PROGRAMMA DEL CORSO

(SASSARI 10/11 SETTEMBRE 2007)

Prima parte

1. Plenaria:

Introduzione: perché occorre un percorso strutturato

di alfabetizzazione scientifica?

Aspetti generali del metodo dei cicli di

apprendimento, applicati agli organizzatori cognitivi,

o concetti propedeutici.

2. gruppi di lavoro

ESPLORAZIONE DEL CONCETTO I (Interazione)

Che cosa può accadere tra due o più cose?

Terne:

1. acqua, bicarbonato, vitamina C

2. BTB, succo di limone, bicarbonato

3. limatura, magnete, aceto

4. pila 4,5 V, lampadina, filo

5. carta copiativa, bastoncino di legno, foglio bianco

6. cristalli (della lettiera), vino rosso, sale grosso

3. Plenaria:

INVENZIONE dei concetti di "I" e di "evidenza della I" e CC (Conversazione Clinica) sui concetti (adeguata ai docenti)

Domande stimolo

A. Che cosa sono per voi le I?

possibile specificazione: si vedono (a volte, sempre, mai) le I? e/o si possono tenere in mano le I?

B. Quali sono le evidenze delle I, cioè da che cosa si riconoscono le I?

 

Possibili specificazioni-stimoli al contraddittorio

Tra quali tipi di cose può esserci la I?

C'è un numero minimo e un numero massimo di cose per avere I?

Una singola cosa può subire o instaurare una I da sola, senza l'intervento di altre?

Che differenza c'è tra I e trasformazione?

Due cose possono Interagire tra loro senza continuare a trasformarsi?

4. Contraddittorio:

quali di queste parole-evento comportano un'azione (Az), quali una trasformazione (Trasf) e quali comportano una I, secondo voi?

  EVENTO

Az..

T...

I....

  urto

x

 

x

  tensione

x

 

x

  deformazione

x

x

x

  adesione

x

 

x

  contatto

x

 

 

  equilibrio

 

 

x

  galleggiamento

 

 

x

  sgonfiamento

x

x

 

  caduta

x

 

 

  avvicinamento

x

 

 

  attrazione

x

 

x

  evaporazione

x

x

 

  raffreddamento

x

x

 

Stimolo alla differenziazione progressiva-riconciliazione integrativa

C. Quanti e quali tipi di I esistono secondo voi?

Specificazioni: in base al criterio della a) distanza; b) conservazione; c) natura delle cose che I; d) contemporaneità - simmetria/asimmmetria causa - effetto

Costruzione della MC ( matrice cognitiva) durante la CC

Gruppi di lavoro: SCOPERTA DEL CONCETTO I (Interazione)

1. Ti viene consegnata una pila da 1,5 V, un filo e una lampadina. Riesci a far accendere la lampadina?

2. C'è interazione tra BTB blu e il tuo respiro? E tra BTB e l'aria della pompa? Prepara un esperimento per riconoscere quale, tra due palloncini uguali contiene aria normale e quale aria respirata.

3. Costruisci una coppia di telefoni comunicanti con lo spago cerato lungo 20 m e due vasetti. Come si può interrompere la comunicazione (senza tagliare il filo)?

4. A quale distanza minima la bussola e il magnete interagiscono? Esiste qualche modo per modificare questa distanza minima? (a disposizione: una riga)

5. Scopri quale barattolino contiene il chiodino e quali contengono soltanto sale, avendo a disposizione un magnete (non puoi aprire i barattoli)

6. L'alluminio e il sale di rame non interagiscono. Con quale di questi ingredienti si riesce ad attivare un'intensa interazione? A) aceto; B) bicarbonato; C) sale; D) zucchero.

- Plenaria: Ridefinizioni della MC, confronto con la mappa scientifica presuntiva del concetto di I. 

