fbpx I vulcani di fango in Italia | Scienza in rete

I vulcani di fango in Italia

Primary tabs

Tempo di lettura: 12 mins

I vulcani di fango sono edifici troncoconici formatisi in seguito all’emissione di materiale argilloso in superficie.
Essi sono generalmente collocati in aree in cui predomina una tettonica compressiva. La sovrappressione dei fluidi interstiziali in depositi profondi, generalmente acque salate fossili e metano, rendono i sedimenti semiliquidi e li spingono verso la superficie attraverso fratture nella crosta.
Il fenomeno è abbastanza diffuso in Italia, ma le manifestazioni più spettacolari si trovano in Emilia-Romagna e in Sicilia.

CARATTERISTICHE E ORIGINE DEI VULCANI DI FANGO

I vulcani di fango sono strutture geologiche formatesi in seguito all’emissione di materiale argilloso sulla superficie terrestre. Essi rientrano nella categoria dei processi sedimentari che prevedono la periodica estrusione in superficie di una miscela di idrocarburi liquidi e gassosi, acqua e fango, originatisi in profondità.
L’elemento principale, attraverso il quale avviene la fuoriuscita del maggior volume di sedimento, è il condotto di emissione centrale, che talora può presentare delle diramazioni laterali secondarie (fig.1).


Figura 1

Il materiale emesso dai vulcani di fango prende generalmente il nome di mud volcano breccia, composta da una abbondante matrice argillosa mista ad una miscela di frammenti di roccia di varia natura e dimensioni.
Una volta in superficie il materiale emesso dal condotto di alimentazione ha la tendenza a fluire seguendo la morfologia del terreno, formando delle vere e proprie colate assimilabili a quelle prodotte dai vulcani ignei, con strutture a corde molto regolari simili ai campi di lava pahoehoe e compiendo gran parte del loro percorso incanalate entro argini creati dal fango stesso che rapprende ai bordi.
La morfologia dei vulcani di fango è strettamente legata alle caratteristiche della mud breccia emessa. La progressiva sovrapposizione delle colate dà luogo alla costruzione di un edificio vulcanico di forma conica, che presenta le pareti laterali tanto più acclivi quanto aumenta la sua viscosità.
Nel caso sia presente una mud breccia particolarmente ricca in acqua, l’edificio vulcanico tende ad assumere una forma poco inclinata, dove le colate tendono a diffondersi su aree più ampie e distanti dalla bocca di emissione principale. L’espressione in superficie del condotto di emissione è generalmente rappresentata da una struttura a caldera. Tale depressione si forma in seguito a eventi di emissione parossistica oppure per sprofondamento dovuto alla progressiva rimozione di materiale.
La fuoriuscita di fluidi in un vulcano di fango non è mai localizzata esclusivamente in corrispondenza del condotto principale, ma è distribuita più o meno irregolarmente in aree anche distanti dalla sommità. Sovente i fianchi dell’edificio sono caratterizzati dalla presenza di coni minori, denominati grifoni, dai quali si ha l’emissione di fango, acqua e gas (fig.2).


Figura 2

I grifoni sono strutture la cui attività è estremamente variabile poiché sono elementi secondari nel sistema maggiore del vulcano di fango.
Talvolta l’attività di emissione principale non ha luogo da un condotto ben definito. In questo caso la fuoriuscita di sedimenti, acqua e gas avviene attraverso differenti tipologie di strutture.
L’elemento principale è sicuramente rappresentato dai grifoni, che sono responsabili per l’emissione del maggior volume di fango. Le mud pools sono depressioni dove avviene la fuoriuscita di fango estremamente liquido che possono raggiungere una elevazione dal livello del terreno di pochi centimetri. Le salse sono crateri secondari al cui interno si trova acqua altamente salina, solitamente quasi priva di frazione solida in sospensione (fig.3).


