fbpx Dopaminet: due giorni per conoscere il Parkinson | Scienza in rete

Dopaminet: due giorni per conoscere il Parkinson

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Parkinson: un malattia in crescita, ancora non curabile e di cui non si parla abbastanza. Oggi esistono 4 milioni di casi nel mondo, 200 mila solo in Italia, ma le proiezioni dicono che nel 2025 i casi potrebbero essere raddoppiati. “Non esiste una cura per questa malattia", spiega Stefano Gustincich, docente di fisiologia presso la SISSA "Nessuna molecola può bloccare la neurodegenarazione. Il motivo principale della mancanza di una cura sta nel fatto che non c’è una diagnosi obiettiva, la diagnosi è clinica ma poco precisa. Nel 30% dei casi, la diagnosi risulta sbagliata e poco tempestiva”.

Per questo motivo l’équipe di Gustincich ha messo a punto il Parkscreen, test diagnostico della malattia di Parkinson, vincitore dell’edizione 2011 di Working Capital PNI per la sezione BIO&NANOTECH. Attraverso questo test è possibile identificare la malattia in fase precoce, a un costo decisamente modesto, e senza dover intervenire con sistemi invasivi. La malattia di Parkinson è dovuta a una degenerazione dei neuroni dopaminergici della sostanza nigra presente nel tronco dell'encefalo. Questi neuroni producono la dopamina, una molecola che intermedia la comunicazione tra cellule nervose. Con la neurodegenerazione viene a mancare la dopamina e si crea uno squilibrio tra i centri nervosi che controllano i movimenti automatici.

Le ultime scoperte sullo studio dei neuroni dopaminergici saranno al centro della Summer School “Dopaminet”, finanziata nell’ambito del Settimo Programma Quadro, che si sta svolgendo (19 - 20 luglio) presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Il fuoco dell'incontro è sulle le innovazioni e gli avanzamenti tecnologici e terapeutici e il loro potenziale per la cura del morbo di Parkinson. “L’obiettivo della Summer School è cercare di fornire, ai dottorandi e ai giovani ricercatori un approccio altamente interdisciplinare per lo studio dei geni che codificano per i neuroni dopaminergici nel cervello” spiega Gustincich.

Studiare quindi le cellule dopaminergiche non solo dal punto di vista elettrofisiologico, ma utilizzando le tecniche più all’avanguardia nel campo della genomica funzionale. Verranno presentati i profili di espressione ottenuti da quattro organismi cordati (uomo, topo, Zebrafish e Ciona intestinalis). Grazie all’utilizzo di saggi innovativi, come saggi microCAGE è stato possibile identificare la gene network dei neuroni dopaminergici. Le analogie e le differenze riscontrate potrebbero essere rilevanti per l'utilizzo di questi organismi, come modelli per lo studio del Parkinson. “Ricostruire le rete dei neuroni dopaminergici” continua Gustinicich “ci permetterà di indentificare i possibili bersagli terapeutici”.

La Summer School riunisce i leader nel campo della neurogenomica funzionale, tra cui Moussa B.H. Youdim (Technion-Rappaport Family) e Alain Prochiantz (Collège de France): a loro sono riservate le plenary lectures. Nel corso dell’evento vengono approfonditi i nuovi studi sulla riprogrammazione delle cellule somatiche in neuroni dopaminergici, mentre Maria Trinidad Herrero illustra i dati sul ruolo dell’infiammazione nella degenerazione dopaminergica. Al termine della due giorni, è prevista una tavola rotonda dal titolo: “Neurodegenerative diseases: from bench to bedside. Institutional strategies and role of the private sector in the transfer of knowledge", dove si cercherà di promuovere la partecipazione e il dialogo con gli attori impegnati nelle definizione di politiche e interventi efficaci per combattere le malattie neurodegenerative.

"Dopaminet è l’occasione per parlare di Parkinson. In Italia infatti non se parla ancora abbastanza, c’è ancora un forte pregiudizio che va superato anche con il lavoro scientifico e la sua divulgazione” conclude Gustincich. 

Il sito del Progetto Dopaminet


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Fibrosi cistica: una persona su trenta è portatore sano. E non lo sa.

Immagine tratta dalla campagna "Uno su trenta e non lo sai" sul test del portatore sano della fibrosi cistica: persone viste dall'alto camminano su una strada, una ha un ombrello colorato

La fibrosi cistica è una malattia grave, legata a una mutazione genetica recessiva. Se è presente su una sola copia del gene interessato non dà problemi. Se però entrambi i genitori sono portatori sani del gene mutato, possono passare le due copie al figlio o alla figlia, che in questo caso svilupperà la malattia. In Italia sono circa due milioni i portatori sani di fibrosi cistica, nella quasi totalità dei casi senza saperlo. La Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica sta conducendo una campagna informativa sul test del portatore sano, che consente ai futuri genitori di acquistare consapevolezza del proprio stato.

Se due genitori con gli occhi scuri hanno entrambi un gene degli occhi chiari nel proprio patrimonio genetico, c’è una probabilità su quattro che lo passino entrambi a un figlio e abbiano così discendenza con gli occhi chiari. Questo è un fatto abbastanza noto, che si studia a scuola a proposito dei caratteri recessivi e dominanti, e che fa sperare a molti genitori con gli occhi scuri, ma nonni o bisnonni con gli occhi celesti, di ritrovare nei pargoli l’azzurro degli occhi degli antenati.