- Invenzione del concetto di sistema (barattolo, candela, BTB)

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NOTE SULLO SVOLGIMENTO EFFETTIVO DELLA FORMAZIONE (I parte) (10 settembre 2007)

Nell'esplorazione 1 (acqua, bicarbonato, vitamina C) si ha una fenomeno singolare solo quando sono coinvolte tutte e tre le cose, come anche nel n. 5 (carta copiativa, bastoncino di legno, foglio bianco)

Nell'esplorazione 3 (limatura, magnete, aceto) e nella 6 (cristalli (della lettiera), vino rosso, sale grosso) sarebbe opportuno disporre della lente per osservare le minuscole bollicine prodotte dal ferro con l'aceto o dal gel di silice con il vino.

La prevista costruzione della matrice cognitiva è stata abbozzata durante la conversazione clinica.

L'interazione in questa prima fase si identifica sostanzialmente con i fenomeni osservabili stessi, sempre dinamici e per lo più irreversibili, che accompagnano l'unione e il contatto tra più cose.

La conversazione clinica sulle evidenze dell'interazione è stata condotta in un secondo momento.

 

 

È stato sufficiente elencare un certo numero di osservazioni specifiche rilevate durante l'esplorazione per distinguere il concetto di interazione da quello di evidenza dell'interazione.

Comunque il concetto di evidenza dell'interazione è ancora associato all'osservazione di qualche fenomeno specifico risultante dal contatto tra due corpi.

Non è stato considerato come alcuni dei fenomeni riscontrati potrebbero in realtà interessare una cosa sola (che non sta interagendo con null'altro), come una foglia, che nel tempo cambia colore, né come l'interazione possa verificarsi anche senza contatto o sussistere anche senza fenomeni dinamici (cambiamenti in atto).

In sostanza non si è considerato che l'evidenza non è costituita solo da una componente osservativa, ma anche da una componente logica che entra in gioco maggiormente nel caso delle interazioni a distanza e delle azioni statiche.

Queste particolarietà e risultanze delle esperienze di scoperta sono state messe in rilievo e dibattute nella discussione successiva (es. interazione a distanza tra bussola e magnete, azione statica tra supporto ed estintore appeso e tra ago deviato (ma fermo) e magnete immobile).

L'esperimento con i bicchieri collegati dal filo ha evidenziato anche come l'interazione si può trasmettere da un luogo all'altro.

La mappa "meta" sulla destra, anche se non è stata impostata esplicitamente, avrebbe pertanto potuto essere facilmente costruita con gli elementi in possesso del gruppo di lavoro.

Dopo il laboratorio di scoperta, la discussione generale sull'applicazione della proposta complessiva alla programmazione ha assorbito comprensibilmente molto tempo, impedendo di discutere a fondo le implicazioni delle esperienze di scoperta dell'interazione e, conseguentemente, le modifiche da apportare alla matrice cognitiva.

È stato comunque sufficiente descrivere tale processo di aggiustamento, che in una classe reale può essere compiuto gradualmente (mappa su cartellone) o anche alla fine del percorso (mappa collettiva alla lavagna), costituendo in entrambi i casi un'occasione di valutazione molto significativa.

A proposito di valutazione si è chiarito che un aspetto fondamentale è dato dall'accertamento che i bambini siano in grado di riutilizzare i concetti di interazione e di evidenza anche nelle unità didattiche successive e anche negli anni scolastici successivi. La loro capacità di generalizzazione del concetto - organizzatore cognitivo si ricava durante tutte le attività di verbalizzazione, tra un'esperienza e la successiva, in una sorta di valutazione continua.

Con ciò non escludiamo le altre possibili modalità di valutazione che la scuola può attivare secondo i propri criteri.

Ciò che è sembrato poco chiaro è l'oggetto della valutazione. Gli organizzatori cognitivi (interazione, sistema, ecc.) e i concetti ad essi correlati (evidenza, sistema chiuso, aperto ecc.) sono strumenti propedeutici, ma sono pure contenuti. La padronanza e utilizzo pertinente nel linguaggio spontaneo di tali concetti è tutto ciò che va valutato. Il fatto che tali strumenti siano tali in senso propedeutico, non obbliga i docenti di scienze a impostare un curriculo di contenuti disciplinari atto a richiamare tali concetti. Infatti:

- 1° tali concetti sono comunque rievocati durante la lunga fase di scoperta e durante i percorsi relativi ai concetti chiave successivi, concatenati in modo ciclico;