Figura 3

Le scale a cui avviene l’attività dei vulcani di fango sono molteplici, con coni eruttivi di pochi centimetri di altezza sino a edifici vulcanici alti diverse decine di metri e che occupano superfici a scala chilometrica.
Per meglio comprendere la natura e l’evoluzione dei vulcani di fango può rivelarsi utile esaminarne alcune caratteristiche, quale la distribuzione a scala globale e i vari meccanismi responsabili per la loro formazione. La maggior parte è collocata in zone caratterizzate da una tettonica di tipo compressivo, laddove due placche tettoniche si scontrano. Tuttavia, si possono trovare esempi di vulcanismo di fango anche in bacini con elevati tassi di sedimentazione, come ad esempio grandi delta fluviali.
Uno dei requisiti fondamentali per lo sviluppo dei vulcani di fango è la presenza in profondità di un livello sorgente per i sedimenti in risalita. Tale livello è generalmente formato da spesse successioni di sedimento fine poco consolidato, o comunque relativamente fluido, che presenta una densità minore rispetto alle rocce sovrastanti.
Tali successioni si depositano in condizioni di rapida ed abbondante sedimentazione che non consente la completa espulsione dei fluidi interstiziali originari. Il forte carico litostatico, generato dal materiale depositatovi sopra, dà luogo ad un incremento nella pressione tale da generare la migrazione dei fluidi.
Le condizioni geologiche sopra descritte sono fondamentali per la formazione dei vulcani di fango. Il vulcanismo di fango, inoltre, è strettamente legato alla sovrappressione dei fluidi interstiziali nei sedimenti profondi. I meccanismi attraverso i quali si genera un incremento di pressione tale da portare allo sviluppo di un vulcano di fango sono molteplici.
Le spinte tettoniche, soprattutto quelle compressive, tendono a ridurre il volume interno dei pori. La pressione può essere incrementata anche dalla deidratazione della componente argillosa, come per esempio la trasformazione della montmorillonite in illite.
Un aspetto rilevante per le dinamiche dei fluidi in movimento è la formazione di idrocarburi.
La loro genesi contribuisce ad aumentare la pressione interstiziale all’interno dei sedimenti, e di conseguenza favorisce la loro mobilizzazione. Gli idrocarburi gassosi migrando dalla zona di produzione verso la superficie sono sottoposti ad una separazione in funzione della massa molecolare. Il metano, essendo dotato di una massa molto minore rispetto agli altri idrocarburi, raggiunge la superficie più velocemente rispetto ai più pesanti.
Benché i fattori che rappresentano il motore della risalita siano in linea generale presenti contemporaneamente in una zona soggetta alla formazione di vulcani di fango, è la presenza di strutture anticlinaliche che favorisce la migrazione dei fluidi e la formazione di un serbatoio. Spesso in questi casi si osserva la presenza di fratturazioni e faglie che costituiscono vie preferenziali per la migrazione e la fuoriuscita dei fluidi in superficie.

I VULCANI DI FANGO IN ITALIA

La genesi del bacino del Mediterraneo centrale è da inquadrare nel contesto collisionale tra le placche Africana, con la associata placca Adria, ed Europea; le masse continentali si scontrano, originando l’Orogene Appenninico – Maghrebide, una catena che forma la dorsale appenninica e che prosegue lungo le coste nord-africane del Maghreb.
In Italia i vulcani di fango sono numerosi. Se ne trovano di spettacolari in Sicilia e in Emilia, e poi ancora altri casi minori nel Lazio e in Abruzzo. In Sicilia, le aree con i vulcani di fango sono localizzate all’interno del cuneo di accrezione neogene-quaternario che si è formato in seguito alla collisione tra le placche. Oltre alle Macalube di Aragona, vicino Agrigento, le manifestazioni maggiormente conosciute si osservano a Terrapelata, alla periferia di Caltanissetta, e nel basso versante sudoccidentale dell’Etna, nei territori di Belpasso e Paternò.
I vulcani di fango dell’Appennino Settentrionale punteggiano il margine Emiliano-Romagnolo della Pianura Padana, generalmente considerato sede di deformazione compressiva attiva. Le strutture più famose sono le Salse di Nirano e di Montegibbio, vicino Modena, e le Salse di Torre e Rivalta, a sud di Parma.

Le Macalube di Aragona

Le manifestazioni si concentrano principalmente sulla collina denominata “Vulcanelli”, un rilievo caratterizzato da un’ampia spianata sommitale.
Nelle Macalube di Aragona, i grifoni raggiungono dimensioni che raramente superano il metro di altezza. Talvolta la fuoriuscita del gas misto ad acqua e fango avviene attraverso mud pools e salse dal diametro compreso tra 1 e 4 metri. Le Macalube di Aragona sono frequentemente interessate da eventi parossistici, caratterizzati da violente esplosioni di gas e fango, localmente chiamati “ribaltamenti”. Le particolarità di tali attività hanno dato origine al termine stesso macalube che deriva dall’arabo “maqlub”, ribaltamento. I volumi di fango espulsi durante questi eventi possono raggiungere anche decine di migliaia metri cubi.
Dal 1996, anno di istituzione della Riserva Naturale Integrata, si sono susseguiti ben sei eventi parossistici significativi. L’ultimo evento parossistico, purtroppo drammatico per la morte di due bambini, si è verificato il 27 settembre 2014, mentre quello precedente risale al 5 maggio 2012. Durante l’attività parossistica, masse di materiale argilloso miste a gas ed acqua vengono scagliate a qualche decina di metri di altezza, con conseguente scomparsa delle strutture preesistenti e variazione nella morfologia della collina. Tali eventi sono in genere preceduti da una serie di segnali quali la progressiva diminuzione del degassamento, l’inarcamento della superficie della collina e la formazione di crepe.
Il gas più abbondante è il metano con concentrazioni che arrivano fino al 97% in volume. Azoto, ossigeno ed anidride carbonica sono presenti in concentrazioni variabili come componenti secondari. Considerando che i gradienti geotermici locali sono stati calcolati in circa 20-22°C/km il serbatoio dei fluidi emessi ad Aragona può essere ragionevolmente localizzato a profondità comprese tra i 3000 e i 6000 m. 

