazione nuova.

 La risposta è semplice: la rotazione dovrebbe incontrare un po’ di resistenza, poiché l’elastico si metterebbe in tensione per l’attrito, ma alla fine si dovrebbe riuscire a far ruotare un’asta tenendo ferma l’altra; inoltre, rilasciandola, questa dovrebbe avere una certa tendenza a tornare indietro. Proviamo e otteniamo questo risultato: se un’asta è bloccata l’altra non riesce a muoversi affatto. Ha un minimo di gioco avanti e indietro, ma non ruota.

Come possiamo modificare il modello in modo da contemplare anche questo fatto sperimentale inatteso?

Dopo un breve momento di blocco ho suggerito ai bambini di pensare alla bici. Immediatamente qualcuno ha suggerito di sostituire l’elastico con una catena. Quindi si giunge a un modello e formato da due ruote dentate uguali unite da una catena, come per una bici. Tutto questo è molto bello, affascinate e funziona, ma… non è ciò che sta nella scatola. Il percorso sui marchingegni per questa volta si chiude qui, con questo dubbio amletico, molto simile a quelli che ci regala la scienza.