- 2° le nuove indicazioni fanno riferimento ai contenuti tematici e disciplinari solo come esempi nella parte specifica (dato che deve essere ancora ripensata una revisione dei curricoli), mentre il riferimento agli organizzatori cognitivi, all'obiettivo di imparare a imparare, il confronto sistematico con l'esperienza comune, lo stretto rapporto tra il pensare e il fare, l'uso del laboratorio come momento attivo, la generazione di ipotesi creative e la capacità di motivare le proprie affermazioni (es. quali sono le evidenze di...?), il lavoro di costruzione di significati interindividuali (es. volete che l'interazione sia associata solo a cambiamenti permanenti?), il risolvere problemi e il verificare l'operatività degli apprendimenti realizzati in precedenza (che può essere fatto anche in maniera a-disciplinare) sono elementi espliciti di tutta l'area matematico-scientifica-tecnologica, e non semplici suggerimenti.

- 3° l'operatività disciplinare dei concetti-contenuti appresi stabilmente risulterà utile, prima ancora che valutata, nella formazione secondaria.

Detto ciò, se la scuola decide di conservare un margine di curriculo tradizionale tematico e disciplinare (per influenze esterne o paura del vuoto), e ammesso che lo scarso tempo a disposizione per l'istruzione scientifica consenta comunque la realizzazione di tale doppio o triplo binario, rimane il fatto che la continuità, sistematicità, coerenza e completezza devono essere riservate al percorso di alfabetizzazione scientifica primaria, che consta dei seguenti strumenti base: gli organizzatori cognitivi e il metodo scientifico-critico; mentre la frammentarietà e l'enciclopedismo possono essere riservati ai contenuti tematici del curriculo come, d'altra parte, accade da sempre. Altrimenti tutta la proposta di scienzainrete perde di significatività e di valore.

Alcuni esperimenti della fase di scoperta sono particolarmente degni di nota.

Nell'esperimento PS_1 si nota che solo con l'interazione combinata di tre oggetti si riesce a far illuminare la lampadina.

Se l'esperimento PS_2 viene fatto, come dovrebbe, in seconda elementare nell'ambito del concetto di interazione, i bambini non dovrebbero ricavarne una conferma della teoria disciplinare che la respirazione genera anidride carbonica. Semmai essi dovrebbero rendersi conto, per evidenza logica, che sussiste un'interazione tra l'aria normale e i polmoni, che produce "un'aria diversa", capace di interagire con il BTB. In seguito potrebbero accorgersi dell'analogia tra l'aria espirata, il fumo della candela, le bollicine che fanno gonfiare il sacchetto, tutte capaci della stessa interazione col BTB, senza dover introdurre concetti chimici disciplinari. Inoltre, lasciando all'aria il bicchiere col BTB ingiallito, scoprirebbero a distanza di tempo il ripristino del colore azzurro iniziale. Potrebbero ripetere la prova con un bicchiere identico, sigillato però con una pellicola di plastica e... Insomma, possono nascere domande, problemi, iinvestigazioni possibili.

 

 

 Nell'esperimento PS_3 la comunicazione si poteva avere solo se il cavo non era piegato, se i bicchieri erano allineati col cavo e se quest'ultimo non passava tra le dita ed se era teso.

Anche parlando a voce bassa, all'altro capo si sentiva bene la voce dal bicchiere anche quando l'audio direttamente via aria non arrivava.

Per bloccare la trasmissione non bastava stringere il cavo tra le dita, ma occorreva fare questa operazione in almeno due punti .

L'interazione avviene tra le vibrazioni dell'aria nel bicchiere e lo spago.

Pizzicando lo spago direttamente con un dito, si avrà un'oscillazione ben visibile che raggiungerà l'altro "telefono".

In questo caso l'interazione si propaga perché alcune parti dello spago interagiscono con le parti limitrofe, dando luogo al "trasporto".

 

 

Nell'esperimento PS_4 ci sono state difficoltà a individuare una procedura operativa ben definita per stabilire la distanza minima in cui si aveva ancora interazione. Le corsiste hanno proposto di modificare il testo del problema: "A quale distanza la bussola e il magnete iniziano a interagire?" proposta che ci pare corretta.