Le Macalube di Terrapelata

Le Macalube di Terrapelata si trovano a circa 5 chilometri ad est del centro abitato di Caltanissetta, 150 metri a sud del Villaggio Santa Barbara (fig.4).


Figura 4

Le manifestazioni di C.da Terrapelata sono caratterizzate prevalentemente da emissioni di metano in concentrazioni superiori al 95% e contenuti di anidride carbonica inferiori al 2%. Le emissioni di acqua e fango, in quest’area sono generalmente molto basse. La mattina dell’11 agosto 2008, si è verificata una serie di dissesti geologici che hanno provocato l'apertura di solchi nel terreno (larghi fino a un metro) con il conseguente danneggiamento di alcuni edifici. Questi danni si sono accentuati in seguito ad un parossismo avvenuto nel pomeriggio dello stesso giorno.

Le Salinelle di Paternò e Belpasso

I vulcani di fango di Paternò e Belpasso vengono localmente denominati Salinelle. Gli edifici si trovano in tre diverse località: Salinelle dei Cappuccini, del Fiume e di San Biagio. Tutti e tre i vulcani di fango sono caratterizzati dall’emissione di acqua fredda, fangosa e salata, con gas e idrocarburi liquidi; l’attività eruttiva è rappresentata da fasi di intensa vivacità che possono avere durata di diversi mesi, intervallate da più lunghi periodi di quiete o debole emissione.
Le Salinelle dei Cappuccini si trovano alla periferia occidentale dell’abitato di Paternò, in prossimità dello stadio. Tra la fine del 2006 e l’inizio del 2007 l’area è stata interessata da una copiosa risalita di acque fangose, mentre ad aprile 2013 si è assistito all’apertura di nuove piccole salse in punti molto distanti dal punto centrale di emissione.
Le Salinelle del Fiume sono ubicate in prossimità del Fiume Simeto. Negli ultimi anni l’attività eruttiva è stata scarsa con emissione di acqua fangosa da una o due salse. Le Salinelle di San Biagio sono ubicate nel territorio del Comune di Belpasso (fig.5).


Figura 5

Si presentano come un unico grande edificio conico a scudo, sul quale si ergono numerosi grifoni di piccole dimensioni.
Nei primi mesi del 2007 sono state registrate modeste emissioni di fango molto denso che hanno dato luogo a numerose colate. Per quanto riguarda i tre siti descritti si evidenzia una prevalenza di anidride carbonica di origine vulcanica, connessa alla vicinanza dell’Etna, seguita da metano, elio e altri gas minori, in quantità variabili nel tempo. Talvolta acque ipersaline prive della frazione argillosa depositano notevoli quantità di ossidi di ferro dal tipico colore rosso bruno, probabilmente dovuti all’abbondanza di pirite nelle rocce magmatiche attraversate dai fluidi durante la loro risalita.

Le Salse di Nirano

L’area caratterizzata dai vulcani di fango denominata “Salse di Nirano” si localizza nella provincia di Modena, nel tratto pedemontano nei pressi di Fiorano Modenese. La zona interessata dalle emissioni di fluidi ha una superficie di circa 75000 m2 e rappresenta una delle più vaste aree dove sono presenti vulcani di fango in Italia. I vulcani di fango si sviluppano sul fondo di una struttura depressa con diametro massimo di circa 500 metri, che richiama morfologicamente una caldera da collasso simile a quelle presenti nei vulcani ignei.
Il fondo pianeggiante della caldera ospita quattro gruppi di vulcani di fango (fig.6), il più grande dei quali raggiunge un’altezza di circa 3 metri, oltre a numerose venute secondarie che comprendono pools, salse e grifoni. La profondità stimata per il serbatoio dei fluidi si trova a 4,5-5 km.


