A pochi giorni dal via libera del Parlamento Europeo alla libertà di ciascun paese di poter scegliere se limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul proprio territorio nazionale, la rivista Nature pubblica due importanti studi che potrebbero contribuire a placare le principali preoccupazioni per l'inquinamento da Ogm.
Gli organismi
geneticamente modificati hanno numerosi usi, dal cibo alla produzione di
farmaci fino all'industria dove vengono usati, per esempio, per migliorare le
caratteristiche richieste ad alcune materie prime.
Tuttavia, la
coltivazione e lo sfruttamento sono da anni sotto i riflettori. In molti vi è
la preoccupazione di un possibile inquinamento genetico.
La paura che le coltivazioni si diffondano, insomma, laddove non desiderato e
che contamino così anche le piante allo stato selvatico o comunque non
modificate geneticamente è infatti tra i principali argomenti a sostegno del no
alle coltivazioni di Ogm. I rischi derivanti dalla diffusione involontaria di
Ogm sono incerti, ma sono però infinitamente inferiori agli scenari da incubo
dipinti da molti detrattori.
Se la manipolazione genetica non può essere mantenuta nella sua “scatola”,
allora può essere tenuta al “guinzaglio”? Questa è la domanda a cui hanno
cercato di trovare una risposta due gruppi di scienziati statunitensi.
Nel primo
studio i genetisti di Harvard, coordinati da George Church, hanno ottenuto piante capaci di sopravvivere e
crescere solo se nutrite con amminoacidi sintetici. Attraverso la
biologia molecolare è stata ridisegnata la struttura di alcuni enzimi
essenziali alla sopravvivenza in modo da renderli
dipendenti dall’incorporamento di amminoacidi non standard.
Nella seconda ricerca invece,
Farren Isaacs ha “dotato” le piante
con un corredo di
enzimi che rendono il metabolismo dipendente da amminoacidi sintetici. In sintesi, il batterio E. coli è stato modificato in punti diversi del genoma in modo da essere dipendente da un aminoacido artificiale. Il team di Isaacs ha coniato un nuovo termine per la loro riscrittura del codice genetico, lo
hanno chiamato "ricodifica" e i risultati ottenuti sono OGR,
"organismi geneticamente ricodificati". "Questo è un
miglioramento significativo rispetto agli attuali approcci di biocontenimento nei confronti degli Ogm",
spiega lo stesso Isaacs.
In
entrambi i casi le nuove piante Ogm non sono assolutamente in grado di
sopravvivere se coltivate in modo tradizionale e di conseguenza non sono in
grado di attecchire in terreni nei quali l'unico alimento siano nutrienti
naturali.
“Si tratta di un livello di sicurezza 10.000 volte superiore a quello raccomandato negli Stati Uniti dai National Institutes of Health”, ha sottolineato Curch.