Questa formulazione suggerisce di partire col magnete da una distanza in cui l'ago della bussola non si muove, (ed è una strategia più comoda rispetto a quella in cui si parte da distanze più brevi e poi si allontana il magnete), poiché in questa maniera si deve ogni volta aspettare che la bussola si fermi.

Il problema è che per verificare il moto della bussola si è fatto ricorso a movimenti di avvicinamento del magnete, e per diversi gruppi tale moto avveniva nella stessa direzione dell'ago. Invece muovendo il magnete in direzione perpendicolare alla direzione "naturale" dell'ago si riusciva a causarne un moto molto più evidente anche a distanze maggiori. Infine, per verificare l'interazione, piuttosto che compiere un moto di avvicinamento, bastava ruotare il magnete di 180 gradi mantenendolo ad una distanza fissa.

In questo modo la distanza minima di interazione era fortemente dipendente dalla posizione angolare del magnete rispetto alla direzione dell'ago. L'esperimento costituiva comunque un'occasione per estendere il concetto di interazione, perché questa avviene a distanza e non per contatto; inoltre tenendo ago ruotato rispetto alla posizione "normale" e magnete immobile ad una certa distanza si ha un esempio di interazione che si instaura anche in una situazione statica. Non è così scontato rendersi conto, infine, che la bussola interagisce con un altro magnete molto più grande, la Terra, anche quando la calamita è stata tolta di mezzo.

 

 

Nell'esperimento PS_5 (una vera e propria investigazione) occorreva immaginare la presenza del chiodino e dei possibili effetti magnetici.

Il chiodino non era abbastanza piccolo da non causare il moto del barattolo col sale quando questo era posto in posizione orizzontale,  avvicinando il magnete alla distanza giusta dal chiodino.

 

Gli sperimentatori hanno capito che non dovevano toccare i barattolini per non causarne essi stessi il moto.

 

Con un chiodino ancora più piccolo, l'unico modo per rilevarne la presenza consisteva nell'agire come sperimentato da un gruppo:

capovolgere e agitare il contenuto dei barattolini tenendo il magnete attaccato al tappo.

 

Raddrizzando il barattolo, tutto il sale va in basso, mentre il chiodino rimane attaccato al tappo, internamente. Portando il tutto all'orecchio e rilasciando il magnete, si avvertirà il suono della caduta del chiodino sul sale, chiaramente solo nel barattolino ricercato.

 

Un gruppo ha rilevato che nel problema PS_6, solo in presenza di sale  si produce la reazione attesa in cui anche l'alluminio è coinvolto. Un gruppo ha fatto notare che il prodotto marrone che si forma potrebbe essere rame, dato il colore caratteristico e il fatto che l'azzurro della soluzione di solfato di rame (evidentemente contenente rame) viene decolorata. Abbiamo fatto notare che per gli alchimisti non esisteva il nome "solfato di rame" ma quello più neutrale di "vetriolo azzurro", non associato al rame. L'esperienza sarebbe stata vista, quindi, come una "trasmutazione" di alluminio in rame.

 Al lavoro......

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SECONDA PARTE (11 settembre 2007)

Attività di investigazione

Introduzione: meccanismo di trasformazione dei blocchi logici (blocchi reali).

Vedere ad esempio questo report: http://www.scienzainrete.it/MOBL/report_01_01_02_07.htm

Tutte queste attività consistono nell'investigazione di sistemi complessi, per i quali si deve ipotizzare un contenuto nascosto, o un meccanismo nascosto, basandosi sui rilievi sperimentali. Le ipotesi sono quindi verificate sulla base delle previsioni e dei riscontri sperimentali indiretti e indipendenti, eventualmente rivisti o sostituiti. Solo in alcuni casi si consentirà la verifica diretta del meccanismo nascosto.

Il lavoro di esplorazione, modellizzazione, controllo delle ipotesi, si svolgerà nelle seguenti postazioni:

1. Macchina operatrice MO11

2. Macchina operatrice MO21

3. Dado nella scatola

4. Barattoli con 2, 3, 4, 5, 6 centesimi 

5. Marchingegno 1 a filo

6. Marchingegno 2

7. Gioco del circuito

 

Alla fine ogni gruppo giunge a rappresentare, nella modalità preferita, la migliore teoria elaborata, cioè la più compatibile con i dati sperimentali.