Figura 6

Le Salse di Torre e Rivalta

Le zone interessate dalle emissioni spontanee che costituiscono i campi di vulcani di fango di Torre e di Rivalta si trovano nell’area pedeappenninica compresa tra il Torrente Parma e il Torrente Enza, in una zona più interna rispetto alle Salse di Nirano. Entrambi i siti sono di dimensioni modeste se comparati con le Salse di Nirano, e non presentano vulcani con altezza superiore ai 50 cm.
A Torre, i vulcani di fango si dividono un due gruppi principali situati su un pendio stabilizzato da colture. Il più esteso (superficie di circa 7500 m2) presenta diverse morfologie legate all’emissione dei fluidi. Si osservano due vulcani, uno dei quali è il maggiore fra quelli presenti in tutta l’area, e dai quali avviene una modesta emissione di acqua, con un moderato contenuto di materiale fine in sospensione, associata a un’abbondante degassazione. Nelle zone limitrofe sono presenti alcune pools, la più grande delle quali ha un diametro di circa 3 metri, da cui si ha l’emissione costante di gas. Contestualmente all’emissione di gas e acqua, dai vulcani di fango si osserva la fuoriuscita di composti oleosi.
Il secondo gruppo di vulcani di fango è di dimensioni più modeste e include due vulcani principali e un punto localizzato dal quale vi è l’emissione di gas associato a modesti quantitativi di fango.
I vulcani di fango di Rivalta si sviluppano a nordovest rispetto al sito di Torre, in un’area pianeggiante che interrompe un versante piuttosto acclive. Le emissioni, localizzate principalmente in un’area limitata e di entità modesta rispetto a quelle di Nirano e Torre, generano tre vulcani di piccole dimensioni (in media circa 20 cm di altezza). La fuoriuscita di fango denso è associata all’emissione di olio in proporzioni maggiori che nelle altre strutture e ad un punto di emissione di gas generalmente continuo e abbondante. Nei sistemi di Torre e Rivalta i serbatoi sono stati stimati ad una profondità di 5,8 – 6,3 Km.

La Salsa di Montegibbio

Degna di nota è la pressoché ormai estinta Salsa di Montegibbio, detta anche Salsa di Sassuolo, il cui apparato conico, ancora riconoscibile, raggiunge un’altezza intorno ai 10 m.
La Salsa di Montegibbio è stata  luogo di ripetute eruzioni. Sarebbe da ascrivere a questa salsa l’eruzione violenta del 91 a.C., alla quale si sarebbero succedute altre minori eruzioni nel 1592, 1594, 1599, 1601, 1608, 1628, 1684, 1689, 1711, 1781, 1784, 1786, 1787, 1789. Considerevole fu l’eruzione del 1835, tanto che le cronache riportano che una colonna di fumo alta circa 50 metri si sprigionò da tale salsa con combustioni al suo interno e lancio di sassi e fanghiglia. Tale eruzione innescò anche un terremoto, che fu avvertito localmente. Un’ultima eruzione sarebbe avvenuta nel 1873.

CONCLUSIONI

I vulcani di fango rappresentano un fenomeno poco noto ma estremamente diffuso a scala globale, presente generalmente in contesti tettonici compressivi. In Sicilia, i vulcani di fango più attivi sono quelli di Aragona, Terrapelata e Paternò-Belpasso. I vulcani di fango prossimi all’Etna non hanno mai presentato eventi parossistici, ma solo incremento nella loro attività. I primi due sono caratterizzati invece da periodiche attività parossistiche, talvolta pericolose. In Emilia-Romagna, i vulcani di fango si distribuiscono lungo il margine Emiliano-Romagnolo della Pianura Padana. L’unica struttura ad aver generato eventi parossistici in passato è stata la Salsa di Montegibbio.
Allo scopo di mettere in sicurezza le aree descritte e prevenire gravi incidenti come quello del 27 settembre 2014 ad Aragona, sarebbe opportuno realizzare reti di monitoraggio permanente che permettano di individuare i segni precursori di eventi parossistici.

di PIERO MAMMINO

BIBLIOGRAFIA
Bonini M. (2009) - Mud volcano eruptions and earthquakes in the Northern Apennines and Sicily, Italy. Tectonophysics, 474.
Dimitrov L.I. (2002) - Mud volcanoes - the most important pathway for degassing deeply buried sediments. Earth-Science Reviews, 59.
Mammino P. (2014) – I vulcani di fango della Sicilia. Agorà, 50.
Martinelli G., Judd A. (2004) - Mud volcanoes of Italy. Geological Journal, 39.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il dubbio e il desiderio

--