fbpx E-cig, il dibattito è accesso | Scienza in rete

E-cig, il dibattito è accesso

Primary tabs

Read time: 4 mins

Uno spettro si aggira nelle ultime settimane sulle speranze dei fumatori che pensavano di aver trovato nelle sigarette elettroniche un degno sostituto delle tradizionali bionde.
E’ di fine agosto il monito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che invita a ripensare alle proprietà e ai potenziali benefici delle e-cig. Dal report presentato dall’OMS, dal titolo "Electronic nicotine delivery systems (ENDS)”, emergono perplessità sia riguardo alla loro composizione sia riguardo alla loro potenziale pericolosità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla addirittura di potenziale minaccia per i soggetti più deboli: “bambini, adolescenti, donne in stato di gravidanza e donne in età procreativa" anche solo in seguito all’esposizione al fumo passivo.

Per queste ragioni, l’Organizzazione raccomanda di vietare il consumo delle sigarette elettroniche nei luoghi pubblici e negli spazi chiusi a causa dei potenziali danni legati al fumo passivo "almeno finché non venga provato che i vapori emessi non siano pericolosi per le persone che stanno intorno".

Non si è fatto attendere l’intervento di Umberto Veronesi, dell’Istituto Europeo di Oncologia, che difende strenuamente la sigaretta elettronica sia in termini di ridotta tossicità che di efficacia nel processo di disassuefazione dal fumo. Secondo Umberto Veronesi la sigaretta elettronica è meno tossica in quanto non contiene tabacco ma solo basse o addirittura nulle dose di nicotina sciolte in una soluzione acquosa che contiene glicole o glicerina vegetale. Veronesi, insieme a Riccardo Polosa, Umberto Tirelli ed altri 50 scienziati, è firmatario di una comunicazione rivolta all’OMS in cui rinnova l’invito a non criminalizzare la sigaretta elettronica. A questa lettera hanno replicato 129 scienziati, supportando l'OMS.
“Non sono innocue, è necessario il rigore scientifico dell’OMS”. Così ha commentato la posizione di Umberto Veronesi, Walter Ricciardi, Commissario straordinario dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). “Le evidenze scientifiche che le e-cig facciano smettere di fumare sono ancora limitatissime”, ha affermato in una nota stampa dei giorni scorsi Ricciardi. “Vi è già una buona evidenza scientifica (proveniente anche dalle ricerche del nostro Istituto Superiore di Sanità) che le e-cig rilascino nell’ambiente emissioni di diverse sostanze tossiche”, prosegue Ricciardi, tra cui “particelle ultrasottili, glicol propilene, nitrosamine tabacco-specifiche, nicotina, composti organici volatili (VOC), carcinogeni e tossine, incluso benzene, piombo, nickel ed altri”.

In tal senso, secondo Ricciardi, “l’indicazione dell’OMS a evitare l’uso delle e-cig negli spazi chiusi e nei luoghi pubblici è finalizzata proprio a prevenire un’esposizione significativa a queste sostanze”.
Dunque, l’ISS “supporta l’approccio rigoroso dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in materia di sigarette elettroniche”. Inoltre, in base ai dati dell’Istituto, “il 25% degli utilizzatori di sigarette elettroniche non ha modificato le sue abitudini (quindi ha incrementato il consumo di nicotina) e il12% ha iniziato a fumare (prima non era fumatore)”.

“Su un argomento così delicato è fondamentale che chi interviene dichiari se ci sono conflitti di interesse” ha commentato Sergio Harari, Direttore dell'unità operativa di pneumologia dell'ospedale San Giuseppe di Milano. “Deve esserci trasparenza. Inoltre, secondo i dati di un recente studio americano, dal 2011 al 2013 il numero dei ragazzi statunitensi che non avevano mai fumato e che hanno sperimentato il dispositivo elettronico è triplicato e non sappiamo se le sigarette elettronico  siano un primo passo verso l’iniziazione al tabagismo ” dichiara l’esperto.
“I dati scientifici sull’efficacia della sigaretta elettronica in termini di disassuefazione al  fumo  non sono particolarmente forti dal punto di vista scientifico. Molti pazienti, invece di smettere di fumare, associano il consumo della sigaretta tradizionale a quello della sigaretta elettroniche. Inoltre, il confronto, volto a comprenderne l’efficacia in tal senso, dovrebbe essere fatto non con le sigarette tradizionali ma con il cerotto, dispositivo transdermico che non rilascia sostanze tossiche ma solo nicotina” continua Harari.
“Non sappiamo esattamente cosa contengano le singole miscele delle sigarette elettroniche. Sappiamo che vengono rilasciate sostanze tossiche e cancerogene, sebbene in quantità molto inferiori rispetto a quelle liberate dalle sigarette tradizionali, ma certamente non si può dire che siano innocue. In altri paesi europei le sigarette elettroniche vengono commercializzate in forma di “usa e getta” o con cartucce ricaricabili. Le sigarette elettroniche commercializzate in Italia si basano su un sistema di ricostituzione delle miscele,  che può essere facilmente contraffatto , o che se finisse in mano a un bambino potrebbe essere molto pericoloso date le alte concentrazioni di nicotina che contiene”.

“Il governo italiano sta per agevolare il lancio di un nuovo prodotto della Philip Morris” denuncia Harari. “Si tratta di una via di mezzo fra la sigaretta elettronica e la sigaretta convenzionale, denominato IQOS. Non conterrà una soluzione liquida di nicotina ma tabacco. Questo rappresenterà una questione spinosa da affrontare sia dal punto di vista politico che da un punto di vista scientifico per quanto concerne la messa in atto di studi clinici volti a valutare possibili rischi per la salute pubblica” conclude Sergio Harari.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Biodiversità urbana: com'è cambiata e come proteggerla

Anche le metropoli possono essere ambienti ricchi di specie: secondo un recente studio sono ben 51 le specie di mammiferi che vivono a Roma, alcune di esse sono specie rare e protette. Nel corso degli ultimi due secoli, però, molte specie sono scomparse, in particolare quelle legate alle zone umide, stagni, laghetti e paludi, habitat importantissimi per la biodiversità e altamente minacciati.

Nella foto: Parco degli Acquedotti, Roma. Crediti: Maurizio.sap5/Wikimedia Commons. Licenza: CC 4.0 DEED

Circa la metà della popolazione mondiale, vale a dire ben 4 miliardi di persone, oggi vive nelle città, un fenomeno che è andato via via intensificandosi nell’epoca moderna: nell’Unione Europea, per esempio, dal 1961 al 2018 c’è stato un costante abbandono delle zone rurali e una crescita dei cittadini, che oggi sono circa i