Occorre sottolineare che, sebbene tali attività siano propedeutiche alla tecnologia e, nel caso delle macchine operatrici, anche alla matematica, esse sono esperienze che mirano all'acquisizione del metodo scientifico generale.

I bambini si innamorano facilmente dei marchingegni e si ingegnano presto per realizzare delle riproduzioni che imitano l'oggetto studiato, reperendo oggetti comuni a scuola o a casa.

Poiché essi non possono aprire un marchingegno per vedere come è fatto realmente, possono basarsi esclusivamente sul loro modello per realizzarne una riproduzione. In questo caso rientriamo nel campo della tecnologia.

Il processo scientifico è "conoscitivo" (realizzazione di costrutti teorici) quello tecnologico è "realizzativo" (realizzazione di un artefatto seguendo, in maggiore o minore misura, un modello preesistente).

Spesso la parola modello è intesa come artefatto che rappresenta solo esteriormente il vero modello. Per esempio dagli obiettivi di apprendimento previsti dalle nuove Indicazioni per il primo triennio della primaria si legge: "Percepire la presenza e il funzionamento degli organi interni e della loro organizzazione nei principali apparati (...), fino alla realizzazione di semplici modelli."

Gli errori sono due: innanzitutto non si riconosce che le descrizioni dell'organizzazione e funzionamento degli apparati date nel libro sono esse stesse i veri modelli interpretativi dell'organismo o del sistema complesso; quindi sono erroneamente definiti "modelli" degli artefatti che il bambino dovrebbe fare senza riuscire a riprodurre realmente nessuna delle funzioni caratteristiche dei veri sistemi.

Quando i bambini costruiscono delle riproduzioni concrete dei marchingegni, si preoccupano, invece, che queste funzionino, e che lo facciano il più possibile come il sistema investigato.

Pertanto possiamo chiamare "modelli" queste loro riproduzioni concrete, sostanzialmente equivalenti a descrizioni verbali o a rappresentazioni grafiche di quanto elaborato da essi teoricamente.

Se, come a volte accade, i bambini vanno oltre e modificano gli oggetti da loro costruiti, allora si può parlare di applicazioni-creazioni tecnologiche.

Inutile dire che tutte queste attività sono vissute, per abito naturale, come "semplici" giochi, dai bambini. Sono giochi in cui l'immaginazione creativa è controllata e il pensiero convergente e quello divergente sono sapientemente dosati, come risultato del darsi autonomi obiettivi "concretizzabili", "flessibili" e "dinamici".

 

REPORT 2ª PARTE (mattinata 11 settembre 2007)

Le attività di investigazione sono state introdotte in plenaria tramite la macchina operatrice a blocchi logici.

 

In un grande scatolone era contenuta una serie completa di 48 blocchi. Sul bancone si trovava una seconda serie completa di blocchi.

Le docenti sperimentatrici dovevano scegliere un blocco qualsiasi e infilarlo dall'apertura di INGRESSO (IN).

La "macchina" dentro lo scatolone trasformava il blocco producendone un altro ed espellendolo dalla finestra di USCITA (OUT).

La macchina seguiva sempre lo stesso meccanismo, scritto in un foglietto. Dopo tre ESPERIMENTI aventi carattere esploratorio, i corsisti hanno constatato che nella trasformazione colore forma e spessore rimanevano inalterate mentre le dimensioni mutavano da grande a piccola. Una collega ha espresso la prima IPOTESI che la trasformazione interessasse la dimensione, da grande a piccola, mentre il pezzo piccolo sarebbe dovuto rimanere tale. La stessa collega temeva che la macchina potesse cambiare meccanismo, spiazzandola, ma è stata rassicurata su questo punto.

