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Scienza organizzata o burocratizzata?

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In Science Truth and Democracy, Philip Kitcher analizza i punti critici del rapporto tra scienza e società democratica. In particolare, Kitcher propone un modello di scienza ben ordinata (well-ordered science); un modello di scienza, cioè, che, pur non rinunciando alle esigenze epistemiche proprie di ciascuna disciplina, sia anche in grado di prendere in considerazione le aspettative e le esigenze dei cittadini. Questo problema è di fondamentale importanza quando si pensa al cittadino non soltanto come mero fruitore di servizi medici, o più generalmente tecnico-scientifici, ma quando lo si concepisce, più appropriatamente, come portatore di bisogni e al tempo stesso come contribuente ai fondi destinati alla ricerca. Negli ultimi decenni la spesa pubblica e privata destinata alla sanità e alla ricerca biomedica è cresciuta sensibilmente, soprattutto nei paesi avanzati economicamente. Allo stesso modo è cresciuto l’interesse da parte dei cittadini alle politiche della ricerca e a che i fondi ad essa destinati siano ben spesi. Cioè, che essi vadano effettivamente a contribuire al finanziamento di progetti scientifici che abbiano buone possibilità di ottenere risulati utili per la società.

Come valutare però quali sono i giusti progetti da supportare finanziariamente? Fino a che punto i cittadini devono essere coninvolti nel processo di decisione circa l’allocazione delle risorse? Quale, invece, il ruolo degli scienziati e dei vari stakeholders pubblici e privati? Queste sono domande di vitale importanza per lo sviluppo della cosidetta società della conoscenza. Domande che meritano di essere approfondite sia dal punto di vista teorico, come per esempio ha fatto Kitcher, ma anche dal punto di vista progettuale e istituzionale; cioè, creando degli spazi di governance, con un più o meno ampio potere decisionale, che possano discutere ed eventulamente disporre il modo in cui parte della spesa pubblica per la ricerca vada distribuita a diversi progetti..

Un modello di questo genere è stato recentemente adottato negli Stati Uniti. Il congresso ha infatti stanziato - per mezzo dell' American Recovery and Reinvestment Act - 1,1 miliardi di dollari da impegnare nella ricerca attraverso un programma di comparazione dell’efficacia dei vari progetti (Comparative Effectiveness Research, CER). La legge ha istituito un consiglio federale (Federal Coordinating Council for Comparative Effectiveness Research, FCC) per stabilire i criteri di priorità per l’allocazione delle suddette risorse governative e per delineare le modalità di scelta. Stesso compito è stato assegnato allo IOM (Institute of Medicine). Entrambe le organizzazioni hanno recentemente reso pubbliche le loro conclusioni.

Sia lo IOM che il FCC hanno ritenuto indispensabile l’apporto di gruppi di consumatori, pazienti, operatori sanitari e investitori in ricerca e sanità. Lo IOM, in particolare, ha sollecitato il pubblico a indicare dei temi di ricerca ritenuti rilevanti, ricevendo 1546 indicazioni. Tra queste, il comitato dello IOM ne ha scelte 100. Similmente, il FCC ha indicato alcune priorità di ricerca dopo aver organizzato dei dibatti pubblici. Entrambi gli istituti hanno fornito, inoltre, un numero di raccomandazioni perl’effettivo funzionamento e sviluppo del CER. Il punto di maggiore criticità sembra essere il seguente: chi prende le decisioni sulle priorità?

Sia lo IOM che il FCC rigettano il classico modello biomedico secondo il quale tali decisioni, in quanto scelte in ultima analisi scientifiche, spettino alla comunità dei ricercatori. In questo modo, almeno così sostengono IOM e FCC, le priorità non rifletterebbero esigenze sociali, ma meramente quelle dei ricercatori stessi. Al contrario, i due istituti sostengono la necessità di un coinvolgimento del pubblico e dei vari stakeholders nell’individuazione dei problemi da affronare e ritengono che la decisione finale spetti all’advisory board dello stesso CER: in poche parole agli stessi IOM e FCC. Gli stessi indicano anche come questi problemi possano essere affrontati in pratica. Il programma CER dovrebbe stabilire una lista iniziale di temi prioritari e delinearne lo stato delle conoscenze. Successivamente, un gruppo di esperti appartenenti alla comunità dei ricercatori dovrebbe indicare i metodi attraverso i quali un certo progetto di ricerca ha più probabilità di successo. In ultimo, il CER dovrebbe valutare periodicamente l’avanzamento di tali progetti e comunicarli al pubblico.

Il tentativo di dar vita a una scienza più vicina ai bisogni dei cittadini e che a questi in ultimo risponda è senz’altro lodevole, specialmente in un contesto di risorse economiche, più o meno, limitate. D’altra parte, occorre chiedersi fino a che punto la necessità di produrre, con una certa celerità, risultati socialmente appetibili giovi al rigore epistemologico proprio di ogni disciplina scientifica. Inoltre, andrebbe meglio compreso se una ricerca sempre più burocratizzata, con progetti crescentemente focalizzati, non perda l’elemento di serendipità che in molti casi ha dato vita ad impotanti avanzamenti in campo medico e scientifico.


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