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Obiettivi europei su clima ed energia: ambiziosi o realisti?

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La Commissione Europea ha presentato la proposta sugli obiettivi in politica climatica ed energetica del prossimo decennio. Il documento, atteso da giorni, prevede che entro il 2030 le emissioni di gas serra vengano ridotte del 40%, il 27% dell’energia prodotta dal blocco europeo provenga da fonti rinnovabili e che vengano attuati “miglioramenti” nell’efficienza energetica a livello nazionale. I primi due obiettivi sono vincolanti, quindi obbligatori secondo la legislazione europea. Il target relativo all’efficienza energetica invece è “indicativo”: alcune fonti hanno ipotizzato un aumento del 25%, ma la questione verrà affrontata nei dettagli non prima del prossimo giugno, quando saranno valutati i risultati della direttiva precedente.

Rispetto agli obiettivi attuali (i famosi 20-20-20), le soglie da raggiungere sono più alte e soprattutto non verrebbero stabiliti obblighi nazionali specifici sulle rinnovabili, lasciando ai singoli stati un margine di flessibilità per raggiungere l’obiettivo comunitario del 27%.
L’iter legislativo non è concluso: la proposta deve essere approvata dal Parlamento Europeo (con il primo voto in pleanaria fissato a febbraio) e dal Consiglio (che dovrà discutere la proposta a marzo) prima di diventare legge.
La scelta di quali obiettivi dovrà adottare l’Unione Europea nei prossimi anni ha scatenato accesi contrasti tra le istituzioni europee, tra i Paesi membri e tra i gruppi che rappresentano settori industriali e produttivi. Il comitato parlamentare europeo sull’ambiente ha votato a favore di tre obiettivi vincolanti. I Paesi che sfruttano, o intendono sfruttare, risorse ad alte emissioni di gas serra (come la Polonia con il carbone e Regno Unito con lo shale gas) preferirebbero non dover rinunciare a fonti energetiche disponibili e a buon mercato, mentre gli stati che puntano verso una produzione di energia a basse emissioni di carbonio (tra gli altri, Germania, Francia e Italia) hanno fatto pressioni in senso opposto. I rappresentanti delle compagnie che hanno investito sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica hanno chiesto obiettivi chiari e vincolanti, facendo presente che in mancanza di una regolamentazione è difficile, se non impossibile, riavviare lo sviluppo economico verso fonti e tecnologie più “pulite”, ma nel breve periodo più costose di quelle basate sui combustibili fossili. Ovviamente tutti hanno le proprie ragioni e la proposta della Commissione, se sarà approvata, rappresenta un compromesso.

L’aggettivo dominante che ha accompagnato la presentazione del documento e le relative reazioni è stato “ambizioso”. I target proposti dalla Commissione Europea sono o non sono ambiziosi? In senso assoluto, la riduzione del 40% delle emissioni di gas serra entro il 2030 è una soglia alta rispetto agli obiettivi stabiliti a livello globale per mitigare i cambiamenti climatici. Forte di questa decisione, l’Unione Europea potrà presentarsi a testa alta ai prossimi negoziati sul clima che si terranno quest’anno a Lima e a Parigi nel 2015, quando dovrà essere negoziato un accordo globale vincolante sulla riduzione dei gas serra.
Dall’altra parte, uno studio varato dalla stessa Commissione Europea, pubblicato a dicembre, ha stabilito che le politiche in vigore, combinate con l’aumento del prezzo dei combustibili fossili previsto nei prossimi anni e con gli effetti dell’attuale crisi economica, porteranno già da sole a raggiungere ed a superare gli obiettivi per il 2020, con la prospettiva di arrivare ad una riduzione delle emissioni del 32% nel 2030 e del 44% nel 2050. Un’aspettativa insufficiente, considerato che l’obiettivo europeo per il 2050 è di ridurre le emissioni dell’80% rispetto ai livelli del 1990.

In una lettera aperta al presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, Kevin Anderson, ex direttore del Tyndall Center for Climate Change Research e professore presso l’università di Manchester, ha spiegato che “le emissioni globali oggi sono del 60 percento più alte rispetto al 1990. Da quando è stato pubblicato l’ultimo rapporto completo dell’IPCC (2007), sono state rilasciate nell’atmosfera 200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica”. Di conseguenza, lo sforzo di mitigazione richiesto nel 2013 è più impegnativo di quello che poteva essere ormai più di trenta anni fa. Secondo Anderson, l’obiettivo di riduzione coerente con l’impegno di mantenere l’aumento della temperatura globale entro i 2° sarebbe dell’80% nel 2030. Politicamente inaccettabile, ma scientificamente consistente.


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