Abbiamo aperto una parentesi sulla non equivalenza tra comportamento "verificatorio" e "falsificatorio" come modalità di messa a punto delle teorie. Sono diversi i controlli fatti per confermare un'ipotesi o una parte di teoria già definita, da quelli fatti per esplorare aspetti ancora non noti, e da quelli tendenti a cogliere un'ipotesi in fallo. Una cosa è scegliere un altro blocco "simile" a quelli già sperimentati per avere ulteriori conferme, un'altra è andare a vedere "se anche con un rettangolo grande si ha la trasformazione a piccolo, dato che non abbiamo mai provato i rettangoli"; qui c'è il desiderio, o comunque la percezione del rischio, di cogliere in fallo la teoria.

La scienza moderna, falsificazionista di Popper, intende il controllo come ricerca di eccezioni, di situazioni in cui la teoria fornisce previsioni false, o comunque si esponga al rischio di sbagliare. Questo atteggiamento può nascere spontaneamente anche con i bambini piccoli e può essere certamente insegnato come attitudine scientifica fondamentale, grazie al gioco investigativo dei blocchi logici e a simili altri giochi.

Tale atteggiamento è non solo utile nella scienza sperimentale, ma anche di grande valore nell'educare alla convivenza sociale, in quanto modus vivendi che immunizza da pregiudizi e conformismi. La discussione sulle ipotesi fornisce l'opportunità di imparare a motivare le proprie convinzioni; le convinzioni possono infatti essere sostenute in tanti modi, con maggiore o minore onestà intellettuale: senza alcuna argomentazione, con la prepotenza, con la retorica ecc., oppure dimostrando in modo trasparente di averle sottoposte a severo vaglio critico e di aver considerato altrui argomentazioni e punti di vista, sottoponendoli agli stessi criteri.

 Il blocco successivo, piccolo, è stato scelto dalla "collega scienziata" per indagare un aspetto del fenomeno ancora non esplorato precedentemente. Il risultato dell'esperimento (il blocco era rimasto piccolo e invariato nelle altre proprietà) ha consentito di completare quindi il quadro teorico.

Gli esperimenti successivi, con blocchi di varie forme, colori, spessori e dimensioni non hanno mai colto in fallo la teoria: "cambia solo la dimensione, da grande a piccolo". Abbiamo fatto notare che, nel caso di proprietà che possono assumere solo due attributi opposti, i bambini tendono a proporre per prime le trasformazioni simmetriche; per esempio "i grandi diventano piccoli e i piccoli diventano grandi". In tal caso essi sarebbero giunti alla teoria definitiva solo dopo un'effettiva falsificazione della teoria iniziale.

La teoria della corsista che si è cimentata è  stata quindi trovata coincidente con quanto scritto nel foglietto in dotazione alla "macchina trasformatrice di blocchi". Questa fase, non strettamente necessaria, attiene ovviamente al percorso didattico, e non alla simulazione della metodologia della scienza sperimentale, che non può giovarsi di conferme scritte.

Va osservato che la sperimentazione con i blocchi logici ha una caratteristica raramente posseduta dai veri campi di ricerca teorica: la chiusura degli esperimenti possibili: abbiamo solo 48 esperimenti possibili per esplorare, costruire la teoria e anche per confutarla o confermarla. La limitatezza del campo di esperienza riduce notevolmente la complessità del gioco e lo rende adeguato come introduzione ai tempi di attenzione e alle capacità dei bambini del primo biennio. Questa limitazione, d'altra parte, non corrisponde affatto a una banalizzazione delle possibili esperienze investigative, come risulta ad esempio dal secondo meccanismo che il gruppo di corsisti ha dovuto investigare:

"I QUADRATI DIVENTANO CERCHI E I NONQUADRATI DIVENTANO QUADRATI"

In questo caso è stato necessario fare molti più esperimenti per individuare le proprietà che provocavano la trasformazione a quadrati (più frequente) e a cerchi (meno frequente). È emersa la necessità di registrare gli esperimenti fatti. Si sono generate diverse teorie competitive e sono stati quindi effettuati "esperimenti cruciali", capaci cioè di falsificare una delle due teorie antagoniste.

Il lavoro ha richiesto questa volta il contributo di un maggior numero di insegnanti, che si sono messe in gioco. La soluzione definitiva è stata ancora una volta confermata, anche se con il termine "tutti gli altri" al posto di nonquadrati.

Nella sperimentazione con i bambini, da cui si era tratto l'esempio, i termini nonquadrati, nonrossi ecc. erano stati utilizzati e padroneggiati dai bambini stessi prima di iniziare la sperimentazione con le macchine operatrici. I meccanismi su cui svolgere le sperimentazioni in classe devono essere creati sulla base delle effettive competenze dei bambini; essi stesi possono generare un buon numero di trasformazioni, poi vagliate e aggiustate dalla maestra, tra le quali scegliere poi per l'indagine.

Insomma, l'investigazione sui meccanismi delle macchine trasformatrici di blocchi fornisce numerose opportunità per insegnare la terminologia, i principi e i processi della scienza; tali opportunità devono essere innanzitutto colte dall'insegnante, devono essere descritte e denominate, partendo dai termini proposti dai bambini e registrate nel quaderno di scienze come patrimonio della comunità di apprendimento.

Successivamente abbiamo introdotto le macchine operatrici numeriche come software.

A differenza delle macchine operatrici già note alle insegnanti di matematica (individuare l'elemento mancante in una terna formata da un numero, un'operazione con altro numero, un risultato) le nostre MO mantegono costante (e nascosto) l'elemento trasformatore (analogo alla regola di trasformazione dei blocchi logici) e lo applicano a tutti i numeri naturali in ingresso, producendo come risultai sempre numeri naturali, in uscita. Inoltre nella trasformazione possono essere implicate non solo le quattro operazioni e anche più di un'operazione. Anche in questo caso non si tratta di pura logica-matematica, ma di un'esperienza di simulazione del processo di costruzione delle teorie scientifiche. Analogamente a quanto visto con i blocchi logici, si deve ipotizzare il meccanismo di trasformazione dei dati in ingresso in dati d'uscita, meccanismo operato "all'interno" della macchina.

Sono stati messi a punto dei software capaci di generare meccanismi casuali e impossibili da conoscere anche per l'insegnante, il quale può solo scegliere tra diversi livelli di difficoltà e complessità. Le macchine operatrici elettroniche possono avere un input e un output (MO11), due numeri in input e uno in output (MO21) e un numero in input e due numeri in output (MO12), e sono liberamente scaricabili dal sito www.scienzainrete.it . Comunque l'attività può essere condotta inizialmente anche senza software, con i bambini che fungono da macchine trasformatrici e il resto della classe che effettua esperimenti per costruire teorie sul meccanismo di trasformazione.

Nella mattinata sono stati indagati due meccanismi della MO11 e uno della MO21.

 Il primo meccanismo, dal livello 1 della MO11, generava dei numeri in uscita che superavano di 9 i numeri in ingresso, ed è stato prontamente ricostruito dal gruppo di docenti. Per il secondo meccanismo la situazione è risultata ben più ardua. Per alcuni valori l'output risultava essere 0, con altri si otteneva 1, con 5 in input l'output era 5. Dopo un po' di ipotesi e confutazioni, ci si rendeva conto che gli output erano sempre 0 e 1, anche provando numeri grandi. I risultati degli esperimenti sono stati allora tutti registrati e disposti ordinatamente, fornendo così un quadro chiaro della situazione: per tutti i numeri inferiori al 5 l'output era 0, per quelli maggiori di 5 l'output era uno e per 5, che si poteva definire come lo spartiacque, il risultato era lo stesso 5. In questo caso la teoria si configurava come fenomenologica, cioè strettamente legata all'andamento dei dati sperimentali, più che meccanicistica. Una teoria scientifica è utile e valida se consente di fare previsioni corrette e, al di là delle perplessità delle docenti, questa teoria presenta tale caratteristica. In effetti alcune insegnanti hanno espresso la loro preferenza per le teorie basate su operazioni ben precise, che "spiegano" maggiormente le evidenze sperimentali. Volendo andare in questa direzione, la nostra teoria si può definire come la "operazione" di comparazione (>, <, =) rispetto a 5.

Per la macchina operatrice MO21, piuttosto che utilizzare la generazione automatica casuale, abbiamo preferito caricare un meccanismo a noi noto. Le MO hanno infatti la capacità di salvare il meccanismo, per i casi in cui questo sia interessante, cioè richieda, per essere investigato, più tempo di quello che si ha a disposizione. Il file salvato è criptato in odo intellegibile solo dal software, e non consente di rivelare la regola di trasformazione. All'inizio abbiamo proposto le seguenti combinazioni:

In1 In2 Out
2 1 3
2 2 4
2 3 5
 
L'ipotesi "somma i due input" è stata proposta immediatamente e sembrava pure confermata. Ho proposto quindi di fare qualche verifica di tipo diverso, per falsificarla. Una docente ha proposto di invertire gli ultimi due inpute il risultato è stato il seguente:
 
In1 In2 Out
3 2 4

3 + 2 non fa 4, la teoria è risultata così falsificata. Dopo diversi altri esperimenti, in cui non si riusciva a trovare un'operazione tra i due input che prevedesse correttamente il risultato dell'esperimento fatto e tutti i precedenti, dopo un'ipotesi sulle sequenze di esperimenti, che però contrastava con i test di RIPRODUCIBILITÀ, un'insegnante particolarmente perspicace ha intuito che il risultato sembrava non essere influenzato dal primo input. La teoria accettata alla fine è risultata essere quindi "Out = In2 + 2".

Come già accennato, la macchina non è in grado di confermare il risultato dell'investigazione. La teoria elaborata trova quindi conforto solo in quanto produce esclusivamente previsioni corrette.

Sono stati esaminati infine altri sussidi didattici aventi la funzione di stimolare investigazioni, condurre alla costruzione di teorie e modelli:

i marchingegni, degli oggetti facilmente manipolabili dall'esterno, il cui funzionamento può essere spiegato solo da un meccanismo interno di accoppiamento tra le parti esterne. L'obiettivo dell'indagine consiste appunto nell'immaginare quale meccanismo sia in grado di riprodurre gli efetti osservati. Il meccanismo immaginato (o in alcuni casi ricostruito concretamente) può essere chiamato "modello".

Alcuni gruppi di maestre hanno osservato e manipolato vari tipi di marchingegni e tentato varie ipotesi.

Analogamente sono stati indagati altri oggetti nascosti, osservabili solo in maniera indiretta e parziale: il gioco del circuito e il dado nella scatola.

 Infine si sono indicati i riferimenti presenti nel web e i report riguardanti tali attività. Alcuni marchingegni sono stati aperti, per poterne apprezzare la costituzione e valutare la possibilità di realizzarne altri analoghi.

È comunque importante chiarire che non ci si aspetta che i bambini costruiscano tali oggetti senza aver prima svolto un'indagine su di essi e aver prima immaginato il meccanismo di funzionamento (non visto direttamente!). La costruzione di conoscenze e la ricerca di spiegazioni attiene al metodo scientifico e alla scienza; l'utilizzo di tali conoscenze per realizzare artefatti attiene invece alla tecnologia. Le due attività devono essere tenute ben distinte.

Come integrare il percorso costituito dai giochi investigativi con il percorso degli organizzatori cognitivi? Le attività investigative si devono poter svolgere costantemente, dedicando ad esse un tempo fisso ogni settimana, possibilmente una mezzora al primo mattino di un giorno qualsiasi. Ogni attività investigativa che deve essere interrotta viene ripresa alla sessione successiva. I bambini più grandi devono avere con sé i dati necessari per poter riflettere anche a casa. È possibile anche trasferire un'attività che si presenti troppo difficile ad un diverso gruppo classe, ad allievi più grandi.

L'abitudine alla continuità dell'attenzione verso uno scopo, alla perseveranza, alla sospensione delle attività di indagine in attesa di un punto di vista nuovo, alla collaborazione e condivisione, sono caratteristiche essenziali e trasversali del metodo scientifico.

Si conclude così la seconda fase della formazione, con il nostro invito a individuare alcune classi e docenti che inizino a sperimentare alcuni percorsi, e la nostra disponibilità più completa a supportare a distanza tali attività, definendo in tal modo anche il taglio da dare all'incontro successivo.